Chiunque segua il cinema americano ad alto budget, quello dei cosidetti blockbuster, avrà notato una crescente fascinazione di Hollywood verso i videogiochi. E non parliamo soltanto dei tanti film tratti da giochi che sono stati realizzati negli ultimi anni (Need for Speed, Prince of Persia: Le sabbie del tempo, la saga Resident Evil, etc etc...) e nemmeno di quelli che sono in procinto di arrivare (Warcraft, Uncharted: Drake's Fortune, Assassin's Creed e The Last Of Us, giusto per citare i più importanti), ma di un vero e proprio nuovo approccio che gli studios e alcuni cineasti hanno adottato e che consapevolmente avvicina l'estetica e il linguaggio cinematografico a quello videoludico.
"Ma sembra un videogioco!"
A questo proposito, i primi titoli che vengono in mente sono per esempio i film dei fratelli Wachowki (Matrix e Speed Racer in primis), ma anche e soprattutto il Sucker Punch di Zack Snyder, il District 9 di Neill Blomkamp o il Death Race di Paul W.S. Anderson. E la lista potrebbe continuare a lungo, ed ampliarsi a dismisura, andando a coinvolgere anche autori ben più importanti, come il George Lucas di Star Wars ep. I - La minaccia fantasma e la sua amata/odiata sequenza degli "sgusci" o lo stesso Peter Jackson che, dopo aver firmato e aver conquistato il mondo intero con la sua Trilogia dell'Anello e le sue immaginifiche riprese, con i più recenti tre capitoli de Lo Hobbit (e anche la innovativa ma discussa scelta di girare e proiettare a 48 fotogrammi al secondo anziché i tradizionali 24) si è ritrovato addosso tante critiche tra cui la temutissima "Non sembra un film, ma un videogioco".
Eh sì, perché sebbene l'industria dei videogiochi abbia da tempo superato come fatturato quella cinematografica e sebbene da diversi anni il bacino di utenza si sia ampliato a dismisura e copra ormai più fasce d'età e non solo i giovani e i giovanissimi, l'accostamento tra gioco e film si porta appresso sempre un pregiudizio, una barriera culturale ancora difficile da superare. Difficile soprattutto quando i film ufficialmente tratti dai videogiochi continuano ad essere di qualità deludente (per non dire infima), ma brillano soltanto quelli che vanno esplicitamente ad omaggiare il mondo videoludico come Ralph Spaccatutto della Disney, il cult Scott Pilgrim vs. the World o anche il geniale episodio Pianificazione digitale delle proprietà di Community. Tutti esperimenti, questi ultimi, che hanno in comune una cosa in particolare, il riferimento ai cosiddetti videogiochi a 8 bit, quelli retrò anni '80, che ormai fanno tanto operazione nostalgia ma di certo non rappresentano davvero l'odierna industria multimiliardaria di cui sopra.
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I moderni videogiochi nel cinema, oltre l'estetica
Ma i più importanti e attuali videogiochi sono in realtà tutt'altra cosa, e certamente ben più vicini all'immaginario cinematografico di quanto sia mai stato prima. E il confine, infatti, a volte è molto più labile di quanto si può pensare, anche in prodotti cinematografici ben più insospettabili. E' facile per esempio andare subito con il pensiero a Michael Bay e i suoi Transformers, ma un caso particolarmente significativo è soprattutto quello del recente Edge of Tomorrow - Senza domani di Doug Liman, film in cui il protagonista Tom Cruise è vittima di un loop temporale che lo costringe a ripetere all'infinito una battaglia contro gli alieni fino alla loro estinzione. Nel caso di morte, non deve fare altro che ricominciare da capo tutta la giornata. Messa così non è poi troppo differente da un Source Code, e in fondo anche da un Ricomincio da capo o Lola corre, ma ad avvicinarlo in maniera intenzionale ai videogiochi e al concetto di respawn è il fatto che, nonostante le prime morti del protagonista siano assolutamente involontarie, con il passare del tempo vengono "sfruttate" per far accrescere la proprio esperienza, per acquisire informazioni ed abilità che saranno fondamentali per i successivi tentativi. E così via, fino al termine della partita/film.
Non deve quindi stupire che il film di Liman sia ad oggi considerato, anche tra gli esperti del settore videoludico, la migliore trasposizione cinematografica di un videogioco, pur essendo in realtà direttamente ispirato solo al romanzo del giapponese Hiroshi Sakurazaka. Eppure Edge of Tomorrow non è l'unico caso in cui le similitudini non si fermano solo all'aspetto visivo ma anche tra gameplay e narrazione cinematografica, in cui, insomma, il cinema davvero "copia" i videogames e non più il contrario.
La celebre scena (in piano sequenza per altro) di Old Boy in cui il protagonista combatte contro più di una dozzina di scagnozzi non ricorda forse gli action game dallo scrolling orizzontale tanto in voga un paio di decenni fa? E che dire di un altro film orientale di culto quale The Raid, che ha una struttura tipica da videogioco come quella "a livelli" (per altro presente anche nel già citato Sucker Punch), in cui ogni piano del palazzo rappresenta un viaggio di difficoltà crescente verso lo scontro con il "boss finale". Anche Lucy di Luc Besson mutua alcuni concetti dai giochi, come quello delle abilità sempre crescenti apprese dalla protagonista, con tanto di percentuale in video.
