Jonathan, ovunque tu sia, che il tuo pensiero possa consolarla stasera. Lei ti aspetta... ma tu non tornerai.
Se l'ambizione, in campo artistico, comporta inesorabilmente una serie di rischi, questi si moltiplicano in un settore come quello del cinema d'animazione: per costi giocoforza più elevati, ma soprattutto per la tipologia di pubblico a cui si rivolgono in prevalenza i film animati. In particolare, il periodo a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta è costellato di tentativi di esplorare le potenzialità dell'animazione anche al di là dei prodotti per famiglie più consueti e tradizionali. Ne sono una prova le opere di Ralph Bakshi e, nel 1982, il primo lungometraggio realizzato dalla neonata Don Bluth Productions: Brisby e il segreto di NIMH, presentato in anteprima il 2 luglio 1982 per poi approdare nelle sale statunitensi due settimane più tardi, il 16 luglio.
Pur proseguendo nel solco disneyano delle storie incentrate su animali antropomorfi, il film di Don Bluth, animatore texano emigrato nel 1979 dalla Disney, fa la sua comparsa nei cinema come una sorta di UFO. Si tratta di una pellicola per ragazzi, tratta fra l'altro da un noto romanzo per l'infanzia (La signora Frisby e il segreto di NIMH di Robert C. O'Brien, edito undici anni prima), ma caratterizzata da atmosfere insolitamente cupe e da toni ed elementi marcatamente più 'adulti', a cominciare dalla protagonista, la topolina di campagna Mrs. Brisby: una giovane vedova e madre single impegnata a occuparsi di quattro figli, uno dei quali, il piccolo Timothy, è affetto da una grave polmonite, mentre la loro abitazione in un campo agricolo rischia di essere distrutta con la stagione dell'aratura.
Un cult dell'animazione in anticipo sui tempi
La timida signora Brisby, che vive nel ricordo del marito Jonathan ma non si lascia sopraffare dal dolore del lutto, è quanto di più lontano dal tipico eroe o eroina di un film d'animazione dell'epoca, mentre ai personaggi più buffi ed ironici (il solare corvo Jeremy, che stringe amicizia con Mrs. Brisby, e la volitiva zia Shrew, ribattezzata non a caso nella versione italiana zia Bisbetica) fanno da contrappeso i risvolti più drammatici della trama, come il flashback sui crudeli esperimenti condotti nel laboratorio di NIMH (National Institute of Mental Health). E il pubblico, come prevedibile, mostrerà una certa diffidenza nei confronti del film: negli Stati Uniti, Brisby e il segreto di NIMH registra appena cinque milioni di spettatori e fatica a coprire le spese del budget, segnando una difficile partenza per Don Bluth e soci.
Se a risollevare le sorti della loro casa di produzione provvederà, nel 1986, l'ottimo responso commerciale per Fievel sbarca in America, la sorte di Brisby e il segreto di NIMH sarà analoga a quella di altri titoli coevi, non abbastanza apprezzati alla loro uscita: essere riscoperti, nell'arco di un decennio, grazie ai passaggi televisivi e all'esplosione del mercato delle videocassette, che trasformeranno l'opera d'esordio di Don Bluth in un cult dell'animazione degli anni Ottanta. Un successo tardivo ma ampiamente meritato per un film che, rivisto oggi, appare incredibilmente in anticipo sul proprio tempo, nonché in grado di affascinare e di inquietare attraverso una formula tuttora atipica per il cinema d'animazione statunitense, amalgamando spunti di fantascienza (le mutazioni genetiche dei topi imprigionati nel laboratorio di NIMH) e le suggestioni mistiche da sempre care a Bluth (l'amuleto rosso dai poteri magici).
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Uomini e topi in un mondo sull'orlo del collasso
A rendere così tenebroso il film sono in primo luogo il senso di minaccia e il terrore della perdita che gravano, fin dalle scene iniziali, sul microcosmo della fattoria del contadino Fitzgibbons, teatro dell'intero racconto. E la minaccia è sempre legata alla presenza umana: la sicurezza di Mrs. Brisby e della sua famiglia è messa in pericolo dal lavoro nei campi, che renderà necessario spostare l'abitazione dei topolini sul lato opposto della roccia; i ratti, il cui regno è nascosto sotto un roseto, vengono esortati dall'anziano e saggio Nicodemus ad abbandonare il loro territorio, che da lì a breve sarà sottoposto a una disinfestazione per mano degli scienziati di NIMH. Insomma, tutti i personaggi vivono in un mondo dall'equilibrio precario o addirittura apertamente ostile; un mondo che costringerà tanto i topi, quanto i ratti ad affrontare il cambiamento, e a farlo collaborando gli uni con gli altri.
Sul piano visivo, Don Bluth opta per un livido realismo increspato, tuttavia, da sequenze dal taglio quasi espressionista, con cromatismi accesi per evidenziare alcuni fra i momenti di massima tensione: le immagini psichedeliche che corredano la scena dell'analessi o il cielo rosso fuoco che fa da sfondo al duello finale tra il coraggioso Justin e il bieco Jenner (Cornelius nella versione italiana). A quattro anni di distanza da Il Signore degli Anelli, con cui Ralph Bakshi aveva segnato una nuova frontiera per l'animazione occidentale, Brisby e il segreto di NIMH aggiunge un altro importante tassello al filone animato delle "fiabe nere": storie volte a mettere in guardia gli spettatori sulle difficoltà e gli orrori dell'esistenza, ma utili anche a ricordarci che spesso, come accade a Mrs. Brisby, l'unica possibilità di salvezza risiede nella forza che sappiamo trarre dalla solidarietà e dall'empatia.
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