The Brutalist di Brady Corbet e Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese. Due film dalla durata gargantuesca: tre ore e trentacinque minuti il primo, tre ore e ventisei minuti il secondo. Con una differenza concettuale di non poso conto. Per la sua opera, Corbet ha concepito una pausa di quindici minuti integrata al film stesso sotto forma di "cartolina musicale".
Per il suo film sugli omicidi che hanno falcidiato la nazione Osage all'inizio del novecento, Scorsese aveva richiesto - tradotto: imposto - che i cinema che proiettavano la pellicola, non effettuassero la pausa fra il primo e il secondo tempo. Internet, in quei giorni, rispose come meglio sapeva fare: a suon di meme sulle strategie migliori da adottare per fare la pipì se si decideva di andare a vedere il film con DiCaprio e De Niro. Già, perché il rapporto fra chi i film li fa e chi li deve proiettare non si basa sempre su una "comunione d'intenti" circa l'opportunità dell'interrompere per qualche minuto la visione di un lungometraggio.

In Italia non c'è una regola precisa. Tendenzialmente, i cinema indipendenti o i monosala sono soliti proiettare film senza soluzione di continuità. Il discorso cambia drasticamente con i multisala e la differente gestione delle varie economie collegate all'esercizio. Non che un monosala non tragga beneficio dalla vendita di snack e bibite, sulle quali il margine di ricavo è nettamente maggiore rispetto al biglietto di accesso. Tuttavia può benissimo capitare che una sala indipendente, magari dotata di un unico schermo, il bar neanche lo abbia. A quel punto, l'assenza della pausa fra il primo e il secondo tempo rientra anche nella mera ottimizzazione dei tempi, più che nel rispetto della visione originale di questo o quel regista.
Con le multisala tutto cambia, per logiche questioni. C'è però un paese, che conta quasi un miliardo e mezzo di abitanti ed è dotato di un'industria cinematografica molto sviluppata, radicata e redditizia, in cui "l'intervallo" è un vero e proprio dato culturale, oltre che di economie collegate agli utili dei cinema. L'India.
Intervallo. Sempre e comunque.
È IndieWire ad aver fornito qualche utile curiosità in merito a quest'usanza che non può di certo essere considerata appannaggio dei cinema indiani, ma che nella popolosissima nazione asiatica ha delle motivazioni d'esistere tutte sue.
A prescindere da un'opera come The brutalist che l'intervallo ce l'ha integrato, ogni pellicola proposta nelle sale indiane ha la pausa fra il primo e il secondo tempo. E questo avviene sia per lungometraggi dalla durata monstre come Oppenheimer che per cartoon che non arrivano ai 90 minuti. Per il cinefilo tipo, quello che da noi evita come la peste i multisala proprio per via della presenza del break, si tratta di qualcosa d'inconcepibile.

