Captain Marvel e i suoi anni '90, dai Nirvana ai Garbage

Captain Marvel è anche un affascinante viaggio negli anni '90, anni in cui la musica e il cinema erano incredibilmente liberi e creativi: vediamo come.

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Captain Marvel: Brie Larson durante una scena

Quando quella che crediamo un'aliena, e che conosciamo come Vers, piomba sulla Terra da un altro pianeta, in pieni anni 90, atterra rovinosamente su un negozio della catena Blockbuster. Chi di voi non ricorda il celebre marchio, scritta gialla su fondo blu, che per tutti gli anni Novanta, e i primi Duemila, caratterizzava le nostre visioni domestiche dei film? Vedere un negozio di questo tipo in Captain Marvel, il nuovo film del Marvel Cinematic Universe in uscita il 6 marzo, l'ultimo tassello del viaggio che ci porterà ad Avengers: Endgame, ci fa sorridere. Ma è un sorriso agrodolce. Perché, tutto ad un tratto, ci siamo accorti che quegli anni Novanta, che credevamo fossero vicini, un passato prossimo, sono invece piuttosto lontani. Proprio nei giorni in cui stiamo guardando Captain Marvel leggiamo della morte di Luke Perry, il Dylan del telefilm (sì, era un telefilm, non una serie tv...) Beverly Hills, 90210 e di Keith Flint, l'indimenticabile Firestarter e frontman dei Prodigy, band cult del Big Beat, e ci rendiamo conto che gli anni '90 sono il passato.

Eravamo ragazzi, e lo erano anche loro. Oggi non ci sono più e ci sentiamo tutti un po' più vecchi. Gli anni Novanta sono ormai terreno da revival, da celebrazioni, da viaggi nel passato. Non ancora molto sfruttati (ci ricordiamo un film di qualche anno fa, Definitely, maybe ambientato durante la campagna elettorale di Bill Clinton), ma lo diventeranno presto. E arriverà qualcuno che li celebrerà a dovere come ha fatto Spielberg con gli anni Ottanta nel suo Ready Player One. In ogni caso, vedere un negozio Blockbuster ci fa anche pensare a come la nostra fruizione di contenuti sia cambiata: il videonoleggio ci sembra la preistoria, oggi che abbiamo tutto a portata di pochi click.

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Captain Marvel: un momento del film con Brie Larson

C'era una volta il grunge

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Captain Marvel: Brie Larson e Lashana Lynch in una scena

Subito fuori quel negozio Blockbuster ci troviamo davanti a un muro pieno di manifesti e flyer di dischi e concerti, il modo più semplice e immediato per farci respirare un'epoca, attraverso la musica. E nel film - di cui abbiamo parlato anche nella recensione di Captain Marvel - non c'è che l'imbarazzo della scelta: gli anni 90 furono anni estremamente creativi, quelli dove la musica alternativa e quella elettronica raggiunsero milioni di persone. E, allora, fuori da quel videonoleggio, ecco i manifesti degli Smashing Pumpkins, e del loro album più ambizioso, Mellon Collie And The Infinite Sadness, di P.J. Harvey, icona dell'alternative rock al femminile di quegli anni, e dei Bush, band del grunge che era la risposta inglese ai fenomeni di Seattle. Già, il grunge: non era un genere, non era una moda. I gruppi rock non suonavano allo stesso modo, avevano in comune solo un suono molto ruvido, tra il punk e l'hard rock anni Settanta. E neanche il loro look era studiato: le camicie di flanella e i maglioni di grana grossa nascevano perché a Seattle, nello stato di Washington, era molto freddo e umido.

Smashing Pumkins
Gli Smashing Pumpkins
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Captain Marvel: Brie Larson in una scena del comic-movie

Divenne una moda senza mai esserlo. E quando Vers (Brie Larson) sulla Terra deve smettere la sua tuta spaziale e trovare un'identità umana, sceglie di salire in sella a una moto e adottare un look grunge. Che sembra un po' quello di un cosplayer di un paladino del grunge: giubbotto di pelle (un "chiodo", che in realtà si usava più negli Ottanta che nei Novanta), jeans, stivali e una camicia di flanella annodata in vita ("togli quella flanella" le dice a un certo punto Nick Fury). Sotto a tutto, una t-shirt dei Nine Inch Nails, la band di Trent Reznor, che in realtà aveva poco a che fare con il grunge (il suo genere era l'industrial), ma che è stata un altro simbolo degli anni Novanta.

