La costante. Assassino internazionale. Questo essere straordinario. Se questi titoli non vi dicono assolutamente nulla, urge un ripasso a livello seriale. Oppure semplicemente li avete visti ma non ne ricordate la denominazione degli episodi, come capita spesso quando si tratta di lavori di scrittura e dietro le quinte, che passano inosservati eppure nella serialità sono la prima cosa. Prima della regia e della messa in scena, senza una scrittura (buona, solida, valida) non si va da nessuna parte.
Lo sa bene Damon Lindelof, che oggi compie 50 anni, divenuto famoso per essere uno dei co-creatori (sono tanti i responsabili e anche i colpevoli della serie che ha cambiato per sempre la tv) di Lost, per poi proseguire la propria carriera con progetti estremamente interessanti, variegati, di genere, sorprendenti. Proviamo a ripercorrerli consigliandovi alcune sue serie (ed episodi) che non potete assolutamente perdere se volete assistere ad una sceneggiatura sopraffina e lucida come poche, e soprattutto qualcuno che sappia prendere un testo originale, adattarlo e ribaltarlo completamente, con intelligenza, garbo e arguzia.
Scienza e fede: tra tv, cinema e fumetto
Classe 1973, nato a Teaneck, nel New Jersey (la periferia di New York presa spesso in giro nelle serie da quelli della City), Damon Laurence Lindelof nasce da una famiglia di origini ebraiche (con tanto di Bar Mitzvah) per poi avere l'onore e l'onere di essere lo showrunner di Lost in tutte le sue sei stagioni dall'esordio insieme a Carlton Cuse, dopo averlo co-creato con J.J. Abrams e Jeffrey Lieber, presto allontanatisi dal progetto. È stato parte di una band negli anni del college al NY University - i Petting Zoo - e ora è anche un fumettista. Inizialmente revisionava copioni agli Studios di Los Angeles, e ha lavorato in varie writers room - citiamo Crossing Jordan, Nash Bridges, Wasteland e la serie unscripted Undressed - prima di essere a capo di una di loro. Sposato dal 2005 con Heidi Fugeman, le strade con J.J. Abrams e con gli autori lostiani Alex Kurtzman e Roberto Orci si sono reincrociate al cinema, prima in Star Trek e poi in Into Darkness, diretto proprio da Abrams. Per il grande schermo ha scritto (e quindi co-creato) i mondi immaginifici di Cowboys & Aliens (2011), Prometheus (2012), World War Z (2013) e Tomorrowland (2015). La sua carriera gli ha permesso finora 12 nomination (e 3 vittorie) agli Emmy e nel 2010 il Time lo ha inserito nella sua lista annuale delle persone più influenti al mondo.
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La costante
Se qualcosa dovesse andare male, Desmond Hume sarà la mia costante
Per Damon Lindelof il successo che si porta dietro ancora oggi, come abbiamo detto, viene da Lost, che dal 2004 al 2010 ha cambiato per sempre la tv e la struttura narrativa e caratterizzazione dei personaggi (uso di flashback e flashforward a spezzettare continuamente la narrazione, episodi monografici, mystery di fondo in una trama estremamente orizzontale). L'autore, insieme al buon Carlton Cuse, ha scritto moltissimi episodi di Lost tra cui non solo una delle migliori puntate dell'intera serie, ma della storia della tv. La costante fin dal titolo riprende un concetto scientifico - scienza e fede, insieme alla filosofia, sono sempre stati il binomio al centro del serial ABC - per applicarlo a qualcosa di totalmente sentimentale, emotivo, incontrollabile e incalcolabile, come la relazione tra Desmond e Penny.
Forse è questo il potere della sceneggiatura della puntata, o forse la magia sta anche nella tensione narrativa costruita ad arte in cui per tutto l'episodio la coppia si rincorre per arrivare alla fatidica telefonata di lui a cui non sappiamo se lei risponderà, perché sono passati nel frattempo parecchi anni. Desmond, inoltre, a cui la puntata è dedicata, grazie all'interpretazione di Henry Ian Cusick, è uno dei personaggi più amati di tutta la serie e della tv, pur essendo arrivato solo nella seconda stagione, e fa parte anche di una delle coppie più amate dello show e della serialità tutta, insieme alla dolcezza e determinazione di Penny (Sonya Walger). L'incontro di Desmond nell'episodio con Daniel Faraday (altro nome scientifico, guarda un po') è tra i più emozionanti e divertenti, secondo solo a quello appunto con Penny a fine episodio, solo attraverso il filo di un telefono. L'episodio avrà un sequel e corrispettivo nella quinta stagione, che non poteva che chiamarsi The Variable scritto dai futuri creatori di C'era una volta Edward Kitsis e Adam Horowitz con protagonista, ovviamente, Faraday.
