Recensione 5 bambole per la luna d'agosto (1970)

Se in altri film l'equilibrio tra estetica ed intrattenimento era perfetto, in questo film viene meno a causa di un'evidente mancanza di convinzione nel progetto da parte del regista, e il risultato è un sexy-thriller alla moda che non annoia e si lascia guardare, ma non è certamente tra i migliori di Mario Bava.

Cinque bambole in un thriller indeciso

Nel contesto della filmografia di Mario Bava, questo 5 bambole per la luna d'agosto forse è tra i film meno riusciti ed interessanti: è la storia del ricco industriale George Stark che invita nella sua villa in un'isola sperduta un brillante inventore, Fritz Farrell, assieme ad altri ospiti per convincerlo a vendere il brevetto di una nuova resina sintetica da lui ideata. Naturalmente anche gli ospiti di Stark sono interessati al brevetto di Farrell, e tra di loro i rapporti sono ambigui: lo stesso Farrell nonostante sia sposato con Trudy, è l'amante della moglie di Stark, Jill; Nick Chaney è sposato con l'avvenente Marie, e non ha nulla in contrario se sua moglie va a letto con altri, se questo può permettergli di dare uno slancio alla sua carriera; insomma c'erano le premesse per un thriller di classe, un whodunit "ad eliminazione" nella tradizione di Agatha Christie, ma purtroppo non è andata così.

Bava stavolta sembra meno ispirato del solito, sicuramente da una sceneggiatura inconsistente e poco valida, ed allora cerca di compensare le carenze del film con la sua creatività che si potrebbe definire pittorica. Il problema è che nel cercare di compensare queste carenze, lo stesso Bava non sa quale direzione creativa prendere: ed allora alterna le riprese degli interni bianchi e moderni - che sicuramente hanno ispirato Dario Argento per il suo Tenebre - agli interni sontuosi che sembrano ispirati agli studi di artisti e che fanno parte del suo stile: luci bluastre, drappi rossi, splendide donne sdraiate su letti ed ottomane in pose regali, e poi si lascia sedurre giocosamente da elementi kitsch che dissemina un pò in tutto il film - puttini assolutamente inadeguati nel contesto scenografico, teste di donna color blu cobalto, sfere di vetro luccicanti - nel tipico spirito da gazza ladra che appartiene a tantissimi artisti - e Bava d'altronde aveva studiato pittura e nei suoi film si vede.

Ed infine, cosa più importante, il regista si sofferma sullo splendore delle protagoniste femminili del suo film: indugia estatico sulla chioma di Ira von Fürstenberg, algida e pericolosa; sulla sensualità esotica ed effervescente di Edwige Fenech, incontrastata icona sexy del nostro cinema popolare; e poi si lascia incantare dalle pennellate di colore delle loro vesti, dai loro profili, dai loro corpi , tutto questo però, a discapito della riuscita del film.

Se in altri film l'equilibrio tra estetica ed intrattenimento era perfetto, in "cinque bambole" viene meno a causa della sceneggiatura piatta e di un'evidente mancanza di convinzione nel progetto da parte del regista, che evidentemente era in una fase di passaggio creativo: il risultato è un sexy-thriller alla moda che non annoia e si lascia guardare, ma non è certamente tra i migliori di Bava: non è spaventoso, avvincente e soprattutto audace come La ragazza che sapeva troppo o Sei donne per l'assassino ed è anche privo di vere invenzioni creative e sceniche che sono il punto di forza di altri film. Se si vuole tentare un approccio alla filmografia di questo autore poco conosciuto e sottovalutato, questo forse non è il film giusto, visto che sembra un film poco definito e soprattutto incompleto, ma certamente amplia la conoscenza sul cinema di Mario Bava, ed in generale sul nostro spaghetti - thriller, ed in maniera non del tutto spiacevole.

Movieplayer.it

2.0/5