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Garbage, No Doubt e Hole: quelle donne rock indipendenti

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Captain Marvel: Brie Larson è il pilota dell'Air Force Carol Denvers

In Captain Marvel, appena la Vers di Brie Larson sfreccia sulla sua moto parte I'm Only Happy When It Rains, inno anni Novanta dei Garbage, una band che univa rock ed elettronica e vedeva al suo interno quel Butch Vig che il grunge aveva contribuito a lanciarlo, producendo Nevermind dei Nirvana. Ma che aveva una front-woman, Shirley Manson, scozzese, che è proprio tutto quello che vuole raccontarci Captain Marvel: una donna a cui avevano detto che non poteva essere in una band, che non era abbastanza bella o abbastanza brava. In una colonna sonora che comprende altre artiste dell'epoca (come le TLC di Waterfall, la Des'ree di You Gotta Be, le inglesi Elastica), le presenze più centrate sono proprio quelle dei Garbage, dei No Doubt e delle Hole, band che avevano una leader donna (nel caso delle Hole anche altre musiciste donne) che non aveva paura di fare un genere di musica fino a pochi anni prima considerato maschile, tranne che per rare eccezioni, e di mettere la loro femminilità nei testi, di raccontare il mondo dal loro punto di vista. Gwen Stefani dei No Doubt e Courtney Love delle Hole, sono diventate icone, dal punto di vista della musica e da quello dello stile, un modello per molte ragazze di quegli anni, e anche delle brave attrici. Just A Girl dei No Doubt arriva in una sequenza di combattimento, Celebrity Skin delle Hole sui titoli di coda. Ed entrambe contribuiscono a dare un senso al film.

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Garbage
i Garbage

True Lies e Il Silenzio degli innocenti

Arnold Schwarzenegger e Jamie Lee Curtis in una sequenza del film True Lies
Arnold Schwarzenegger e Jamie Lee Curtis in una sequenza del film True Lies

C'è spazio anche per altre band che hanno caratterizzato gli anni Novanta con il loro suono, ma non in scene d'azione: Come As You Are dei Nirvana, suonata su vinile, arriva in una sequenza di simulazione virtuale, in uno scenario quasi metafisico; Man On The Moon dei R.E.M. in un momento di quiete, in sottofondo. Forse non è un caso. Così come forse non è un caso che in quel Blockbuster vediamo un cartonato di True Lies di James Cameron, uno dei migliori flm degli anni '90. Siamo nel 1995, e quel film del 1994 è ovviamente arrivato in home video: ma forse è lì perché, proprio in quella storia, si parla del ribaltamento dei ruoli tra uomo e donna. Gli sceneggiatori di Captain Marvel immaginano i film e i telefilm entrati nell'immaginario collettivo e nella cultura pop di quegli anni, così da farcire i dialoghi con riferimenti che vanno dall'Hannibal Lecter de Il silenzio degli innocenti a Willy, il principe di Bel-Air.

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Il silenzio degli innocenti: Jodie Foster in una scena del film
Il silenzio degli innocenti: Jodie Foster in una scena del film

Gli anni d'oro di Quentin Tarantino e Samuel L.Jackson

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Captain Marvel: Un'immagine dal primo teaser trailer

Ma non dobbiamo dimenticare che quegli anni Novanta erano anni di fermento anche nel mondo del cinema. Se Jonathan Demme firmava un thriller perfetto come Il silenzio degli innocenti, c'era anche un nuovo cinema, anche questo indipendente, che si faceva strada. Erano gli anni di Quentin Tarantino, con Le iene e Pulp Fiction, e di Kevin Smith con il suo Clerks, con il cinema americano che cercava e trovava nuove forme artistiche e produttive ma anche, e soprattutto, nuove libertà a livello di scrittura. Guardando Captain Marvel abbiamo avuto questa impressione: che Samuel L. Jackson non fosse stato solo ringiovanito al computer, ma che sia stato proprio trasportato da una macchina del tempo in quegli anni Novanta. Jackson è in gran forma, si diverte e diverte, gigioneggia e duetta con la protagonista. È come se fosse convinto di trovarsi in un film di Tarantino, come se in quella macchina si trovasse a suo agio come con John Travolta in Pulp Fiction. Anche la fotografia, in qui momenti, ci ha ricordato un certo tipo di cinema. Ma forse sono davvero solo suggestioni, solo nostalgia.

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Tarantino con il cast di Pulp Fiction a Cannes nel 1994
Tarantino con il cast di Pulp Fiction a Cannes nel 1994

Nostalgia di Windows 95

Quello che è sicuro è che gli anni Novanta sono abbastanza lontani da crearci un effetto nostalgia. Per quel cinema, per quella musica. E anche per quel lentissimo Windows 95 e per quell'internet che oggi diamo per scontata e che allora - quando non c'era Google ma Altervista - era qualcosa da conquistarsi con pazienti attese che i collegamenti lentissimi caricassero una pagina. Che bel periodo gli anni Novanta. Siamo sicuri che il cinema, in qualche modo, tornerà a celebrarli ancora.