Essere quarantenne oggi implica la responsabilità di avere nella propria vita una famiglia cinematografica di un certo spessore. Questo vuol dire, in alcuni casi, trovarsi a piangere la scomparsa di Robin Williams, che con il suo "nano nano" ha caratterizzato i primi anni della nostra infanzia e, in altri più lieti, partecipare agli auguri di un compleanno importante. In questo caso particolare a soffiare sulle sue sessanta candeline è l'uomo che, pur iniziando da un'agenzia investigativa ha finito con l'aprire ristoranti in tutto il Planet Hollywood ed ha vestito come pochi il ruolo da simpatica canaglia rilanciando, come caratteristica distintiva di gran moda, la calvizie. Elemento che, ad essere onesti, dai tempi di Yul Brynner non aveva incontrato molti seguaci. E, tanto per finire questo identikit, non possiamo dimenticarci certo delle sue canottiere, indossate con nonchalance in qualsiasi scena in action, nel tentativo, per altro perfettamente riuscito, di dimostrare, di essere uno veramente Duro a morire.
Ovviamente stiamo parlando di Bruce Willis che, pur vestendo sullo schermo i panni dell'uomo che non deve chiedere mai dalla mascella serrata e dal sangue freddo, nella vita privata mostra un cuore tenero e un'attitudine imprevista alla paternità, oltre che alla monogamia e alla vita matrimoniale. A questo punto, come celebrare degnamente i passi di questo eterno ragazzo, nato in una base americana nella Germania Ovest il 19 marzo 1955 e che nei panni del cialtrone David Addison ci ha aperto la strada verso la serie tv? Ovviamente ricostruendo, tra curiosità e dichiarazioni, alcuni tra i passi più importanti della sua carriera e quegli elementi caratteriali che lo hanno reso una star.
Cercava Susan disperatamente, ma ha trovato Cybill Sheperd
Alla metà degli anni ottanta la televisione americana già produceva un numero notevole di serie tv, anche se eravamo ancora ben lontani dall'attenzione e che hanno guadagnato in questi ultimi anni. Più che altro, per gli attori rappresentavano un primo palcoscenico dove mettersi alla prova e guadagnare visibilità, mentre al giovane pubblico, ancora ignaro, offrivano la possibilità di essere testimone diretto di progetti trasformati poi in veri e propri cult. Uno di questi è il telefilm Moonlighting, mandato in onda dalla ABC nel 1985. Qui fa la sua prima apparizione un giovane e ancora dotato di capigliatura, anche se non foltissima, Buce Willis. Dovendosi rifare della delusione per essere stato scartato per il film Cercasi Susan disperatamente, Bruce pensa di dover conquistare l'attenzione della futura co protagonista. Cybill Shepherd. E lo fa seguendo quello che era, all'epoca, il suo stile da perfetto newyorkese. Ossia presentandosi al provino in ritardo, in tuta e con barba incolta. Diciamo che la cura personale non sembra essere il suo forte, ma sorprende e affascina tutti con humor, simpatia e energia. Senza ombra di dubbio il detective dai modi poco ortodossi David Addison gli appartiene intimamente, tanto che si stenta a capire dove finisce il personaggio e inizia l'attore.
A questo punto è evidente che i problemi di balbuzie che lo hanno afflitto da adolescente sono scomparsi, così come i vari lavori fatti per sopravvivere in attesa di essere notato. Così, messa definitivamente da parte la "carriera" di addetto alle pubbliche relazioni per le distillerie Seagram, da cui era già stato licenziato per guida in stato di ebbrezza, fa bella mostra dell'Emmy e del Golden Globe appena guadagnati. Davvero niente male per un attore che ancora non ha ben capito come è arrivato ad ottenere tutto questo . "Se ci penso, mica me lo ricordo come sono andate le cose nella mia vita professionale e come sono arrivato a questo punto. Ricordo che mi piaceva fare teatro e ne ho fatto molto da giovane. New Jersey, New York, on-off Broadway e poi ho fatto un paio di cose di successo e mi sono ritrovato ad Hollywood."
L'action è una trappola di cristallo?
