Casablanca Beats, la recensione: quando l'emancipazione parte dal rap

La recensione di Casablanca Beats, il film di Nabil Ayouch presentato in concorso a Cannes 2021.

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Haute et Fort: una scena del film

Ottimismo e gioia sono in generale merce rara nei festival cinematografici, ancor di più nei tanti film visti in questa Cannes 2021: considerato il periodo da cui veniamo e ancora ci troviamo non è poi nemmeno troppo difficile capire il perché. Come invece scopriremo in questa recensione di Casablanca Beats, a dispetto di quello che si potrebbe pensare queste sono due delle emozioni presenti in abbondanza in questo film (noto anche col titolo francese Haut et fort), secondo titolo marocchino in concorso nella storia del festival francese.

School of (Ma)Rock

Il nuovo film di Nabil Ayouch si ispira alle reali esperienze di Anas Basbousi, un ex rapper che qualche anno fa ha aperto un programma chiamato Positive School of Hip Hop, situato all'interno dello stesso centro culturale di Casablanca in cui è cresciuto il regista. E il film inizia proprio con lo stesso Anas che arriva a Sidi Moumen quartiere povero e popolare della capitale marocchina ("Il Bronx di Casablanca") per iniziare questo corso e seguire questi ragazzi dalla grande energia e dall'enorme desiderio di emergere e far sentire la propria voce. Non solo riguardo la musica, ma su tutto il resto: politica, religione, tradizione e tutto ciò che riguarda il futuro del loro paese. Quale migliore occasione per far conoscere il proprio pensiero se non attraverso il rap?

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Haute et Fort: una scena del film

Inizia così una storia che, come l'onnipresente musica rap e hip pop, ha radici profonde nel cinema americano ed europeo: tanto che più volte guardando il film viene da ripensare a School of Rock di Linklater (ad un certo punto viene citato attraverso una locandina in background) ma anche La classe di Laurent Cantet o L'attimo fuggente di Peter Weir. La forza del film di Ayouch sta però nell'aver inserito una trama ben nota, quasi archetipica, all'interno di un contesto complesso come quello marocchino, sfruttandola al meglio sia da un punto di vista narrativo che visivo. Non è un caso che, esattamente al contrario degli altri film citati, il professore qui sia una figura tanto importante quanto "marginale": è quello che dà fuoco alla miccia, colui che promuove e incita al cambiamento, ma ben presto i protagonisti diventano esclusivamente i ragazzi.

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Voci di un cambiamento

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Haute et Fort: una scena del film

Sono proprio i ragazzi l'aspetto vincente di un'opera che trae forza dalla loro energia e freschezza. Filmati con uno stile quasi documentaristico - che cambia però passo e fotografia, in modo intelligente, nelle sequenze più propriamente musicali - questi giovanissimi attori quasi tutti non professionisti sono assolutamente magnetici sia quando ballano e cantano sia quanto discutono, spesso animatamente, del loro paese, delle difficoltà delle loro vite e di tutto ciò che vorrebbero cambiare. Nessun tabù, nemmeno su argomenti religiosi o la condizione delle donne che in Marocco certamente faranno molto discutere: d'altronde già con i precedenti film il regista era stato censurato e denunciato, non è difficile immaginare che avverrà lo stesso anche per questo Casablanca Beats, dai dialoghi e testi particolarmente incendiari. Ma, d'altronde, è esattamente questo lo scopo del film di Ayouch; ed è proprio per questo motivo che questa volta il finale ottimista - certamente prevedibile e non privo di una certa retorica - non stona affatto.

Conclusioni

Casablanca Beats è un film semplice ma dal gran cuore e straboccante di energia e ottimismo. Può contare su ottime musiche, una buona fotografia ma soprattutto su un gruppo di ragazzi davvero strepitosi, in grado di trascinare e convincere chiunque con le loro performance nonostante le inevitabili barriere linguistiche. Con un finale diverso, magari più amaro e realistico, forse sarebbe potuto diventare un film anche migliore. Ma il messaggio avrebbe perso molto della sua forza.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Musiche, canzoni e balli fantastici, tutti i ragazzi sono semplicemente strepitosi e dall'ottimismo e allegria contagiosa.
  • Lo stile documentario, che cambia solo durante i numeri più musicali, è efficace.
  • Nonostante l'assunto di base sia ben poco originale, la contestualizzazione all'interno del mondo islamico è perfetta e di grande impatto.

Cosa non va

  • Il finale eccede un po' in retorica e risulta già visto.