Con la recensione di Compartment No 6, lungometraggio presentato in concorso a Cannes 2021, ci addentriamo in un territorio inusuale: un film finlandese selezionato per la corsa alla Palma d'Oro che non sia di Aki Kaurismäki (il quale, dopo essere stato un frequentatore incallito della Croisette in varie vesti fino al 2016, ha annunciato il suo ritiro definitivo dal cinema all'inizio del 2017). Per l'esattezza, si tratta del secondo lungometraggio di Juho Kuosmanen, che sempre a Cannes, nel 2016, ha trionfato nella sezione Un Certain Regard con il suo esordio, basato sulla vita del vero pugile finnico Olli Mäki. Questa volta si cimenta con un romanzo dell'apprezzata scrittrice nordica Rosa Liksom, nata in Lapponia ma ora residente a Helsinki, e che proprio con il libro adattato liberamente per lo schermo da Kuosmanen ha vinto, nel 2011, il Premio Finlandia, il massimo riconoscimento letterario nazionale.
Tutti in treno
Compartment No 6 si riferisce al treno che la protagonista Laura (Seidi Haarla), studentessa finlandese attualmente residente a Mosca, prende per arrivare a Murmansk, dove vuole vedere dei petroglifi che le interessano per motivi accademici. Nello scompartimento assegnatole c'è anche Ljoha (Yuri Borisov), i cui modi rozzi spingono la ragazza - inizialmente aderente allo stereotipo finnico dell'essere restii a parlare con gli sconosciuti - a cercare di evitare la sua compagnia e, quando ciò non è possibile, di insultarlo a sua insaputa: quando lui, non interamente sobrio, le chiede come si dice "Ti amo" in finlandese, lei risponde inevitabilmente "Haista vittu" (vaffanculo). Ma il viaggio è lungo, e la solitudine si fa sentire, soprattutto perché la compagna di Laura, Irina, rimasta a Mosca, è sempre più distante al telefono (fisso e per lo più in cabina, perché siamo alla fine degli anni Novanta). E così, poco per volta, le incomprensioni tra i due cedono il posto a qualcosa che comincia ad assumere i contorni dell'amicizia, in attesa della destinazione comune a Murmansk dove le loro strade in teoria si separeranno per sempre.
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Passato e presente
Il romanzo di base è ambientato alla fine degli anni Ottanta, ed è anche un ritratto dell'Unione Sovietica prima del collasso. Juho Kuosmanen ha spostato l'azione un decennio in avanti (come si evince da una scena in cui i protagonisti commentano Titanic di James Cameron), rimanendo però fermamente ancorato nel passato, per due motivi: in primo luogo, la collocazione cronologica è coerente con il viaggio fisico di Laura, che si sta dirigendo verso un luogo dove si analizza il passato per capire meglio il presente (tematica cara anche all'autrice, che si è formata come antropologa e vanta, come la sua protagonista, un trascorso con residenza nella capitale russa); ed è il modo ideale per mettere in scena un viaggio dall'esito incerto, in un'epoca in cui, senza internet e smartphone, spesso ci si doveva affidare unicamente alle proprie conoscenze e la trasferta stessa aveva il sapore di una vera e propria avventura, con l'ignoto rappresentato dal punto di arrivo e dagli eventuali compagni di viaggio (per l'aspetto comunicativo di allora viene un po' in mente la foto che circola in rete del bar con il cartello "Non abbiamo il Wi-Fi, parlate tra di voi"). Avventura riassunta anche da quello che è il leitmotiv musicale del film, la canzone francese Voyage, voyage.
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C'è chi tira in ballo il paragone con Prima dell'alba di Linklater, ma laddove quel film idealizzava gli incontri fortuiti quello di Kuosmanen li mette a nudo tra malintesi, imbarazzi e l'ambiente freddo e opprimente del treno russo (lo scompartimento del titolo diventa quasi una cella, con primi piani a sottolineare il senso di isolamento di Laura). Mentre Ethan Hawke e Julie Delpy erano belli e spensierati, in salsa molto hollywoodiana, Haarla - giovane promessa del cinema finlandese che nel 2021 è stata anche Shooting Star in occasione della Berlinale - e Borisov incarnano degli esseri umani in un contesto più reale, situato più di due decenni fa ma senza filtri nostalgici. È tutto molto nordicamente malinconico, e Kuosmanen conferma in questa sede la padronanza di quella caratteristica asciuttezza finlandese intrisa di piccole punte di romanticismo e speranza, qui incarnate da un viaggio alla ricerca del passato che in realtà mette in evidenza il bello del presente. Un simbolismo che si può applicare anche alla cinematografia finnica: Kaurismäki sarà anche - a detta sua - fuori dai giochi, ma non manca chi sarà in grado di raccoglierne più che degnamente il testimone.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Compartment No 6, ribadendo come si tratti di un'opera seconda finlandese che si serve di un treno in Russia per evocare decenni passati e parlare di rapporti umani con fare tipicamente nordico. Bravissimi i due protagonisti, calati in un contesto piacevolmente malinconico.
Perché ci piace
- I due attori principali sono bravissimi da soli e imbattibili insieme.
- L'apparato scenografico è ricco nel suo minimalismo.
- La ricostruzione d'epoca si presta bene all'atmosfera malinconica del progetto.
Cosa non va
- Chi non apprezza certo cinema nordico difficilmente troverà pane per i propri denti qui.