Remember me, though I have to say goodbye/ Remember me, don't let it make you cry
C'è un momento in Coco, poco dopo l'ingresso di Miguel Rivera nella "terra dei morti", che rappresenta una sorta di piccola epifania. Si tratta della scena in cui il giovane Miguel, accompagnato dallo scheletro di nome Héctor, si ritrova al cospetto di Chicharrón, lo spettro di un anziano musicista a cui Héctor chiede in prestito la chitarra. Chicharrón, stanco e agonizzante, accetta di cedere il proprio strumento a Héctor, chiedendo però in cambio di poter ascoltare i versi della canzone Everyone Knows Juanita.
Dopo aver trovato conforto nella dolcezza di quelle note, Chicharrón, disteso nel suo capezzale, ha un ultimo spasimo per poi dissolversi davanti agli occhi della coppia di visitatori: ogni ricordo di lui si è ormai dissolto, e pertanto egli ha definitivamente cessato di esistere. Héctor trattiene la commozione e, con gli occhi lucidi, spiega a Miguel che quella è la sorte a cui tutti sono (siamo) destinati. Chicharrón non c'è più, la loro avventura deve proseguire, e anche noi spettatori dobbiamo dimenticarci di lui.
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"Portaci sulla luna": la memoria e l'oblio
L'incontro con Chicharrón, una fugace parentesi nel film di Lee Unkrich, potrebbe rievocare però una scena non troppo dissimile: forse la più bella, senza dubbio la più commovente, in quell'altro, inestimabile gioiello della Disney Pixar intitolato Inside Out, per la regia di Pete Docter. Si tratta di una delle sequenze clou della pellicola, vale a dire quando Gioia, in compagnia del vivace Bing Bong, cerca di uscire dal "baratro della memoria" per portare a termine la propria missione. I due salgono su un carretto a razzo, ma Bing Bong, consapevole che il proprio peso comprometterebbe il tentativo di fuga per entrambi, all'ultimo istante si butta giù dal veicolo, garantendo così a Gioia di giungere in salvo. E mentre la nostra eroina si volta verso di lui, il simpatico elefantino rosa si avvia a scomparire nel nulla, non prima di averci lasciato con una delle battute più struggenti mai ascoltate in un'opera d'animazione: "Portala sulla luna per me...".
La morte di Bing Bong e quella di Chicharrón, pur avendo un diverso impatto emotivo, si riallacciano a un identico nucleo tematico: la dicotomia fra la memoria e l'oblio. Se la memoria, come vedremo, costituisce l'elemento chiave sia per Inside Out che per Coco, di conseguenza la negazione della memoria, l'oblio, si pone come il suo inesorabile contraltare, il paradigma stesso della 'fine'. In questa prospettiva, si tratta di due sequenze speculari all'interno di due film realizzati a due anni di distanza e strettamente legati l'uno all'altro. Separati da un titolo per certi versi minore (e molto meno fortunato) nel canone della Disney Pixar, Il viaggio di Arlo, e da due sequel, Alla ricerca di Dory e Cars 3, non altrettanto innovativi dal punto di vista della narrazione e dell'immaginario, Inside Out e Coco possono essere considerati i due massimi esiti della fucina della Pixar nel decennio in corso, nonché i migliori film della casa d'animazione dai tempi del capolavoro Toy Story 3 - La grande fuga. E non è un caso che, a esaminarli con più attenzione, si rivelino due opere profondamente interconnesse: due capitoli essenziali di un percorso che la Pixar sta portando avanti ormai da quasi dieci anni.
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Riley e Miguel: la ribellione come primo passo per l'adolescenza
Partiamo innanzitutto dal genere di appartenenza: il racconto di formazione. Del resto, essendo i bambini e gli adolescenti il principale pubblico di riferimento delle pellicole animate (tantopiù parlando di grandi produzioni hollywoodiane), è naturale che la maggior parte di esse siano costruite attorno a una parabola di crescita individuale, rispetto alla quale i giovani e giovanissimi spettatori siano in grado di identificarsi e da cui sappiano trarre insegnamento. Ma nella vasta categoria del cosiddetto coming of age, Inside Out e Coco scelgono un approccio ben preciso, abbastanza prossimo alla realtà odierna. Inside Out è il viaggio nell'universo emozionale e psichico dell'undicenne Riley Andersen, nata in Minnesota ma costretta a trasferirsi con i suoi genitori nella metropoli caotica e straniante di San Francisco, con effetti deleteri sul suo umore e i suoi stati d'animo via via più altalenanti.
