Mancava la quota giovane su Apple TV+ e chi meglio dei creatori di The O.C. e Gossip Girl Josh Schwartz e Stephanie Savage per provare a raccontare un romanzo di formazione che è anche un inno all'estate newyorchese e un'analisi del disturbo da stress post traumatico dell'11 settembre? Partendo dal romanzo omonimo di Garth Risk Hallberg, i due autori hanno imbastito Città in fiamme, dal 12 maggio su Apple TV+ con appuntamento settimanale. Un racconto tanto adolescenziale quanto young adult che vuole provare a raccontare il trauma di una generazione: ci sarà riuscito? Scopriamolo nella nostra recensione della serie.
Il trauma di una generazione
Quell'11 settembre 2001 non ha rappresentato solo uno spartiacque nella Storia moderna con la S maiuscola ma anche un qualcosa su cui l'audiovisivo continua a tornare perché ha segnato enormemente la cultura e la società americana nelle sue fondamenta e nelle sue (apparenti) certezze, da quel momento crollate definitivamente e disperse nell'etere. È su questa falsariga che nasce il racconto di Città in fiamme, ambientato il 4 luglio del 2003 (quindi due anni dopo il doppio attacco alle Torri Gemelle). Wyatt Oleff interpreta Charlie, un ragazzo che va in terapia nella City dopo aver perso il padre proprio in quella terribile tragedia. Tra quelle strade conosce Samantha (Chase Sui Wonders), un apparente spirito libero che vive la vita alle proprie condizioni e che istintivamente Charlie ammira e se ne innamora. Il suo idillio però non dura molto perché un'altra infausta data si insidierà nella memoria dell'adolescente: la sera dei festeggiamenti per l'Independence Day, a Central Park, Sam rimane vittima di un'aggressione ma era sola e non ci sono testimoni o prove su quanto sia accaduto. Charlie ne fa della propria missione di vita scoprire la verità su quella notte, mentre varie storie e possibili colpevoli orbitano attorno alla sua figura.
Tutti sono sospettati
Tanti sono i possibili sospettati nel caso di Samantha, unendo il mystery al teen drama come già fatto in Gossip Girl, oltre al discorso sulla disparità sociale e sulla lotta di classe: se lì bisognava scoprire l'identità della blogger, qui si tratta di svelare chi c'è dietro l'aggressione alla ragazza. Un whodunit in cui altrettanto importanti sono le storyline dei vari nuclei coinvolti, che si intrecceranno in modo un po' inaspettato un po' prevedibile, ricordandoci come i segreti di famiglia siano spesso deleteri soprattutto se conservati a distanza di anni. A capitanare gli "adulti" troviamo Jemima Kirke, che ancora una volta dopo Conversations with Friends passa dall'altra parte della barricata, insieme a Ashley Zukerman, visto di recente ne Il simbolo perduto, serie prequel de Il Codice da Vinci. I due interpretano una coppia in crisi la cui vita viene stravolta non solo dall'aggressione poiché accade di fronte al palazzo dove stanno dando l'annuale festa per il 4 luglio, insieme alla propria famiglia benestante dell'Upper East Side newyorchese, ma anche dal ritorno nella loro vita del fratello di lei, William (un ritrovato Nico Tortorella che molti hanno amato in Younger). Quest'ultimo è un giovane adulto problematico con un passato di dipendenze e con una relazione in divenire con Mercer (l'ottima scoperta Xavier Clyde), professore e aspirante scrittore nella Grande Mela. Billy è stato anche il frontman di una band dell'underground musicale newyorchese - che Sam ha aiutato a fondare, venera e fa scoprire a Charlie - che proprio quella sera decide di fare un concerto-reunion a sorpresa dall'altra parte della città.
Nuclei familiari disfunzionali
Quelli che mette in scena Città in fiamme sono una serie di tanti piccoli fuochi (proprio come il romanzo e serie omonimi) sparsi per la città che non dorme mai, letterali e metaforici, che saranno un altro motivo di indagine per la polizia e per i protagonisti, in primis Charlie, mentre cerca di dipanare la matassa della vita di Sam, le sue amicizie e le sue relazioni al di fuori della loro. I vari nuclei protagonisti - la famiglia benestante, il gruppo di amici della ragazza che poi è anche la band underground - dovranno confrontarsi e venire a patti col proprio passato, che incide inevitabilmente sul loro presente, proprio come il trauma dell'11 settembre che fa dal fil rouge del PTSD che tutti i personaggi subiscono e portano ogni giorno con sé. Un gruppo di personaggi che mostrano come il trauma non sempre si riesca a superare perché ha fatto crollare tutte le proprie certezze a partire dalla semplice quotidianità. La scrittura di Josh Schwartz e Stephanie Savage conferma di saper maneggiare sapientemente le parole e giocare con loro, mentre la regia dinamica di Jesse Peretz è tutta improntata sul far emergere l'aspetto più fresco e smaliziato della vicenda. La fotografia al neon, la colonna sonora punk e rock, la sigla colorata e graficamente accattivante che tira fuori dei moderni american graffiti, sono tutti elementi volti a far emergere l'identità giovane del serial, insieme alla volontà ribelle di una generazione. Non ci riesce totalmente ma offre comunque un prodotto di intrattenimento e attualità.
Conclusioni
Alla fine della recensione di Città in fiamme non possiamo che ribadire come anche Apple Tv+ ora abbia nel proprio catalogo qualcosa di teen, anche se più indirizzato verso il romanzo di formazione per (giovani) adulti. Generazioni segnate dall'11 settembre si incontrano e scontrano per dar vita a uno spaccato familiare altamente disfunzionale che deve affrontare una grave tragedia per poter guarire e ricucirsi. Un esperimento non totalmente riuscito da parte di Josh Schwartz e Stephanie Savage, ma comunque meritevole di visione.
Perché ci piace
- Josh Schwartz e Stephanie Savage tornano alla loro materia preferita.
- La colonna sonora spacca.
- L’aspetto visivo rispecchia la generazione di cui parla.
- Raccontare il PTSD dell'11 settembre per una nazione in modo ancora diverso.
- La disparità sociale…
Cosa non va
- … già vista però, così come il mystery iniziale e le dinamiche familiari.
- Alla fine la serie non è così d’impatto come vorrebbe essere.