Citadel Honey Bunny, la recensione: il capitolo più umano della saga seriale

Tocca all'India entrare a far parte dell'universo spionistico creato dai fratelli Russo, e lo fa con una storia piena d'azione... e d'amore. Una serie prequel da non perdere. Su Prime Video.

I protagonisti di Citadel: Honey Bunny.

Quando un anno fa Citadel ha aperto le porte al proprio mondo spionistico espanso, che Joe e Anthony Russo hanno creato dal nulla per Amazon Prime Video, pur ispirandosi a varie saghe conosciute, l'accoglienza è stata numerosa ma fredda. Questo perché, narrativamente e poi visivamente, si presentava come un prodotto talmente alla ricerca della perfezione formale da risultare asettico, vuoto. Dei protagonisti e di conseguenza delle loro relazioni, comprensive di colpi di scena, non ci importava nulla.

Citadel Honey Bunny Samantha Ruth Pbrabhu
I due protagonisti in un'immagine promozionale

Un anno e mezzo dopo Citadel: Diana, primo spin-off del franchise tutto italiano, ha compiuto il primo "miracolo" in tal senso togliendo la scorza dura al racconto e approfondendo i personaggi. La consacrazione però arriva con un altro capitolo in streaming, ossia il derivato indiano, intitolato Citadel: Honey Bunny e che in un certo senso chiude un primo cerchio. Per poi ovviamente aprirne molti altri.

Citadel: Honey Bunny tra genitori e figli

Quello che la serie Prime Video fa fin dal titolo è mantenere una certa tradizione del franchise, ovvero inserirvi i nomi dei protagonisti - in questo caso un duo indissolubile - e costruirci intorno un'identità propria, locale non solo a livello di folclore ma proprio di struttura narrativa. La prima caratteristica a rendere geniale questo spin-off è che sia profondamente ancorato alla serie principale con protagonisti Priyanka Chopra Jonas e Richard Madden. Già leggendo fino a qui e facendovi due conti, potreste capire come, ma non saremo noi a svelarvelo direttamente. Proprio l'aspetto familiare del serial è la sua più grande forza, lo rende molto più umano e vicino a noi, anche se parliamo di spie e missioni impossibili dall'altra parte del globo.

Meta-spionaggio che diventa meta-cinema

Citadel: Honey Bunny, sempre supervisionata dai Russo e David Weil, è diretta da Raj & DK (Raj Nidimoru e Krishna DK) e scritta da Sita R. Menon sceglie come protagonisti Varun Dhawan e Samantha Ruth Prabhu nei panni di uno stuntman di successo e un'aspirante attrice che non riesce a trovare il provino giusto. Il primo si offre di aiutarla con un lavoro parallelo e questo li porterà all'interno di un mondo fatto di inganni, segreti e tradimenti, in nome del proprio Paese. Bunny infatti fa parte di una società segreta che vuole combattere il Male del mondo e Honey si rivela molto più preparata e talentuosa di quanto si aspettasse a fingere di essere qualcun altro... forse grazie alla propria preparazione da attrice.

Citadel Honey Bunny
Una scena dello spin-off

Gli studi di ballerina e stuntman dei due protagonisti, invece, li portano ad essere delle spie inarrivabili, e ad intessere una relazione che potrebbe andare oltre il livello professionale... cambiando tutte le carte in tavola. La loro chimica è palpabile e il casting è davvero ottimo anche per il resto della squadra - Saqib Saleem, Simran, Sikandar Kher, Soham Majumdar e Shivankit Parihar - e per il villain di questa storia, che nel mondo di Citadel riesce sempre a distinguersi. Dopo Lesley Manville e Maurizio Lombardi, tocca a Kay Kay Menon impersonare Baba, una sorta di padre putativo di molti ragazzi finiti in orfanotrofio, a cui promette un mondo migliore... e una famiglia. Il rapporto genitori-figli è davvero al centro di questo spin-off, in modo quasi ciclico ma anche più avvincente e coinvolgente dei due precedenti titoli.

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Citadel: Honey Bunny e gli anni '90 pieni di grigi, non bianchi e neri

Ma chi è davvero il villain in una storia di spie? Il serial approfondisce ulteriormente la scala di grigi nello scegliere da che parte stare, a partire dai protagonisti e del continuo doppiogioco che questo gioco pericoloso sembra imporre a tutti i suoi partecipanti. Lo show porta al massimo livello il concetto di continuo plot twist tra Citadel e qualunque associazione dica di spingersi contro di loro, sia essa Manticore o quella che vediamo nella serie.

Citadel Honey Bunny Kashvi Majmundar
La giovanissima co-protagonista della serie tv

Fedeltà e fiducia sono infatti il core della narrazione, tanto a livello professionale quanto personale, dato che il concetto di famiglia ha diversi livelli e significati nel mondo di Honey & Bunny. E della piccola Nadia, interpretata dalla debuttante Kashvi Majmundar che conferma come all'estero siano sempre più bravi con i casting dei più giovani: una mini-spia addestrata fin da piccola, con tutti i traumi che questo comporta.

Un'origin story che non potevamo non voler conoscere quella di Citadel: Honey Bunny, che ci catapulta indietro nel tempo, tra i primi anni '90 e i primi anni 2000, con una messa in scena adorabilmente posticcia che ci fa appassionare ancora di più ai personaggi e alle loro storie.

Conclusioni

Citadel: Honey Bunny è l’ultima aggiunta in ordine temporale alla saga seriale creata dai fratelli Russo per Prime Video e ancora una volta conferma la teoria che gli spin-off a volte sono meglio dell’originale. Dopo Diana, la serie indiana va ancora più a fondo e si dimostra la più vicina al pubblico, per caratterizzazione dei personaggi e per evoluzione dei rapporti tra loro, costantemente divisi tra capire ciò che è Bene e ciò che è Male. Senza dimenticare un pittoresco tuffo nel passato (gli anni ’90 sono i nuovi ’80 in tv e al cinema) e un’adorabile piccola-grande co-protagonista accanto all'esplosiva coppia del titolo.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.8/5

Perché ci piace

  • Il casting: dai due personaggi titolari, meravigliosi insieme, alla giovanissima mini-spia.
  • Giocare con il ruolo del villain in una storia di spie.
  • Raccontare un prequel la rende fortemente legata alla serie principale.
  • Il meta-cinema per raccontare il mondo dello spionaggio.

Cosa non va

  • Gli anni ’90 sono un po’ posticci, anche se è voluto.
  • Il finale, che potrebbe far storcere il naso a qualcuno.