Cinema da camera: 10 film ambientati in una stanza da vedere

Ispirati al teatro e con un'impostazione da palcoscenico, ecco i dieci migliori film che si evolvono principalmente in un solo ambiente.

Una scena di Nodo alla gola
Una scena di Nodo alla gola

Il rapporto fra teatro e cinema ha origini profonde, tanto quanto le radici stesse del mezzo cinematografico. Addirittura nella fase embrionale dell'invenzione che i fratelli Lumière mostreranno al mondo nel 1895, il teatro ha espressamente influenzato la genesi del cinema, le sue sperimentazioni e la sua formazione. Sin dal teatro ottico di Reynaud del 1888 e da un'ispirazione prettamente formale, fino ai supporti logistici che permisero al cinema di emettere i suoi primi vagiti in un luogo di assembramento e di ritrovo, di cui all'inizio era sprovvisto. Il teatro è spettacolo rivolto ad un pubblico che osserva. Allo stesso modo si sviluppa il cinema, sfruttando diverse modalità di assistere ad uno spettacolo ma traendo evidenti ispirazioni e idee dalla narrazione teatrale, così come vedremo in questo articolo con i dieci migliori film girati in un unico ambiente.

Come una sorta di anziano e saggio parente, il teatro accompagna in qualche modo il cinema nei suoi primi anni di vita, fino alla costruzione di un vero e proprio percorso autonomo.
Nel corso del Novecento il legame fra cinema e teatro non è mai venuto meno. Attingendo a molteplici aspetti, i due mezzi espressivi hanno mescolato forma e contenuto e continuano anche ai giorni nostri. Un connubio che non riguarda soltanto il cinema americano - si pensi a titoli reclamizzati come Room con Brie Larson, The Big Kahuna con il famoso monologo di Kevin Spacey, Breakfast Club di John Hughes o Tape di Richard Linklater - ma anche altre culture cinematografiche, come si evince dallo splendido Melbourne di Nima Javidi, dove il senso di oppressione e lo spessore drammaturgico non ha nulla da invidiare a titoli più rinomati del cinema occidentale. D'altro canto nella storia del cinema non si contano le trasposizioni di testi e opere teatrali e viceversa, anche il cinema ha talvolta ispirato delle pièce sul palcoscenico.
In un periodo in cui le classiche quattro mura di casa si sono trasformate nel nostro unico set possibile, abbiamo scelto una gallery di dieci film che hanno saputo tramutare l'essenzialità della forma in un contento ricco di storie, riflessioni e suspence.

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1. Nodo alla gola (1948) e La finestra sul cortile (1954)

James Stewart con la sua macchina fotografica in La finestra sul cortile
James Stewart con la sua macchina fotografica in La finestra sul cortile

Un ex aequo doveroso per due capolavori di Alfred Hitchcock: Nodo alla gola e La finestra sul cortile. Da un lato, con Nodo alla gola, una decina di piani sequenza per raccontare le indagini di un omicidio, costruiti in un unico ambiente che mescola tensione, macabro umorismo e ambiguità. James Stewart giganteggia nei vicoli di una trama ispirata ad un reale fatto di cronaca nera. Un classico del cinema claustrofobico che nella ricca filmografia del maestro del brivido si affianca a La finestra sul cortile. Eccellente esempio di cura formale in un contesto psicologico che mette alla berlina gli istinti incontrollabili dell'essere umano e dove tutto è unità di luogo e di tempo, La finestra sul cortile rappresenta un passaggio fondamentale nel sentiero cinematografico di Alfred Hitchcock.

2. La parola ai giurati (1957)

Una scena de La parola ai giurati
Una scena de La parola ai giurati

Folgorante esordio sul grande schermo per Sidney Lumet. Il regista di Philadelphia confeziona un affresco psicologico di rara fattura all'interno di una stanza nella quale dodici giurati si ritirano per stabilire le sorti di un ragazzo nero, accusato di aver ucciso il padre. Nonostante la trama prenda spunto da un teledramma di Reginald Rose, La parola ai giurati utilizza una forma di chiaro stampo teatrale, che esalta le interpretazioni del cast - Henry Fonda in primis - e i risvolti psicologici insiti nella sceneggiatura. Mirabile esempio di cinema da camera, vincitore dell'Orso d'Oro al Festival di Berlino.

3. L'angelo sterminatore (1962)

Una delle vette assolute nella filmografia di Luis Buñuel, L'angelo sterminatore non si limita a rappresentare sullo schermo un semplice racconto canzonatorio del mondo borghese ma si diverte a disorientare i suoi stessi personaggi, alla mercé di una sadica dinamica. Costretti a convivere in una villa che si trasforma in una prigione dorata, dove l'umanità diventa bestialità. Il film è ambientato per la maggior parte della narrazione in un unico luogo e proprio in tale contesto di costrizione i personaggi vivono un presente che li scarnifica da ogni tipo di maschera ipocrita.

4. Chi ha paura di Virginia Woolf? (1966)

Chi ha paura di Virginia Woolf?: Richard Burton in una scena del film
Chi ha paura di Virginia Woolf?: Richard Burton in una scena del film

Un piccolo stanzino è il palcoscenico di due mostri sacri della recitazione, Elizabeth Taylor e Richard Burton, che nella libera trasposizione della pièce di Edward Albee firmata Mike Nichols, si vomitano addosso rancori, frustrazioni e rabbia covata nel tempo. Uno degli script più crudi che il cinema - e il teatro - abbia mai proposto, valorizzato dall'asettico e represso contesto nel quale sguazzano i due personaggi principali, in particolare l'indimenticabile e repellente personaggio di Liz Taylor. Chi ha paura di Virginia Woolf? racconta la crisi di un matrimonio ormai agli sgoccioli che esplode in tutto il feroce disappunto covato nel tempo.

