Difficilmente questa edizione numero 68 del Festival di Cannes verrà ricordata come una delle migliori della storia della kermesse francese: troppi brutti film in lizza per la Palma d'oro, film dei padroni di casa particolarmente deludenti, la sezione Un Certain Regard meno brillante del solito e poi, per un volta, anche qualche problema organizzativo: in particolare ci riferiamo a molti equilibri saltati per quanto riguarda le priorità dei badge e delle file, un problema assolutamente non da poco per chi ha dovuto affrontare 12 giorni ricchissimi di film, ma in alcuni casi quasi inavvicinabili.
Nonostante questo però, la solita salutare (si fa per dire...) full immersion nel cinema di tutto il mondo non è mancata e ancora una volta ci sentiamo un pochino più sazi ed aggiornati. E in fondo anche più contenti, perché se è vero che sulla carta il programma prometteva molto molto di più, i grandi film per fortuna non sono mancati e con questo articolo vogliamo dimostrarvelo.
Prima di lasciarvi però a queste nostro "breve" riassunto del meglio di questa edizione di festival, vi ricordiamo che se volete leggere tutto quello che abbiamo scritto, visionare i nostri reportage video o anche soltanto andare a cercare le foto dei vostri divi preferiti potete utilizzare il nostro ricchissimo Speciale Festival di Cannes 2015.
Ma adesso vediamo il meglio e il peggio di Cannes 68 secondo i nostri tre inviati (Luca Liguori, Alessia Starace e Antonio Cuomo).
I magnifici dieci
10. Green Room
Parte come thriller, finisce come un horror/splatter, ma è anche uno dei film più divertenti che abbiamo visto in tutto il festival. Green Room di Jeremy Saulnier è stato presentato alla Quinzaine ed ha entusiasmato pubblico e stampa proprio grazie a questo suo riuscitissimo e scatenato mix di generi.
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9. The Treasure
Qui abbiamo da tempo (proprio grazie a Cannes) una passione per il cinema rumeno dell'ultimo decennio, ma erano diversi anni che non restavamo così entusiasti e euforici al termine di una proiezione di un film di Un Certain Regard. Corneliu Porumboiu gira un film praticamente perfetto: divertente, profondo e originale ma soprattutto piacevolissimo da guardare, cosa da non sottovalutare mai, soprattutto in un festival cinematografico. Il pubblico in sala era giustamente estasiato quanto noi, speriamo che anche la giuria sia dello stesso avviso.
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8. Mountains May Depart
Un film ambizioso ed emozionante in cui Jia Zhang-ke racconta il boom economico e il cambiamento che travolge la Cina attraverso le vicende di una donna, interpretata dalla sua musa Zhao Tao; non è un film senza sbavature, ma è concettualmente sorprendente e narrativamente potente.
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7. Carol
Un magnifico viaggio nel tempo con Todd Haynes che ci tuffa nella New York dei primi anni '50 in compagnia non di una ma di due attrici magnifiche. Sensuale, struggente, ipnotico, è il film che rende orgogliosi anche gli americani sulla Croisette; prepariamoci a sentirne parlare anche in Award Season.
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6. Sicario
Può un film di genere andare in concorso a Cannes e vincere la Palma d'oro? Al momento non lo sappiamo, e più di tanto nemmeno osiamo sperarci, però di certo il film di Denis Villeneuve non è passato inosservato e non solo per l'impressionante fotografia o gli altri (indiscutibili) meriti tenici. Comunque vada, il regista canadese si conferma tra i cineasti più interessanti dell'ultimo lustro.
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5. Son of Saul
Dobbiamo essere sinceri: l'idea di avere in concorso un nuovo film sull'Olocausto, per di più da parte di un regista ungherese esordiente ex assistente di Béla Tarr (di cui abbiamo stranamente smarrito la tessera del fan club, più e più volte), non è che ci avesse fatto fare i salti di gioia. L'idea di essere testimoni diretti, poi, proprio degli orrori dei forni crematori o delle camere a gas peggio ancora; eppure il film di László Nemes ci ha conquistato dalla prima all'ultima scena e ci ha stupito per il coraggio e anche per l'originalità con cui ha affrontato l'argomento.
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4. Mad Max: Fury Road
Questa non è stata una sorpresa invece, ma una vera e propria rivelazione, perché è vero che già dai trailer gli entusiasmi di molti erano alle stelle, ma tra 2 minuti di esplosioni continue e 2 ore la differenza può essere abissale. E invece, finita la proiezione, eravamo talmente gasati che l'avremmo rivisto immediatamente anche due, tre volte. Se non l'abbiamo fatto è perché non volevamo farci prendere a calci dalla security già il secondo giorno e soprattutto non vedevamo l'ora di urlare a tutti i nostri lettori che il nuovo Mad Max di George Miller era un film assolutamente epocale!!! E voi ci avete sentito, vero?
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3. Inside Out
Il nuovo film Pixar ci aveva conquistato fin dal trailer, anzi no, fin dall'annuncio con quel misterioso ma intrigante working title: "The Untitled Pixar Movie That Takes You Inside The Mind" di Pete Docter. Dire che le aspettative sono state soddisfatte sarebbe un eufemismo, perché Inside Out è un lavoro perfetto sia per grandi che per piccini (non che a Cannes fossero presenti bambini, ma almeno questa vostra fidatevi del nostro fiuto), un film che diverte, emoziona ed appassiona e, come da tradizione dei migliori Pixar, è un perfetto mix di originalità e poesia.