Miguel Rivera, il protagonista di Coco, ha quasi la stessa età di Riley: come lei è appena giunto alle soglie dell'adolescenza, e come (e più) di lei è appena entrato in quella fase della vita in cui le vocazioni personali e il desiderio di autoaffermazione possono sfociare in atteggiamenti di aperta ribellione rispetto all'autorità familiare. Prendiamo in esame la fabula dei due film: abbiamo una situazione di partenza in cui l'armonia fra genitori e figli viene incrinata da un principio di malessere di questi ultimi. Per Riley si tratta della difficoltà ad integrarsi in un contesto del tutto nuovo e, su un piano più intimo, a separarsi dalla propria infanzia; per Miguel è la passione per la musica, proibito "oggetto del desiderio" che stimolerà il suo bisogno di trasgressione verso i rigidi divieti delle generazioni più anziane. Un conflitto da cui si sviluppa la fuga, l'allontanamento dal nido domestico: per Riley è l'extrema ratio al fine di sottrarsi a un'incipiente depressione e a un insostenibile senso di inadeguatezza; per Miguel la necessità di esprimere se stesso e di 'riscrivere' il proprio retaggio familiare.
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"Remember me": non dimentichiamoci di ricordare
Sul superbo fascino visivo e sulla forza immaginifica delle opere della Pixar si è già detto e scritto in abbondanza, e i due titoli in questione non fanno eccezione alla regola: Inside Out disegna un "paesaggio interiore" che abbonda di squisiti dettagli e di invenzioni geniali, mentre Coco recupera dalla cultura, dal costume e dall'iconografia messicani gli ingredienti per dipingere un "mondo dei morti" sfavillante e suggestivo, assegnando fra l'altro un ruolo (anche narrativo) di primissimo piano alla dimensione musicale. Proseguendo invece il discorso sul piano tematico, i film di Docter e di Unkrich sembrano ascrivibili a un grande affresco dedicato alla fine dell'infanzia e all'ingresso nell'adolescenza e nei suoi turbamenti. E nell'universo Pixar, la fine dell'infanzia passa inevitabilmente per un processo di obliterazione (eccoci tornati al punto di partenza): Riley deve dimenticare Bing Bong, il suo compagno di giochi dei primi anni, perché questo è il corso naturale delle cose, così come deve accettare il distacco dalla città natale per poter assorbire quanto la vita le riserverà da lì in poi.
Questo delicato "rito di passaggio" rientra in una generale riflessione che diversi film della Pixar hanno elaborato a partire dai concetti del tempo, della crescita e del rapporto con il passato: basti pensare alla saga di Toy Story, che dall'avventurosa spensieratezza del capostipite ci ha portato, quindici anni più tardi, a quella travolgente elegia sull'abbandono dell'infanzia racchiusa in Toy Story 3. In Coco tale riflessione è declinata in modo ancora diverso, e forse più radicale: se infatti Inside Out si concentra interamente sui cambiamenti tipici di un'età inquieta e sul carico di nostalgia che questi si trascinano dietro, Coco si spinge addirittura più oltre, mettendo al centro della narrazione il più oscuro tabù delle storie per bambini, la morte. La memoria, nel film, è dunque il tesoro da proteggere, da celebrare e da tramandare alle generazioni future, affinché il nostro legame con il passato - inteso come patrimonio di affetti e di tradizioni - non sia mai reciso del tutto. E in tale prospettiva perfino la morte, spauracchio fonte di dolore indicibile, può essere compresa e accettata con un sereno equilibrio.
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È il più importante trait d'union fra un capolavoro come Inside Out e un altro film splendido e prezioso quale Coco. Al termine di Inside Out, il successo dell'azione combinata di Gioia e Tristezza ci trasmetteva un messaggio fondamentale e, in qualche modo, rivoluzionario: la sofferenza e la tristezza sono componenti endemiche dell'esperienza di ciascuno di noi, e come tali non vanno censurate, ma piuttosto abbracciate in quanto parte integrante della nostra umanità. Coco si svolge, emblematicamente, durante il Día de Muertos, e si conclude con la dipartita della bisnonna di Miguel, Mamá Coco, ricordata dal ragazzo insieme agli altri defunti che, attraverso il passato familiare, hanno contribuito a definire il suo presente... a patto di tenere fede al valore della memoria e ai sentimenti che questa porta con sé. Come è il ragazzo stesso a ribadire, all'amata bisnonna ma soprattutto a se stesso, in quella scena magnifica che si è meritata tutte le nostre lacrime: "Remember me, though I have to say goodbye/ Remember me, don't let it make you cry".