5. Gli insospettabili (1972)

Joseph L. Mankiewicz non poteva concludere meglio una carriera irripetibile. Gli insospettabili è un crudo faccia a faccia di stampo teatrale, tra falsità e giochi psicologici che riguarda un ex marito impegnato a cercare di allontanare il nuovo amante dell'ex moglie. Quello tra Laurence Olivier e Michael Caine è un duello avvincente ambientato in un unico vorticoso contesto, nel quale i due contendenti si affrontano a suon di cattiverie e strategie. Due ore avvincenti e dinamiche, grazie ad uno script sontuoso, tratto dall'opera teatrale di Anthony Shaffer. Quattro nomination agli Oscar, tra cui miglior regia e miglior attore per Olivier e Caine.

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6. Shining (1980)

Jack Nicholson cammina tra i corridoi dell'Overlook Hotel  in una scena di Shining
Jack Nicholson cammina tra i corridoi dell'Overlook Hotel in una scena di Shining

L'iconografia del cinema claustrofobico metafora dell'abisso della mente umana è racchiusa nel capolavoro di Stanley Kubrick. Il Jack Torrance personificato magnificamente da Jack Nicholsonvive un'incredibile escalation di follia all'interno dei corridoi dell'Overlook Hotel, nel quale si trasferisce insieme alla moglie (Shelley Duvall) e il piccolo Danny (Danny Lloyd). Kubrick rivisita a suo modo Shining, il celebre best-seller di Stephen King, conferendogli egual spessore e sviscerando gli orrori che si insinuano in un apparentemente tranquillo nucleo familiare.

7. Dogville (2003)

Nicole Kidman in una scena di Dogville
Nicole Kidman in una scena di Dogville

Una scenografia asciutta, più unica che rara. Dogville è il microcosmo nel quale trova rifugio Grace Mulligan (Nicole Kidman) e si muovono gli abitanti di questo piccolo villaggio senza barriere, con sentieri tracciati come se fossero disegnati. Il film di Lars von Trier tratteggia sapientemente i caratteri e gli equilibri dei personaggi, isolati dal mondo e centrali soltanto nell'unico palcoscenico che conoscono. Lars von Trier descrive un affresco efficace della società americana, pronta ad accogliere ma non ad essere contaminata da nuove culture. Cast stellare che vede Nicole Kidman protagonista in una delle sue migliori interpretazioni in carriera.

8. Carnage (2011)

Christoph Waltz, Jodie Foster, John C. Reilly e Kate Winslet, star di God of Carnage
Christoph Waltz, Jodie Foster, John C. Reilly e Kate Winslet, star di God of Carnage

Impossibile tralasciare il contributo di Roman Polański al cinema di stampo teatrale, che in qualche modo ha sempre costituito un mezzo efficace per il regista polacco di raccontare i risvolti psicologici dei protagonisti dei suoi film. Da La morte e la fanciulla a Venere in pelliccia, l'impostazione teatrale ha permeato il cinema di Polański attraverso varie forme e in contesti differenti ma estremamente simili fra loro. Le ipocrisie e gli egoismi dell'essere umano in Carnage si dipanano nelle discussioni serrate tra due coppie di coniugi che s'incontrano in un appartamento per discutere di uno scontro avvenuto tra i figli. L'escalation di sangue verbale è irrefrenabile e i quattro attori (Kate Winslet e Christoph Waltz da un lato, John C. Reilly e Jodie Foster dall'altro) partecipano magnificamente all'odioso quadretto costruito ad hoc dal regista attraverso piccoli e minimali dettagli.

9. Locke (2013)

Locke: Tom Hardy in una scena tratta dal film
Locke: Tom Hardy in una scena tratta dal film

La location è l'abitacolo di una macchina ma se fosse il palco di un teatro non farebbe differenza. Perché Locke in fondo è un intenso monologo di Tom Hardy lungo novanta minuti, che all'interno dell'automobile del suo personaggio, Ivan Locke, dà sfoggio di tutto la vasta gamma d'emozioni che richiede una trama come quella del film di Steven Knight. Intervallato da telefonate drammatiche e appassionate, un padre di famiglia vive una serata che gli cambierà per sempre il resto dell'esistenza. Locke è un esempio perfetto di sceneggiatura calibrata in ogni dettaglio, in grado di sorprendere e mantenere vivo il pathos dal primo all'ultimo minuto. Regalando emozioni dalle quali è davvero difficile riuscire a sfuggire.

10. The Hateful Eight (2015)

The Hateful Eight: Bruce Dern e Samuel L. Jackson nel teaser trailer del film di Tarantino
The Hateful Eight: Bruce Dern e Samuel L. Jackson nel teaser trailer del film di Tarantino

L'amore di Quentin Tarantino per il western si mescola a quella che si rivela essere una cruda e sanguinolenta pièce teatrale ricca di colpi di scena. Al di là dell'incipit nel gelido e selvaggio inverno del Wyoming, The Hateful Eight si evolve completamente all'interno delle quattro mura dell'emporio di Minnie, nel quale si fronteggiano i personaggi più disparati, affascinanti stereotipi dei profili western dei quali Tarantino si è nutrito in giovinezza. Anche in questo caso le bestialità dell'essere umano prendono il sopravvento e il fascino dell'opera trascende i classici stilemi del cinema di Quentin Tarantino. Western e giallo si fondono e il risultato non può che essere un totale incontrollabile massacro.