Motore, azione! Quel rituale magico fatto di due parole che precede il fatidico ciak del regista, a volte, vale come indizio. Sì, perché spesso capita che le strade del cinema e delle automobili si incrocino, senza guardrail che riescano a separarne le strade. Inevitabile cedere alla tentazione spettacolare delle quattro ruote, di automobili sfreccianti che tanto bene si prestano allo piacere adrenalinico delle immagini in movimento, dell'azione e del motore che viaggiano come due fedeli compagni in grado di scambiarsi i ruoli del passeggero e del conducente. Dal memorabile e ansiogeno Duel sino a Thelma & Louise, passando per Taxi Driver, il cinema non ha solo prestato il fianco a corse forsennate e inseguimenti a tavoletta, ma ha fatto dell'auto anche un luogo dell'anima, uno strumento narrativo per accompagnare persone e personaggi dentro le loro aspirazioni, le loro frustrazioni, le proprie prigioni. Senza cinture di sicurezza e pudore alcuno, il cinema è riuscito a trasformare un semplice veicolo nella proiezione di un carattere o persino nella cartina tornasole di un mondo intero.
Oggi, in occasione della prossima uscita di Overdrive (in arrivo il 23 agosto), car movie ambientato a Marsiglia che vede due fratellastri dal carattere opposto impegnati nel furto di meravigliose auto d'epoca, ripercorriamo la lunga e trafficata strada dei film che hanno messo al centro le quattro ruote. Diretto da Antonio Negret, Overdrive sfrutta un'ambientazione europea non abusata dal cinema action e dà le chiavi in mano a Scott Eastwood (figlio di Clint) e Ana de Armas (conosciuta per lo scabroso Knock Knock e nel cast del prossimo Blade Runner 2049), puntando tutto su un cast di giovani e belle promesse. In questo articolo ci soffermeremo sul tratto più breve del cinema automobilistico (ovvero dal 2001 ad oggi), inaugurato da una banda di veloci e furiosi, dopo la quale il genere automobilistico ha fatto il pieno di entusiasmo e ispirazione. Tra scocche scintillanti e carenature arrugginite, uomini taciturni e abili donne, ecco i migliori car movies degli anni Duemila. Aprite pure il serbatoio: si fa in pieno.
Fast & Furious (2001 - 2017)
Ingraniamo con il capostipite, o meglio, per dirla alla Dominic Toretto, con il capofamiglia. È il 2001 quando Rob Reiner svela al mondo il primo modello di un film destinato a diventare un marchio. Nel corso di sedici anni la saga di Fast & Furious si è evoluta e arricchita come poche altre, passando da una semplice corsa clandestine tra "guardie e ladri" per le assolate strade di Los Angeles ad un intricato ed enorme intrigo globale dove doppiogiochisti e cyberterroristi hanno in mano milioni di vite. Mentre l'asticella dello spettacolo si alzata sempre di più sbeffeggiando il verosimile (automobili in volo, enormi casseforti trascinate per strada, inseguimenti sui ghiacciai), i personaggi femminili hanno lottato con tutte le loro forze contro lo stereotipo della bella bambolina tutta curve, buona soltanto a dare il "via" alle corse. Però, il cuore pulsante di Fast & Furious resta proprio quel forte senso etico (e talvolta anche epico) che unisce Toretto e Brian in un unico abbraccio; è nella nucleo inscindibile di una famiglia che si allarga, che perdona, che va oltre il bene e il male. E va persino più veloce della morte.
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Transporter (2002 - 2008)
Frank Martin di mestiere fa il trasportatore, corriere silenzioso che fa il suo sporco lavoro senza fare domande. Ma cosa succede quando ti accorgi che la tua "merce" è una persona? Luc Besson scrive e produce la saga che di fatto ha consacrato Jason Statham a nuova icona del cinema action, con quel volto granitico che per molto gli vale la nomea di "nuovo Bruce Willis". Con una particolare predilezione per l'intrattenimento duro e puro, belle auto tedesche e personaggi tutt'altro che tridimensionali, la saga Transporter (una trilogia, una serie tv e un reboot) ha creato una nicchia di fan appassionati.
The Italian Job (2003)
Era il 1969 quando Un colpo all'italiana arrivava nei cinema assieme ad un giovane Michael Caine e alle sue scorribande lungo le vie di Torino. Esattamente 34 anni dopo, F. Gary Gray mette su una nuova banda per lavorare ad un remake tutto "tradimenti e vendette" che, dopo un prologo ambientato a Venezia, sposta l'azione a Los Angeles. The Italian Job, celebre per il lancio in grande stile e in larga scala del nuovo modello di Mini, resta un film godibile ma non memorabile, dove ogni componente di un cast notevole sembra lavorare col freno a mano tirato. Col senno di poi, per Gray, il film vale come warm up in vista della regia di Fast & Furious 8.