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Assassino internazionale
Prima conosci te stesso. Poi vestiti di conseguenza
Con The Leftovers, la serie HBO tratta dal romanzo di Tom Perrotta Svaniti nel nulla e creata da Lindelof insieme allo scrittore, durata tre stagioni dal 2014 al 2017, l'attento e studiato showrunner ha dimostrato di sapere definitivamente il fatto suo. Le cose migliori che ha tirato fuori da e per lo show, sono state dalla seconda stagione in poi, quindi da quando il materiale del libro originario era esaurito e Lindelof, pur con la supervisione dello scrittore, ha dovuto inventare tutto di sana pianta. Di nuovo una storia di scienza e fede, che non si concentra come da titolo sulla metà della popolazione che un giorno scompare misteriosamente nel nulla per non tornare mai più, ma su coloro che sono rimasti. Queste persone devono affrontare una sorta di elaborazione del lutto, l'affidarsi alla religione o a qualcosa di più grande in cui credere per poter andare avanti, così come la totale mancanza di fiducia nel prossimo e nell'umanità.
Un serial fin troppo sottovalutato che ci ha regalato una delle stagioni più coraggiose di sempre, la seconda appunto, figlia di quella lostiana memoria che ebbe il coraggio di presentare la nuova famiglia protagonista, capitanata da Regina King, in media res, arrivando solo alla fine a dirci come questa era collegata al nucleo pre-esistente. L'ottavo episodio di questo secondo ciclo, Assassino internazionale, grazie alla scrittura a quattro mani di Lindelof e Nick Cuse, è ancora una volta entrato di diritto nella storia della serialità per la commistione di dramma e commedia, di scienza e fede (eccole che ritornano) e per l'interpretazione assolutamente indimenticabile di Justin Theroux che ha dato davvero tutto se stesso allo show e a questa puntata in particolare, arrivando a toccare le origini ancestrali dell'umanità e dell'universo, tra credo biblico e big bang scientifico.
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Questo essere straordinario
Non avrai giustizia con un distintivo, Will Reeves, ma con quel cappuccio. Per rimanere un eroe, i cittadini devono credere che ci sia uno di loro lì sotto
Per la terza e (per ora) ultima serie nata dalla mente geniale di Lindelof abbiamo scelto un altro adattamento coraggioso, e un episodio entrato di nuovo tra le pagine di storia della tv. Tutta in bianco e nero e ambientata in lungo flashback (vi ricorda qualcosa?), la puntata è scritta dallo showrunner insieme a Jeff Jensen nel 2019, quando la miniserie Watchmen è andata in onda. Di nuovo in collaborazione con HBO e con Regina King, la serie fu (furbescamente) presentata come "un progetto che condivideva lo stesso universo del cult fumettistico di Alan Moore ma che al contempo ne distaccava" sorprendendo poi tutti i suoi spettatori quando si rivelò a tutti gli effetti un sequel di quel capolavoro cartaceo.
Incredibile ma vero (e qui sta la vera bravura di scrittura di uno showrunner) Damon Lindelof ci è riuscito un'altra volta: inventare di sana pianta, e in parte tradire (ma in modo intelligente, furbo e attento all'attualità) il materiale di partenza per scrivere una storia assolutamente nostra, e prima ancora del Black Lives Matter. Il sesto episodio Questo essere straordinario racconta l'origin story del nonno di Angela (King), Will Reeves, sovvertendo ciò che credevamo di sapere sui Minutemen. Non è tutto: l'ottavo episodio lo citiamo col titolo originale perché A God Walks into Abar è certo l'inizio di molte storielle scherzose e possibili parabole religiose, "Un Dio entrò in un bar", ma è anche un gioco di parole con "Abar", il cognome della protagonista interpretata da Regina King, la cui supereroina ha un mantello da suora, Sister Night. Questo perché un Dio è entrato anche dentro di lei, e infatti quella puntata racconta attraverso un lungo flashback (ancora) come in Vietman abbia conosciuto il futuro marito. I dialoghi, che viaggiano continuamente tra presente-passato-futuro e replicano perfettamente lo stile del Dr. Manhattan, sono la ciliegina sulla torta della puntata. Non c'è da sorprendersi che Lindelof abbia avuto il coraggio di misurarsi con un tale precedente letterario, dato che nel 2006 aveva già creato una miniserie a fumetti per Marvel Comics, Ultimate Wolverine vs. Hulk, all'interno della collana Ultimate Marvel.
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Verso il futuro
Damon Lindelof non sta fermo anche se appunto sceglie i propri progetti con cura. Il prossimo, creato insieme a Tara Hernandez, appena approdato su Peacock negli Usa e in arrivo prossimamente anche da noi, è Mrs. Davis. La dramedy vede protagonista Betty Gilpin nei panni di una suora che si trova a confrontare la propria fede con un'intelligenza artificiale (una suora e il binomio scienza e fede, ma guarda un po', chi l'avrebbe mai detto). Non vediamo l'ora di vederla e rimanere estasiati dalla sua scrittura: chissà che non entri nella storia della serialità, ancora una volta.