Anche per un film da Oscar come Gravity di Alfonso Cuarón sono stati diversi gli accostamenti con il mondo dei videogiochi: alcune (bellissime) sequenze in soggettiva non possono ovviamente non far pensare a quella visuale in prima persona che ormai tutti immediatamente associano ai più recenti sparatutto, ma in realtà lo stesso potrebbe valere anche per la tanto criticata sceneggiatura, così essenziale e strutturata quasi ci fossero tanti livelli/traguardi da superare verso la salvezza finale. Ma è soprattutto il ritmo del film, così incalzante e action, questa vera e proprio corsa contro il tempo, che trasforma il film in un esempio praticamente perfetto di un videogioco che possiamo guardare e non possiamo controllare; che non è in nessun modo interattivo ovviamente, ma è comunque avvincente e coinvolgente come un'esperienza che va effettivamente oltre lo schermo e riesce a renderci davvero protagonisti dell'azione. Non è un caso che siano stati in molti a parlare di Gravity come di un'esperienza cinematografica più unica che rara, ma in realtà non troppo lontana da quella che moltissimi gamers ben conoscono.
Quando il videogioco diventa un film interattivo
I più importanti ed attuali videogame, da parte loro, vivono invece un avvicinamento sempre più insistito e consapevole al mondo del cinema, trasformandosi sempre più in un medium che associa l'interattività videoludica a una forte narratività mutuata dal linguaggio cinematografico. Questo trend ha coinvolto anche gli ultimi titoli di franchise molto popolari come per esempio Call of Duty, una saga dedicata alla guerra in tutte le sue sfumature, da quella storica - e caratterizzata da una riproduzione molto accurata - tanto da ricordare Salvate il soldato Ryan e Band of Brothers - della Seconda Guerra Mondiale a quella futuristica dell'ultimo capitolo Advanced Warfare. Un ultimo capitolo che addirittura chiama in causa l'attore Kevin Spacey che interpreta (e non più solo come doppiatore ma con un performance capture dai risultati davvero impressionanti) un personaggio ambizioso e ambiguo non troppo diverso dal Frank Underwood di House of Cards. Lo stesso era già accaduto con Ellen Page per Beyond: Two Souls e succederà ad Hayden Panettiere nel survival horror (molto cinematografico) Until Dawn e a Norman Reedus nel nuovo capitolo del franchise Silent Hill, tra l'altro sviluppato da Guillermo del Toro insieme al guru nipponico Hideo Kojima, papà di Metal Gear Solid.
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Ma questo continuo cercare di accostarsi al cinema porta con sé qualche svantaggio, perché significa per forza di cose rinunciare a molte delle grandi libertà tipiche del videogioco puro per creare una storia fluida e solida. Ed ovviamente questa tendenza non può che aver acceso grandi dibattiti nella comunità dei videogiocatori, divisi tra sostenitori di questa nuova spettacolare tendenza e nostalgici dell'esperienza videoludica più classica. Succede così che anche alcuni dei titoli più apprezzati degli ultimi anni, da critica e pubblico, come The Last of Us o l'ultimo capitolo della saga di Uncharted (giusto per rimanere sugli stessi sviluppatori, i californiani Naughty Dogs) possono comunque vantare un gran numero di detrattori che ritengono che l'indiscutibile bellezza visiva, la complessità e profondità della trama e dei suoi protagonisti, non riescano comunque a sopperire alle inevitabili perdite in termini di gioco, libertà e interazione.
Un vero e proprio polverone poi si è alzato nelle ultime settimane, con l'arrivo nei negozi del videogioco per Playstation 4 The Order 1886, uno dei titoli di "nuova generazione" tra i più attesi degli appassionati, ma che ha visto crollare le sue quotazioni nel giro di poche ore nel momento in cui le prime recensioni e i primi leak hanno fatto capire che la durata del gioco sarebbe stata di sole 6/7 ore e che soprattutto gran parte del gioco avrebbe richiesto una interazione e partecipazione dell'utente davvero minima. Per farla semplice, "sembra un videogioco, ma è in realtà più un film".
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Io ti amo, tu mi adori? Allora lo vedi che la cosa è reciproca?
A questo punto è sicuramente affascinante notare come, con il passare del tempo e l'aumentare dei budget e della massiccia presenza della CGI, ci sia stato un avvicinamento reciproco tra i due settori, con alcuni film che sempre più spesso tendono a fare proprie le caratteristiche dei videogames, e con alcuni videogiochi (spesso proprio i più importanti in termini di investimenti) che sembrano puntare su tecniche e in particolare su scelte di regia che ricordano l'esperienza filmica. Il perché di questo duplice avvicendamento non è poi difficile da immaginare: entrambi i settori vogliono allargare il proprio pubblico e cercare di attrarre quello dell'altro.