Grindhouse - A prova di morte (2007)
Dimenticate i freni e pigiate l'acceleratore sino a romperlo. Oppure tirate il freno a mano e schiantatevi pure contro il parabrezza. Sono queste le uniche indicazioni utili per orientarsi dentro Grindhouse - A prova di morte, metà del folle dittico completato dall'altrettanto scalmanato Grindhouse - Planet Terror di Robert Rodriguez. Prima di scatenare Django e altri bastardi, Quentin Tarantino dà libero sfogo al suo amore viscerale per lo splatter, lo slasher e le esasperazioni tipiche dei film d'explotation. Belle donne pronte a vendicarsi, curve di ogni tipo, un cacciatore famelico che usa un'auto come la sua arma prediletta; il tutto un'unica miscela di cinema follemente vintage.
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Death Race (2008)
Come avrete notato, in questa nostra panoramica dedicata al "cinema automobilistico" c'è una costante che ricorre spesso e volentieri, un passeggero fedele e testardo. Questa costante si chiama Jason Statham. Il nostro, nel 2008, è protagonista di un curioso (e riuscito) esperimento che mescola azione, escape movie e dinamiche al limite tra reality show e videogioco. Paul W.S. Anderson mette in pausa la sua instancabile esperienza con Resident Evil per catapultarsi dentro una corsa disperata dove, a suon di auto trasformate in armi mobili, i detenuti mettono in palio la propria vita pur di giocarsi la libertà.
Gran Torino (2009)
Ci si può riconoscere in un'automobile? Sì, se ti chiami Walt Kowalski, e te ne stai rinchiuso, fermo, parcheggiato, proprio come la tua amata e preziosa Ford Gran Torino del '72. In uno dei più toccanti e dolenti film dell'ultimo Clint Eastwood, non ci sono auto sfreccianti, ma auto simboliche, che si sovraccaricano di un senso metaforico prezioso. Prezioso come il cambiamento di un anziano vedovo, inaridito dal suo razzismo e imbastardito dalla sua testarda intolleranza, che poco alla volta si apre alla vita e cambia proprio grazie al "diverso" della porta accanto. Così quella preziosa Gran Torino chiusa nel garage e poi di nuovo immessa per strada diventa più di un regalo, perché si trasforma in un'eredità da tramandare.
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Drive (2011)
Espressione assente, guida impeccabile, poche ma pesate parole. Non conosceremo mai il suo nome, ma sapremo solo e soltanto quello che è nato per fare: guidare. Scisso tra autista da rapine e lavori da stuntman, con il fidato giubbino bianco con tanto di scorpione dorato addosso, il pilota silente e imploso di Ryan Gosling sembra un uomo destinato ad un mondo balordo, fatto di sangue e di lutto. Per questo la poesia violenta di Drive esaspera ogni attimo di rara dolcezza frenando il ritmo del suo cinema, esasperando quel po' di buono che capita nelle vite di due ragazzi ai margini attraverso ralenti e sequenze da antologia. Così Nicolas Winding Refn rende un bacio in ascensore più potente di qualsiasi martellata.
Rush (2013)
Dopo Frost contro Nixon e prima dell'uomo contro Moby Dick, Ron Howard mette in pista la storica rivalità tra Niki Lauda e James Hunt. Bello contro brutto, l'idolatrato da molti contro l'amato da pochi, due fili che si intrecciano sino a quando il destino spezza la corda e mette in mostra la differenza tra guardare la morte in faccia e portarla sul viso. Gli sguardi che si cercano e in qualche modo si riconoscono sono la più bella morale di un film che esalta la necessità dell'altro per migliorare se stessi. Storia vera che sembra scritta dalla vita apposta per il cinema, Rush rivernicia due icone dello sport, le eleva a simulacri dei classici opposti che si attraggono in una naturale e contraddittoria stima reciproca. Nonostante vada in scena una competizione, per lo spettatore non c'è possibilità di tifo, ma soltanto l'ammirazione per tre uomini che hanno saputo scavare e scovare il meglio da due dei più grandi spettacoli moderni. Lauda e Hunt dallo sport, Howard dal cinema.