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2. Mia madre
Se ce l'aveste detto anche solo un mese e mezzo fa vi avremmo probabilmente deriso, eppure ci troviamo davanti ad una verità inequivocabile: quest'anno noi qui siamo tutti d'accordo che i due film più belli di questo festival di Cannes sono due italiani.
Mia madre di Nanni Moretti l'avevamo già amato all'uscita in Italia ma qui abbiamo avuto di apprezzarlo ancora di più e soprattutto di goderci anche le risate e gli occhi lucidi della stampa internazionale.
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1. Youth - La giovinezza
Youth invece è stata una vera e propria rivelazione - anche per noi che Paolo Sorrentino l'abbiamo sempre apprezzato e "difeso" (ammesso poi che ne abbia mai avuto bisogno): ci ha emozionato come non ci aspettavamo, ci ha fatto sorridere, ci ha incantato con le sue straordinarie performance e per le trovate di questo regista che cresce sempre di più e che a questo punto davvero meriterebbe di trovare un giusto, meritato e, perché no, anche definitivo spazio a Hollywood.
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Qualche raccomandazione in più
Oltre a dieci titoli sopracitati, segnaliamo altri film comunque meritevoli che non sono entrati in top ten magari per un soffio oppure altre opere su abbiamo qualche riserva o che magari non abbiamo amato tutti allo stesso modo. Una prima menzione la merita per esempio un altro italiano, il documentario Louisiana di Roberto Minervini, tra le cose più belle viste nella sezione Un Certain Regard, mentre dal concorso segnaliamo comunque l'originalissimo ma imperfetto The Lobster di Giorgos Lanthimos o il francese (il migliore di un quartetto nel complesso deludente) The measure of a man di Stéphane Brizé.
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In più il fuori concorso Irrational Man, ultima convincente opera di Woody Allen, e infine la nuova irresistibile follia di Takashi Miike, Yakuza Apocalypse: The Great War of the Underworld.
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Sorprese e delusioni
Purtroppo in queste ediziona le delusioni di certo non sono mancate. Le più grandi sono state senza dubbio Marguerite et Julien di Valérie Donzelli e The Sea of Trees di Gus Van Sant, entrambi in concorso e, a nostra memoria, tra i peggio accolti in assoluto dalla stampa della recente storia del Festival. Tra le delusioni parziali dobbiamo inserire, ahinoi, anche Il Racconto dei Racconti di Matteo Garrone e Dheepan di Jacques Audiard, due film tutt'altro che brutti ma sicuramente non all'altezza delle aspettative (non solo nostre, visto che alla vigilia erano due dei favoriti per la Palma) e della fama dei loro realizzatori.
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Discorso ancora a parte per The Assassin di Hou Hsiao-Hsien, un film che ha fatto letteralmente impazzire molti critici, ma che ha suscitato anche molte perplessità: noi siamo tra quelli che ne apprezzano l'indiscutibile bellezza delle immagini ma che non sono riusciti a farsi conquistare dal resto (ammesso che ci fosse un resto).
Poche le vere e proprie sorprese di questo festival: oltre al già citato Son of Saul, due titoli di Un Certain Regard ci hanno colpito molto positivamente: l'islandeseRams di Grímur Hákonarson e il croato The High Sun di Dalibor Matanic.
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Le scene shock
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Il braccio martoriato di Anton Yelchin, ovvero la prima vera esplosione di violenza di Green Room. Ne seguiranno tante altre.
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I primi tesissimi minuti di Sicario, con la sconvolgente scoperta all'interno delle pareti della safe house.
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Anche in The Lobster c'è una prima inaspettata violenza, e a farne le spese è il povero e fedele "fratello" di Colin Farrell.
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L'uccisione a sangue freddo di un bambino (soldato) ferito da parte dei guerriglieri in Alias Maria.
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In Louisiana la scena, purtroppo vera, della spogliarellista (molto) incinta che si fa di eroina e poi si esibisce in una pole dance.
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L'inaspettato finale di Chronic.
Le scene cult
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La scena d'amore saffico, esplicita ma raffinatissima, tra le due protagoniste di Carol.
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Tutte le lunghissime sequenze con il metal detector, grande co-protagonista di The Treasure.
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Tutta la sequenza del viaggio in auto a Ciudad Juarez di Sicario, un capolavoro di tensione.
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Ovviamente in Mad Max: Fury Road ce ne sarebbero tante, ma è ancora più ovvio che non si può fare a meno di citare il chitarrista "fiammeggiante".
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Anche in Inside Out ci sarebbe l'imbarazzo della scelta, ma scegliamo i titoli coda che sono un'esplosione di genialità. Impossibile non ridere.
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John Turturro che cerca di recitare la sua parte in auto senza poter veder la strada e la regista Margherita (Buy) che lo fa impazzire. Da Mia madre di Moretti.
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La presenza di "Maradona" in Youth di Sorrentino, con tanto di palleggi con pallina da tennis e la conferma che è mancino ("Ma lo sa tutto il mondo!")
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Un film di Miike è già tutto cult a prescindere, però in Yakuza Apocalyspe abbiamo potuto fare la conoscenza del terrorista più pericoloso del mondo: la Rana!
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La battuta finale di Green Room che non vi spoileriamo, ma chiude nel migliore dei modi un running joke che dura quanto l'intero film.
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Il ballo finale sulle note di Go West dei Pet Shop Boys in Mountains May Depart.
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Le lezioni di The Lobster che spiegano i vantaggi di stare in coppia rispetto a rimanere single.