Non si può iniziare quest'articolo senza partire da un potenziale spoiler relativo al film ora nelle sale e se volete rimenarne completamente all'oscuro non proseguite nella lettura. Stiamo parlando di quell'Abigail che vede Melissa Barrera e Dan Stevens a capo di un gruppo di improvvisati rapitori, destinati a difendersi proprio da coloro che avevano inopinatamente sequestrato, una bambina appassionata di danza, ignari che questa in realtà fosse...la figlia di Dracula! A dire il vero il colpo di scena era già stato ampiamente mostrato dal trailer e da una locandina che lasciavano ben poco all'immaginazione, nel tentativo di attirare probabilmente quel pubblico appassionato di horror che avrebbe magari schivato l'entrata in sala senza uno spunto a tema.
Abbiamo perciò deciso di mettere in parallelo il suddetto film diretto a quattro mani da Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett con un capostipite del genere al quale si ispira dichiaratamente, che ha quasi novant'anni sul groppone, ovvero La figlia di Dracula (1936). Nelle prime fasi del progetto Abigail doveva esserne proprio una sorta di remake, nel tentativo di aggiornare il classico Monsterverse poi fallito in seguito al flop de La mummia (2017) con Tom Cruise, per poi evolvere in un contesto da moderno slasher che ha tradito le origini.
Sangue misto
Origini molto più standard e compassate quelle de La figlia di Dracula, che era stato pensato come una sorta di sequel diretto dell'immortale Dracula (1931) con Bela Lugosi, con il chiaro obiettivo di capitalizzarne il successo. Il solo personaggio a ritornare da cotanto predecessore è Van Helsing - nuovamente interpretato dal caratterista Edward Van Sloan - che pur ha qui un minutaggio significativamente inferiore. L'attenzione si sposta così sulla protagonista femminile, una maliarda Gloria Holden, e sulla sua ricerca di trovare una cura alla maledizione che la affligge. Maledizione che sperava si fosse estinta con la morte del secolare padre ma che invece continua a tormentarla, al punto da spingerla a commettere un nuovo "delitto" e a prendere la vita di una giovane senzatetto. La sua richiesta d'aiuto rivolta al dottor Dr. Jeffrey Garth si trasforma ben presto in qualcosa d'altro, preparando il campo a quel gran finale che ha luogo addirittura nell'iconica Transilvania.
Classico e profano
Tra gli specchi che nascondono le sembianze dei vampiri a quell'ipnosi che risulta fatalmente determinante nella rivelazione del mistero, il sovrannaturale si mischia al reale in una formula leggera e drammatica al contempo, figlia di un'impronta frizzante e lontana da alt(r)e aspirazioni. Un qualcosa che accomuna La figlia di Dracula proprio ad Abigail, con anche quest'ultimo che non si prende volutamente sul serio. La pellicola diretta dai registi degli ultimi Scream unisce infatti la sana violenza di genere tipica del filone contemporaneo - supportata da ottimi effetti speciali - ad un impianto comico / a tratti demenziale, per un'anima splatter a tratti informe e poco coesa ma discretamente divertente nel complesso, con tutti i pro e i contro del caso.
Ai posteri l'ardua sentenza
Certamente difficile fare un confronto diretto tra i due titoli, non soltanto per l'enorme divario temporale che li separa ma anche per il pubblico al quale si rivolgono, drasticamente cambiato nello scorrere dei decenni. Ma ciò nonostante ne La figlia di Dracula è possibile osservare degli spunti attuali e inaspettati, figli dell'era Pre-Code hollywoodiana, dove era possibile osare anche su tematiche più scabrose senza le maglie della censura. Il film diretto da Lambert Hillyer, che si dice in parte ispirato non soltanto a una storia breve di Bram Stoker ma anche al romanzo gotico Carmilla di Joseph Sheridan Le Fanu, contiene infatti degli espliciti riferimenti a un legame ambiguo tra carnefice e vittima, entrambe femminili, con un istinto saffico che si fa strada in scene sensuali, dove il fuori campo nasconde suggestioni inedite e affascinanti.
Non si può dire lo stesso di Abigail, che preferisce invece mostrare tutto senza nascondere nulla all'immaginazione, con il sangue che scorre a fiumi ed esecuzioni truculente in bella mostra. Due opere sicuramente agli antipodi, ma ad ogni modo complementari se si vuole capire l'evoluzione del genere e del vampiro in abiti femminili nel mondo della Settima Arte, declinata nelle sue vesti più commerciali.