D'altronde è noto a tutti che al giorno d'oggi il pubblico dei grandi blockbuster hollywoodiani è composto soprattutto da teenager, quegli stessi ragazzi che con le munifiche paghette elargite da mamma e papà possono permettersi acquistare a 60 euro (o dollari, poco cambia) il nuovo atteso videogioco il giorno stesso dell'uscita e a maggior ragione possono spenderne 10 per un film che riesca ad incuriosire e a saziare il loro desiderio di azione, spettacolarità e divertimento. Al tempo stesso con l'arrivo nelle case di sempre un maggior numero di console, il pubblico dei videogiochi diventa sempre più ampio ma anche più casual: i videogiocatori di una volta (come per esempio chi scrive) hanno sempre meno tempo (oltre che soldi) da investire in qualsiasi tipo di hobby e si buttano quindi su questo tipo di produzioni "ibride" con sommo disappunto e raccapriccio degli hardcore gamers.
Ma è davvero un male tutto questo? Non è forse una semplice e naturale conseguenza di quelli che sono i gusti, le tendenze e le necessità degli usufruitori? A nostro parere le frange più integraliste di entrambe le fazioni - i puristi del videogame e i cinefili dai gusti più sofisticati e autoriali - sono destinati insomma ad essere sempre più scontenti e soli in questa loro battaglia, perché questa reciproca attenzione è destinata a durare e proseguire probabilmente molto a lungo. Ulteriore dimostrazione sono non solo i tanti film tratti da videogames in arrivo (e già citati ad inizio articolo) ma anche il primo grande esperimento televisivo da parte di Sony, che proprio in questi giorni ha fatto debuttare sui suoi canali Playstation (e gratuitamente per tutti gli abbonati) la serie TV Powers, un prodotto realizzato con in mente un target ben preciso ovviamente, ma comunque molto ambizioso per i nomi coinvolti (lo scrittore pulp e fumettista Charlie Huston, il regista David Slade, l'attore Sharlto Copley).
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In campo videoludico poi l'attenzione verso cinema e TV non è mai stata così alta: uno dei giochi più apprezzati dello scorso anno è stato Alien: Isolation, un vero e proprio sequel del primo Alien di Ridley Scott, che non solo riesce a rendere perfettamente le terrificanti atmosfere del film del 1979 ma addirittura contiene una missione aggiuntiva in cui è possibile proprio rivivere l'incubo della Nostromo impersonando la Ellen Ripley di Sigourney Weaver, la quale ha contribuito personalmente al gioco insieme a quasi tutto il resto del cast del film originale (manca solo Ian Holm).
Per gli appassionati di serie TV esistono invece due saghe realizzate dalla TellTale Games (un nome che è già tutto un programma) quali The Walking Dead o Il trono di spade che, invece di limitarsi a raccontare gli stessi avvenimenti che già conosciamo, scelgono di approfondire l'universo da cui provengono rendendo gli stessi giocatori protagonisti di nuove avventure, raccontate però sempre con la stessa impostazione seriale ed episodica a cui siamo abituati. Il mondo è lo stesso, la cura per i dettagli pure e di morti ovviamente ce ne sono a dozzine, l'unica differenza è che questa volta siamo noi spesso a dover decidere chi sacrificare invece che limitarci a subire il sadismo tipico dei loro autori.
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Punto di non ritorno
Se oggi vi stiamo raccontando tutto questo è perché molto semplicemente qui in redazione ci siamo resi conto che paradossalmente continuare a (auto)limitarci ai "soli" film e serie iniziava a starci stretto, perché ci sono alcuni videogiochi che vale la pena di raccontare e presentare anche a chi normalmente non si avvicina a questo mondo; e vale la pena di farlo perché molto spesso la storia, la regia, la scenografia e le musiche, ma anche le interpretazioni ormai, non sono assolutamente inferiori a quelli di tanti film e serie che (giustamente) vengono acclamati.
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Ci siamo resi conto, per esempio, che nel raccontarvi il nostro 2014 cinematografico vi abbiamo necessariamente taciuto di alcune delle esperienze più belle mai vissute attraverso lo schermo, e semplicemente perché in mano avevamo il joypad e non soltanto il telecomando. Vogliamo quindi cominciare (anzi abbiamo già cominciato) a "recensire" anche videogiochi, sia i più recenti che alcuni classici indimenticabili, dal punto di vista di cinefili, spettatori o di giocatori poco scaltri; non vogliamo assolutamente rubare il lavoro ai nostri "cugini" di Multiplayer.it (che rimangono e rimarranno meritatamente il punto di riferimento ultimo per i gamer italiani) ma semplicemente aiutarvi a guardare oltre le dinamiche di gioco e andare a scoprire l'ottimo lavoro fatto non solo dai programmatori e dai designer, ma anche dai registi e gli sceneggiatori che ormai sono sempre più centrali anche nell'industria videoludica.
Insomma, che sia videogioco o film, noi non vogliamo stare solo a guardare, ma siamo pronti a raccontarvi le nostre impressioni su qualsiasi prodotto voglia raccontare una storia, delle emozioni e dei personaggi. Perché, in fondo, che siano fatti di pixel o in carne d'ossa, quello che davvero conta è solo quello.