Torna a esplorare l'America di ieri e la sua inclemenza verso le donne Todd Haynes, che continua ad avvalersi delle migliori attrici in attività: dopo aver diretto Julianne Moore nel suo classico Lontano dal paradiso e Kate Winslet nella magistrale miniserie HBO Mildred Pierce, torna a reclutare Cate Blanchett, che per lui era già stata una versione di Bob Dylan in Io non sono qui.
Accanto alla diva due volte premio Oscar, per il suo adattamento del romanzo The Price of Salt, il regista di Portland, Oregon ha voluto la giovane Rooney Mara, la quale ha già dimostrato con diversi ruoli recenti di essere una delle attrici più promettenti della sua generazione e di avere una spiccata personalità, un fuoco interiore che arde sotto all'aspetto etereo ed angelico: caratteristiche che la rendono perfetta per il ruolo di Therese Belivet, una giovane commessa con la passione per la fotografia indecisa tra l'idea di prendere la propria strada o accettare le profferte di matrimonio del fidanzato.
L'amore è un dono
Il titolo del film, Carol, suggerisce che la prospettiva abbracciata dalla narrazione di Haynes sia proprio quella di Therese, rimarcando l'importanza nella sua vita dell'incontro con questa donna di una decina d'anni più vecchia, bellissima e magnetica che non solo la ispira intellettualmente e artisticamente ma l'aiuta anche a comprendere chi è e cosa vuole diventare; in realtà il film non si limita affatto a presentare la Carol della Blanchett come una ossessione erotica di Therese, ma affronta il personaggio a tutto tondo, senza trascurare (attraverso il personaggio di Sarah Paulson) alcuni trascorsi evidentemente importanti; se infatti Therese sembra quasi non avere un passato - New York e Carol per lei rappresentano l'affacciarsi alla vita - Carol della sua vita da prigioniera del suo matrimonio è penosamente stanca: l'ingenuità, la curiosità e la gioventù di Therese rappresentano per lei un nuovo inizio.
Di qui lo sforzo di Haynes nel dedicarsi alle premesse di questo amore senza nessuna fretta, suggerendo con supremo effetto un'attrazione epidermica tra le due donne ma lasciando respirare la relazione prima del primo incontro sessuale, con l'esito di creare in noi la stessa enorme aspettativa che hanno Therese e Carol. La scelta paga, perché il momento in cui le due donne finalmente si uniscono è una della più belle scene d'amore viste al cinema negli ultimi anni (e se il vostro riferimento per le scene di sesso saffico è, giustamente, La vita di Adele, sappiate che questa scena è più casta ma non meno emozionante).
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Gli altri anni '50: canto d'amore per New York
Come per le altre opere di Haynes, anche in Carol l'immersione nell'ambientazione d'epoca è formidabile, ma se in Lontano dal paradiso, ad esempio, la rielaborazione estetica dell'America suburbana era chiaramente ispirata al cinema di quegli anni e ai suoi stilemi, con un senso d'artificio che serviva a restituire l'ipocrisia che circondava la protagonista Cathy, qui Haynes s'ispira alle arti figurative e soprattutto alla fotografia per raccontare un periodo di grande fermento, ricco di promesse ma anche di malinconia: all'inizio del decennio, New York si prepara all'esplosione del consumo, della pubblicità, della ricchezza e dell'arte ma portando con sé dagli anni della guerra un senso di profondo vissuto, quasi di stanchezza di vivere come quella di Carol.
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Ma la donna e la città non sono la stessa cosa; sotto lo sfarzo e l'incanto, New York è sporca e malata, mentre Carol si macchia soltanto del fango che altri le gettano addosso. Quando l'amore per Therese - una figlia, una sorella, un'amante, socialmente inferiore eppure alla pari - la induce a un sacrificio inimmaginabile, può scrollarsi di dosso la paura, la rabbia e la vergogna. Sarà una musa triste, ma libera.
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4.5/5