La rivalità tra primedonne ha sempre appassionato chi primadonna non è. Achille o Ettore, Mozart o Salieri, Coppi o Bartali: generazione dopo generazione, il popolo si è diviso sulla preferenza da accordare all'uno o all'altro genio nel rispettivo campo di appartenenza, alcuni preferendo l'irruenza alla razionalità, altri privilegiando la maestria tecnica rispetto allo spunto creativo. Mediaset ha pensato che, facendo emergere il tifoso che è in ognuno di noi, gli ascolti non avrebbero potuto che guadagnarne, e a maggior ragione se la diatriba si fosse svolta in uno dei luoghi più amati dagli italiani: la cucina. Benvenuti a tavola, quindi. Ma a quale tavola? Quella raffinata, un po' spocchiosa, della Milano bene, nutrita dall'estro di Carlo Conforti, o quella genuina, verace di Paolo Perrone, romano trapiantato al Sud e che ora tenta la fortuna in terra lombarda?
Si, perché se c'è un altro caposaldo dell'italianità, è l'eterna contrapposizione tra Nord e Sud: tra spirito imprenditoriale e arte di arrangiarsi, snobismo e simpatia, freddezza e cuore grande. E, se la vita reale insegna che le cose non sono proprio così semplici, sul grande e sul piccolo schermo questa dicotomia continua ad appassionare. Allora, come recita il sottotitolo della serie, Nord vs Sud sia: Conforti contro Perrone, e che vinca il migliore dietro ai fornelli, più che quello in grado di mettere in atto il sabotaggio più efficace. La sfida tra i due non avverrà, infatti, sempre nel rispetto delle regole cavalleresche. Lo chef milanese si sente in credito perché il locale dei Perrone avrebbe dovuto essere suo, e diventare il luogo in cui emanciparsi dalla schiavitù del suocero, prepotente e tradizionalista. D'altro canto, Paolo non accetta di buon grado l'atteggiamento di sufficienza del rivale: è inevitabile, quindi, che il campo di battaglia si allarghi al di fuori della cucina, coinvolgendo anche i rispettivi figli, già non esattamente bendisposti l'uno nei confronti degli altri. Benvenuti a tavola non fa mistero di puntare tutto su uno stereotipo, eppure la creatura di Pietro Valsecchi riesce ad essere meno scontata di quanto le apparenze potrebbero far supporre. Nonostante nel complesso siano rispettate le regole di rappresentazione di nordici e meridionali, con il sempre presente corollario di prese in giro nei confronti dei terroni e di biasimo per la disumanità dei milanesi, i protagonisti riescono efficacemente a eludere la banalità. Conforti e Perrone non sono delle semplici macchiette, chiamate a incarnare una summa delle caratteristiche generalmente associate alla regione di provenienza, ma persone vere, con pregi e difetti non necessariamente rispondenti a quelli che ci si aspetterebbero, date le premesse. Anche Fabrizio Bentivoglio e Giorgio Tirabassi, con delle interpretazioni asciutte e mai sopra le righe, contribuiscono alla credibilità dei propri personaggi, mentre meno interessante è il lavoro effettuato sui comprimari, decisamente meno approfonditi e infatti molto più vicini a ruoli già codificati, come quello dello sciupafemmine insensibile, o del patriarca sempre attento al soldo e all'immagine.Valsecchi ha quindi voluto tirare un colpo al cerchio e uno alla botte, strizzando l'occhio agli spettatori un po' più smaliziati grazie a dei protagonisti che sfuggono a categorizzazioni evidenti, ma accontentando anche il pubblico più facilone, sfruttando il repertorio consolidato di personaggi e situazioni che ha già garantito tante volte incassi stratosferici al botteghino. La presenza di un cast di buon livello e l'umorismo tutto sommato garbato elevano comunque la fiction al di sopra di tanti altri recenti prodotti televisivi, seppure manchi ancora quello spunto di originalità in grado di fare davvero la differenza.