Locke (2014)
Ci sono strade larghe, a tre carreggiate semmai, che poco alla volta diventano sempre più strette. Talmente stratte da diventare un imbuto da cui è difficile uscire. Provi a guardare avanti, a tirare dritto, ma alla fine non ti resta che sbirciare lassù, nello specchietto retrovisore, e fare i conti con il tuo passato. Locke è un viaggio claustrofobico dentro una vettura che assomiglia tanto ad un confessionale. Un uomo, un padre, un marito vivisezionato attraverso errori e pentimenti. Girato nel corso di 8 notti consecutive, il piccolo, grande film di Steven Knight è un gioiello di tensione che scava poco alla volta dentro un Tom Hardy in viaggio dentro il suo senso di colpa.
Need for Speed (2014)
Anche il mondo dei videogame non è estraneo alle dicotomie. O PES o Fifa. O Call of Duty o Battlefield. Negli anni novanta anche il genere automobilistico si mette in scia e trova in Gran Turismo e Need for Speed i due perfetti contendenti. Quest'ultimo franchise, il cui nome è ispirato alla celebre battuta canterina di Top Gun, prova a spezzare la maledizione dei film tratti dai videogiochi, quasi sempre assai deludenti, senza riuscirci. Peccato, perché gli elementi per evitare il solito, triste destino c'erano tutti: un brand che faceva leva sui più nostalgici, il carismatico Aaron Paul appena uscito dalla grande esperienza di Breaking Bad e Michael Keaton a fare da comprimario. Purtroppo tutto si rivela un'accozzaglia di personaggi piatti e di motivazioni trite e ritrite.
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Mad Max: Fury Road (2015)
Sangue e fuoco. Disperazione e ruggine. Quasi trent'anni dopo l'ultimo atto della sua trilogia post-apocalittica, il redivivoGeorge Miller ci riporta dentro un mondo ancora più malato, putrido, fatiscente, dove sperare equivale a pretendere litri di acqua nel deserto più arido. Mad Max: Fury Road è pura adrenalina visiva, un'esperienza faticosa e stupefacente, in grado di trascinarti per orecchie, occhi e capelli lungo la sua corsa matta e disperata. Cinema di movimento dove l'azione non solo domina il racconto, ma si trasforma in racconto. Il resto ci viene suggerito proprio delle folli automobili che sfrecciano nel deserto; ogni dettaglio, dal cambio al volante, passando per le carenature ibride, narra di una realtà al collasso, che ormai vive di detriti.
Veloce come il vento (2016)
Collo da colibrì, volto innocente ma spalle larghissime. Giulia De Martino è una ragazza senza il tempo per esserlo davvero, costretto a diventare donna, la base solida di una famiglia allo sfascio. Giulia guida, corre, e non può evitare l'impatto con un fratello problematico con il quale nascerà un'insperata alchimia. Veloce come il vento fa parte di quei film capaci di proporre un cinema a cui in Italia sembriamo allergici (quello sportivo) e ci riesce bene perché contestualizza il racconto, appassiona con una regia curata e soprattutto ci regala dei personaggi toccanti e mai ruffiani, due fratelli per cui non esiste trofeo più bello di un abbraccio insperato.
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Monolith (2017)
Una puntata di Black Mirror on the road, un viaggio mosso da sospetti logoranti all'interno di un'enorme automobile dotata di un'intelligenza artificiale sopraffina. Il confine tra dominare il mezzo e l'essere dominati dalla tecnologia è sottile ed è varcato da una madre in compagnia del suo bambino. Tratto da un graphic novel in due tempi della Sergio Bonelli Editore, Monolith non parla solo di un bimbo imprigionato in una macchina incandescente e della disperazione di sua madre, ma della differenza tra avere un figlio e l'essere un genitore. Il film viaggia da fermo nella consapovolezza di una madre che tenta di abbandonare il proprio ego una volta per tutte.
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Baby Driver - Il genio della fuga (2017)
Si può vivere all'interno di una canzone? Come cambia una giornata, un bar, una chiacchierata, una strada, quando ascolti a tutto volume della buona musica? Edgar Wright risponde con un musical atipico, che parla di bande criminali sopra le righe senza mai rinunciare al trasporto delle note. Sparatorie ed inseguimenti seguono il ritmo dei Queen, mentre è quasi impossibile non affezionarsi a questo giovane protagonista traumatizzato, oppresso, ricattato, eppure pronto a credere nel romanticismo. Con una sequenza d'apertura memorabile, un montaggio intelligente e battute argute, Baby Driver si candida ad instant cult del 2017.
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