Con tanti ritrovi nel mondo, doveva venire proprio nel mio?
Se fra qualche generazione fosse necessario spiegare ai nostri discendenti cosa sia la cosiddetta "Golden Age of Hollywood", il modo migliore per dare loro un'idea di quest'epoca irripetibile del cinema americano sarebbe senz'altro una proiezione di Casablanca. Classico per antonomasia fra i classici della celluloide, il film diretto da Michael Curtiz per la Warner Bros fu il frutto miracoloso di una lavorazione 'isterica', con un copione ancora incompleto a riprese già in corso, ma al proprio interno racchiude come meglio non si potrebbe lo spirito della vecchia Hollywood e un intero immaginario culturale.
In un articolo dal titolo Casablanca, o la rinascita degli dei, ripubblicato nella raccolta Dalla periferia dell'impero, Umberto Eco, interrogandosi sulle ragioni dell'enorme popolarità del film a decenni di distanza dalla sua uscita, spiegava in maniera illuminante le ragioni della bellezza della pellicola di Curtiz, autentico tripudio di archetipi: "Ma proprio perché gli archetipi ci sono tutti, proprio perché Casablanca è la citazione di mille altri film, e ogni attore vi rifà una parte eseguita altre volte, gioca sullo spettatore la risonanza dell'intertestualità. [...] In tal modo Casablanca non è un film, è tanti film, una antologia. Fatto quasi per caso, probabilmente si è fatto da sé, se non contro almeno al di là della volontà dei suoi autori, e dei suoi attori. E per questo funziona, a dispetto delle teorie estetiche e delle teorie filmografiche. Perché in esso si dispiegano per forza quasi tellurica le Potenze della Narratività allo stato brado, senza che l'Arte intervenga a disciplinarle".
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We'll always have Casablanca
Il sublime che emerge dal "colmo della banalità": quella di Eco è una definizione che calza a pennello a Casablanca, un'opera in cui la forza del linguaggio cinematografico e del puro racconto travalica le norme di un perfetto equilibrio artistico per raggiungere vette probabilmente ancora inedite nella Hollywood di inizio anni Quaranta, impegnata a coniugare le esigenze dell'intrattenimento con le robuste dosi di patriottismo legate a una guerra molto lontana dalla sua conclusione. Proiettato per la prima volta all'Hollywood Theatre il 26 novembre 1942, in coincidenza con la presa di Casablanca da parte delle truppe alleate, il film di Curtiz sarebbe stato distribuito con enorme successo in patria il 23 gennaio 1943. Un anno più tardi, Casablanca si sarebbe guadagnato otto nomination alla sedicesima edizione degli Academy Award, portandosi a casa tre premi Oscar: miglior film, regia e sceneggiatura, firmata a sei mani da Julius J. Epstein, Philip G. Epstein e Howard Koch sulla base di un testo teatrale mai andato in scena, Everybody Comes to Rick's.
E nel suo vertiginoso intreccio fra romanticismo e spy story, fra elementi bellici e triangoli amorosi, Casablanca continua a superare brillantemente la prova del tempo. Oggetto, nel corso dei decenni, di una quantità incalcolabile di riferimenti e parodie, incluso l'esilarante reenactment messo in scena da Woody Allen in Provaci ancora, Sam di Herbert Ross (con tanto di apparizioni di un fittizio Humphrey Bogart), Casablanca è stato costantemente inserito sul podio dei massimi capolavori di sempre dall'American Film Institute (nel 2007 era al terzo posto dopo Quarto potere e Il Padrino) e al primo posto fra le migliori love story cinematografiche, mentre sei diverse citazioni figurano nella Top 100 delle migliori battute del grande schermo. E in occasione del settantacinquesimo anniversario della sua presentazione, oggi anche noi celebriamo Casablanca rievocando cinque fra le scene più belle di un film che non ha perso un grammo del proprio fascino...
1. "Suonala, Sam... suona As Time Goes By"
È singolare che una delle frasi più popolari dell'immaginario cinematografico mondiale sia ricordata in forma errata: in Casablanca, infatti, non viene mai pronunciato l'ormai proverbiale "Suonala ancora, Sam", benché Woody Allen ci abbia indotto a pensare il contrario. La battuta corretta recitata da Ingrid Bergman è invece: "Suonala, Sam", un invito, a cui il pianista Sam (Dooley Wilson) risponde intonando i versi della mitica As Time Goes By. La canzone, composta undici anni prima da Herman Hupfeld per il musical teatrale Everybody's Welcome, in Casablanca viene usata per accompagnare il primo incontro fra i due protagonisti, Rick Blaine e Ilsa Lund, ex amanti separati da circostanze avverse e ora di nuovo faccia a faccia nel locale di Rick, e diventa il leitmotiv musicale del loro tormentato sentimento. E non c'è da stupirsi se, da allora, As Time Goes By è entrata nel novero degli standard più famosi che siano mai stati composti.