Per il pubblico indiano è lo standard. La prima motivazione è di carattere pratico. Una praticità bidirezionale: quella del pubblico che ama acquistare bevande e snack durante le pause e dei cinema, che grazie a questa cosa fatturano. Parecchio.
Akkshay Rathie, esercente cinematografico e direttore di Ashirwad Theatres, catena di sale presenti nell'India occidentale e centrale, ha spiegato alla testata citata poco fa che "Le vendite di cibo e bevande rappresentano quasi il 30-40% delle entrate di un cinema. In India, l'assenza di intervalli potrebbe significare una perdita economica. In India, guardare un film è un'esperienza legata allo spuntino, e solo gli intervalli lo rendono possibile. Il pubblico lo pretende, e gli esercenti ne dipendono". A quanto pare, l'esperienza dell'entrare in un cinema indiani, magari proprio mentre c'è l'intervallo, significa trovarsi di fronte a interminabili code di persone e nuclei familiari che acquistano cibarie e bevande varie ed eventuali.
Una pausa culturale
In una cinematografia tanto ricca quanto aliena come quella indiana, è pacifico affermare che la narrazione e la regia stessa siano differenti rispetto a quelle cui siamo abituati convenzionalmente dalle nostre parti. Ma c'è di più: i film indiani sono strutturalmente costruiti intorno al concetto di pausa. Tendono difatti a essere scritti e girati con due veri e propri climax. Uno piazzato a metà film e uno alla fine. In quello mediano l'azione viene solitamente interrotta sul più bello con una dissolvenza in nero e, sempre Rathie fa notare che "questo non viene visto come un'interruzione, ma come un elemento essenziale della narrazione a cui tutti gli spettatori indiani sono abituati".
Viene ricordato il ben noto esempio di RRR di S.S. Rajamouli, raro esempio di blockbuster indiano che, grazie a Netflix, ha oltrepassato con decisione i confini nazionali. A metà della storia, Bheem (N.T. Rama Rao Jr.) aizza, durante una festa organizzata dagli inglesi, un branco di animali feroci e, nel momento più carico di tensione, lo schermo vira in nero.
Una scelta ragionata dal filmmaker per creare, durante l'intervallo, aspettative e animate discussioni fra il pubblico circa quello che avverrà o meno poi. Proprio RRR è stato protagonista di un curioso incidente che ha ribadito le differenze fra occidente ed oriente il tal senso. Durante uno screening della pellicola tenutosi il 25 marzo 2022 al Cinemark North Hollywood, venne proiettato solo metà film. Per quale ragione? È semplice: lo staff della struttura non aveva dimestichezza con la gestione indiana degli intervalli e della struttura dei film e, proprio durante il momento citato poco fa, ha pensato che RRR fosse finito.
Un'ulteriore contestualizzazione socio-culturale, viene fatta da Girish Johar. Trattasi di un produttore e distributore cinematografico indiano che ha all'attivo collaborazioni con colossi americani come Columbia Tristar, Sony, Warner Bros. e Lionsgate per la distribuzione e il marketing dei loro lungometraggi. Dice che "A causa di un condizionamento culturale, il pubblico indiano non riesce a concepire un film senza intervallo, ed è per questo che anche i film di Hollywood nei cinema indiani ne hanno sempre uno, che piaccia o meno al regista. Anzi, il condizionamento è così forte che gli spettatori si alzano automaticamente e si dirigono dritti al bancone dei popcorn".
Neanche Nolan è immune alle pause
Va peraltro detto che, per lungo tempo, la stessa Hollywood ha ragionato e flirtato con gli intervalli un po' per rendere alcuni suoi storici kolossal come Ben Hur, Lawrence d'Arabia o Via col vento più "digeribili" un po' per via delle limitazioni tecniche connesse alla proiezione stessa dei rulli con le pellicole dei film. Poi la tecnologia è cambiata, non c'era più il bisogno di fare una pausa e i cinema statunitensi hanno iniziato a togliere "l'intermission" con piacere. Quindici minuti di qua, quindici di là ed ecco che viene ritagliato uno slot di proiezione in più.
La ratio degli intervalli in India è gestita a livello centralizzato per i lungometraggi nazionali. Gli studios decidono a monte dove dev'essere inserito e quindi, in ogni singolo cinema, sarà sempre proposto nello stesso punto. Di nuovo Johar aggiunge che questo iter non vale sempre: "Per i film indipendenti acquistati da mercati come Singapore, Francia o Hong Kong, sono gli esercenti a stabilire il momento esatto dell'intervallo".

E per le pellicole straniere, in primis quelle di Hollywood. È Devang Sampat, amministratore delegato di Cinepolis India, 449 schermi nel paese, a spiegare che: "Alcuni film rappresentano una sfida per la loro struttura, ma cerchiamo sempre di trovare una pausa naturale che si allinei con il ritmo della pellicola". Può capitare, come nel caso di Dunkirk e Joker: Folie à Deux, che i cinema ricevino lamentele e richieste di modificare il punto dell'interruzione.
Pur sé le eventuali direttive circa il non inserire la pausa fatte dai registi più importanti in attività ad Hollywood vengono valutate, anche uno come Nolan non è immune alla procedura. Il suo Oppenheimer nelle strutture indiane aveva il break perché di fronte a questo mix di ragioni commerciali e culturali è difficile andare. Soprattutto in un momento storico in cui i blockbuster di Hollywood tendono a durare ben più di due ore. E a La La Land hanno accettato la cosa. Compresi Nolan e Scorsese.