Willis ha un sorriso accattivante e una chiara predisposizione a fare festa, almeno nei suoi anni giovanili. Il cinema, però, fatta eccezione per Appuntamento al buio con Kim Basinger, La morte ti fa bella accanto a Meryl Streep e il più recente Moonrise Kingdom, non gli offre molti ruoli nella commedia. Anzi, sfruttando volto e fisicità, lo incastona e, forse, immobilizza nell'action. A consacrarlo definitivamente al genere e al mondo del cinema è il personaggio del poliziotto John McClane, che si lega all'attore in maniera quasi indissolubile. Effettivamente da Trappola di cristallo, girato nel 1988, i due non hanno mai smesso di frequentarsi, ritrovandosi poi anche in 58 minuti per morire, Die Hard - Duri a morire e, dodici anni dopo questo ultimo capitolo, Die Hard - Vivere o morire. Chiude, per ora in attesa del sesto capitolo previsto per il 2016, questa lunga relazione tra attore e personaggio Die Hard - Un buon giorno per morire del 2013. Per non parlare del video gioco Die Hard Trilogy in cui il protagonista ha sia la sua voce che i suoi movimenti digitalizzati.
Ma, passati alcuni anni dall'inizio di questa avventura, come guarda e giudica il Willis di oggi il ragazzo di allora? "Non avevo nessuna ruga intorno agli occhi eppure non vedevo l'ora di perdere quell'aspetto da ragazzotto con la faccia tonda. Mi piaceva l'idea di avere un'aria più vissuta. Però sono sempre stato piuttosto sicuro di me, non so perché. Da ragazzino soffrivo di balbuzie e, a volte, ancora mi ritorna. In quei casi sorrido e proseguo. Tendo ad essere un giudice non troppo severo con me stesso." Però, niente illusioni. Bruce non è un duro sul serio anzi, a dispetto dei ruoli interpretati in Pulp Fiction, Il quinto elemento, L'esercito delle dodici scimmie, Sin City, e I mercenari - The Expendables con gli amici di sempre Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger l'attore si definisce, udite udite, "un gattone mansueto". " Mi piace l'idea di essere un duro sul serio - ammette - ma nella realtà io non riesco nemmeno a spaventare i miei figli alzando la voce. Se lo faccio, si mettono a ridere. Riesco a farmi rispettare solo sul grande schermo, mentre in famiglia è una gag continua. Sul grande schermo tutto viene ingigantito e fa decisamente un altro effetto."
Family Man, un talento naturale
Un uomo può essere molte cose. Può decidere di vivere intensamente la sua gioventù, bere con gli amici, farsi arrestare per schiamazzi notturni, diventare una star del grande schermo, aprire una catena di ristoranti e fondare la sua band Bruno and the Acceleratos con cui raggiunge anche la top ten grazie alla reinterpretazione di alcuni brani black. Tutto questo fino a quando non si rende conto di un naturale e inarrestabile talento per la paternità e il matrimonio. Nella vita di Willis questa rivelazione arriva il 21 novembre 1987, quando sposa Demi Moore, dando così vita ad una delle coppie più solide di Hollywood, nonostante il divorzio avvenuto dopo tredici anni insieme. Da questa unione nascono tre figlie, Rumer, Scout LaRue e Tailulah Belle. Oggi hanno raggiunto tutte e tre la ventina e un orgoglioso papà Bruce dice questo di loro: "Sono tre donne stupende e con sani principi. Sono perbene, educate e intelligenti. Sono incredibilmente orgoglioso di loro. Ed ogni tanto si degnano a farmi uscire con loro. Il vero successo per me non vuol dire raggiungere record d'incassi al botteghino, ma fare due chiacchiere in famiglia. Siamo comunque unitissimi e si divertono ancora molto insieme a me. E, incredibile, mi trattano alla pari."
Rapporto completamente diverso, invece, con i due figli più piccoli, Mabel Ray e Evelyn, avuti dalla seconda moglie, la modella Emma Heming. Con loro, infatti, ha ancora la possibilità di vestire il ruolo di family man, almeno nella vita reale. "Ricominciare con dei figli piccoli è un po' come andare in bicicletta. Non ci vai da molto tempo, poi, però, ci monti sopra di nuovo ed è come se non avessi mai smesso. E c'è un vantaggio, conosci le regole e sai gestire gli imprevisti. Non ti vengono più gli attacchi di panico ogni volta che senti un pianto o un colpo di tosse. Insomma, ho un forte istinto paterno, non c'è dubbio. Per questo mi definisco attore e puericoltore." Una doppia carriera che, arrivato ai suoi sessant'anni, sembra avergli donato anche una seconda giovinezza. "Mi sento un ragazzino dentro, non mi sento di invecchiare. Faccio le stesse cose di sempre, mi vesto allo stesso modo, continua a piacermi mangiare e faccio esercizio. Non so, sono sicuro che arriverà il momento in cui sentirò di essere diventato vecchio, ma ora non è così e non ci penso." A questo punto cosa altro dire se non, tanti auguri e cento di questi giorni?