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2. "Colpi di cannone... o è il mio cuore che batte?"
E sono appunto le note di As Time Goes By ad aprire il lungo flashback che, in una manciata di minuti, ripercorre la passione fra Rick e Ilsa a Parigi, fino alla loro improvvisa separazione. L'idillio fra i due innamorati, con i brindisi connotati dal tormentone "Here's looking at you, kid!" (reso in italiano con l'assai meno evocativo "Alla tua salute, bambina!"), si intreccia con gli oscuri venti di guerra e i turbamenti per l'occupazione della Francia da parte delle truppe tedesche. "Mentre il mondo crolla, scegliamo proprio questo momento per innamorarci", osserva malinconicamente Ilsa, poco prima di esprimere la propria angoscia con un'altra frase di culto: "Colpi di cannone... o è il mio cuore che batte?".
3. "Vive la France!"
Negli anni della Seconda Guerra Mondiale, l'industria hollywoodiana non si è mai tirata indietro quando ha avuto l'opportunità di infondere nei propri prodotti un'abbondante dose di patriottismo, e il film di Michael Curtiz non fa eccezione: il contesto storico, del resto, funziona anche come veicolo di propaganda antinazista. E per quanto la retorica patriottica di rado abbia reso un buon servizio al cinema, perlomeno sotto un profilo artistico, a Casablanca è riuscita perfino tale impresa: basti rivedere la sequenza in cui, in risposta agli ufficiali tedeschi, il leader della Resistenza Victor Laszlo (Paul Henreid) esorta l'orchestra del Rick's Café a suonare la Marsigliese. Di colpo, tutti i clienti del locale intonano in coro l'inno nazionale della Francia, all'epoca ancora in mano all'esercito del Terzo Reich, generando un senso di pathos in grado di dare i brividi ancora oggi.
4. "Non oggi forse, e nemmeno domani..."
Il rocambolesco intreccio di menzogne e di intrighi che coinvolgono nazisti, patrioti e polizia francese raggiungerà il culmine in un finale davvero memorabile: un'apoteosi di melodramma nel suggestivo scenario notturno di un aeroporto immerso nella nebbia. La forsennata partenza di Ilsa e suo marito Victor, diretti verso Lisbona, è preceduta dall'ultimo, struggente addio fra la donna e Rick, con un dialogo che ha fatto letteralmente scuola: "Se egli parte e tu rimani qui, un giorno saresti presa dal rimorso", afferma Rick; "Non oggi forse, e nemmeno domani, ma presto o tardi e per tutta la vita". "Tutto è finito!", replica sconsolata Ilsa, ma l'uomo è pronto a ribattere: "E i giorni di Parigi... l'incanto di quel tempo svanito alla stazione quel brutto giorno l'abbiamo ritrovato ieri sera". Il 'duro' Rick sa che deve mettere da parte il proprio cinismo e sacrificare l'amore per Ilsa sull'altare di una causa ben più grande: "Ilsa, le pose da eroe non mi piacciono, ma tu sai bene che i problemi di tre piccole persone come noi non contano in questa immensa tragedia. Un giorno capirai". Un Humphrey Bogart mai così eroico, con quell'impermeabile ormai parte integrante della sua icona, lo sguardo velato di lacrime di una Ingrid Bergman che emana luce da tutto il viso, la melodia di As Time Goes By: il connubio perfetto per un finale dal romanticismo inarrivabile.
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5. "Fermate i soliti sospetti"
Ma durante la partenza di Ilsa e Victor, c'è ancora tempo per un ulteriore colpo di scena: nell'aeroporto irrompe il maggiore tedesco Heinrich Strasser (Conrad Veidt), freddato da un colpo di pistola mentre tenta di impedire la fuga di Victor. A sparare è stato Rick, sotto gli occhi del capitano della polizia marocchina Louis Renault, personaggio ambiguo e opportunista interpretato da un sopraffino Claude Rains. Ma il capitano Renault, anziché far arrestare Rick, decide di depistare le indagini, e di fronte al cadavere di Strasser ordina ai suoi uomini di fermare i "soliti sospetti". Se Rick, con un atto di redenzione, ha abbandonato il proprio egoismo ed è in procinto di unirsi alle file della Resistenza, anche Renault sembra disposto a seguire il suo esempio (emblematico il dettaglio dell'acqua di Vichy gettata nel cestino dei rifiuti). E l'ultimissima sequenza, con le sagome dei due uomini che si allontanano insieme nella nebbia, chiude il film su una nota di speranza che strappa puntualmente un sorriso: "Louis, forse noi oggi inauguriamo una bella amicizia!".