Da stasera su Premium action la nuova serie targata Dick Wolf, ambientata in una caserma dei vigili del fuoco dove pompieri e paramedici rispondono quotidianamente alle emergenze cittadine.
Chicago Fire non fa parte di quella categoria di prodotti seriali che ami o odi. Si trova, invece, in un limbo di opportunità... e il merito va al produttore Dick Wolf. Basta nominarlo per pensarci due volte prima di emettere un giudizio su questa variegata, ma mai interessante fino in fondo, squadra di vigili del fuoco.
La serie, in onda su Premium Action da sabato 7 settembre in prime time, è stata presentata al Festival della TV di Monte-Carlo dal deus ex machina di Law & Order - I due volti della giustizia e dal cast. NBC, grazie ad una media di sei milioni di spettatori a puntata, ne ha ordinato una seconda stagione oltre ad uno spin-off incentrato sui poliziotti della città. E questi sono i fatti. Basterebbero a tacitare ogni obiezione al riguardo, ma - anche se non siamo nel bel mezzo di un legal drama - è tempo di appellarsi al ragionevole dubbio.
Ma partiamo dai personaggi e dall'ambientazione: la location è una caserma dove pompieri e paramedici rispondono quotidianamente alle emergenze cittadine. Tra i due tenenti Matthew Casey (Jesse Spencer, Dr House) e Kelly Severide (Taylor Kinney, The Vampire Diaries) non corre buon sangue: a capo rispettivamente del camion e della squadra di salvataggio, prediligono modalità d'azioni antitetiche. Il primo ha una mente analitica e uno spiccato senso pratico, il secondo tende a fare l'eroe con una punta d'arroganza di troppo. Entrambi, alla fine, deragliano dalle direttive per salvaguardare interessi di vario genere mettendo il cuore prima dell'obbedienza alle regole. Del team fanno parte uomini molto diversi tra loro per indole ed età. Peter Mills (Charlie Barnett) è un candidato in prova, figlio di un vigile del fuoco morto in servizio, ancora acerbo e quindi irruento che inizia a provare dei sentimenti per il paramedico Gabriela Dawson (Monica Raymund). La brunetta fa coppia sull'ambulanza con Leslie Shay (Lauren German), mollata dalla fidanzata Clarice (Shiri Appleby, Roswell) che ricompare rocambolescamente nella sua vita anni dopo, sposata e incinta. Christopher Herrmann (David Eigenberg, imbranato marito di Miranda in Sex and the City) ha una prole numerosa da sfamare e s'inventa mille espedienti, di solito fallimentari, per sbarcare il lunario. Otis (Yuri Sardarov), invece, era il pivello del gruppo prima dell'arrivo di Mills a cui piace alternare scherzi di dubbio gusto ai colleghi con parentesi di serietà in un podcast sulla "vita tra le fiamme". Mouch (Christian Stolte) potrebbe essere in età da pensione e non sorprende che preferisca il divano alle sfide professionali. Joe Minoso (Joe Cruz) si lancia in una scelta avventata per salvaguardare la famiglia e deve poi pagarne le conseguenze. A tenerli uniti e metterli in riga ci pensa il capo Wallace Boden (Eamonn Walker), dotato di forte etica e grande empatia.
Accanto ai "pompieri da calendario" con addominali scolpiti e sprezzo del pericolo (rappresentati da Kinney) si trovano, quindi, paffuti vigili del fuoco di mezza età senza troppe velleità. Un tentativo di realismo, quindi, è stato fatto, ma con risultati alquanto modesti perché, sebbene siano quasi tutti personaggi mediamente simpatici, bisogna ammettere che nessuno di loro lascia davvero il segno.
Il racconto, moderatamente avvincente, spazia tra le situazione d'emergenza più diverse ma senza un guizzo di originalità o pathos capace di fare la differenza nel panorama televisivo moderno. Il ritmo scarseggia e diventa quasi rassicurante, situazione piuttosto rischiosa per un drama che invece dovrebbe puntare sulla suspence. Niente paura, insomma: il cardiopalma è scongiurato, ma almeno non viene sostituito da buonismo o retorica. Lo stile è asciutto, ma non incalzante, e alcune scelte di casting restano discutibili, a partire da Jesse Spencer, non proprio adatto ad un ruolo autoritario.
Avete presente la classica battuta "Signora, non si preoccupi, d'ora in poi ci pensiamo noi?". Ecco, persino questa raccomandazione standard perde d'efficacia se pronunciata da personaggi un po' approssimativi e bidimensionali. Questo non significa, però, che Chicago Fire sia un prodotto mediocre o scarso: sulla carta ha del potenziale, ma poi si perde perché i protagonisti suscitano simpatia, ma mai affezione.
Dopo ogni episodio finisci col chiederti se questo giudizio non sia troppo severo e rimetti tutto in gioco in quello successivo, ma non esiste cliffhanger che tenga. Signor Wolf, stavolta non ci ha stupito con alcun effetto speciale, anche se, bisogna riconoscerlo, ci ha tenuto compagnia dignitosamente per 24 puntate.