Boris, la fortunata serie ideata da Mattia Torre, Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo, è nata nell'anticonformismo, scolpita e levigata ad arte per criticare e colpire. Le prime tre stagioni sono ancora adesso un manuale brillante che ci insegna a ridere dei propri limiti in qualsiasi campo, mettendo in luce, in modo chiaro e lampante, quali erano e sono i problemi del piccolo e del grande schermo italiano. Lasciando da parte per un secondo il linguaggio della serie, entrato nel nostro immaginario collettivo con citazioni che ripetiamo giorno dopo giorno, ci sono momenti dello show che ci sono rimasti impressi nella memoria anche a distanza di anni e anche Boris 4 consegna al pubblico delle scene memorabili, che sicuramente non dimenticheremo facilmente per la loro portata contenutistica e riflessiva. Ecco quindi le 5 sequenze che, secondo noi, hanno avuto e avranno un impatto importante nella esperienza televisiva di tutti, ovviamente occhio agli spoiler.
1. La filosofia narrativa dei fratelli Vanzina
Cominciamo già con il pilot di Boris 4, Gli ultimi saranno i primi, dove gli sceneggiatori, interpretati da Valerio Aprea, Andrea Sartoretti e Massimo De Lorenzo, si lasciano andare ad una frase già divenuta tormentone. Sul set bisogna girare la Strage degli innocenti, l'eccidio compiuto da Erode il Grande che ha portato all'uccisione di tutti i bambini di Betlemme, dai due anni in giù, per arrivare a Gesù. Una scena potenzialmente esplosiva, che però non può essere girata per mancanza di soldi. La soluzione, secondo il terzetto, è solo una: "Non lo famo, ma lo dimo", suggerendo, come fatto dai fratelli Vanzina, il fatto, raccontandolo ma non mostrandolo su schermo. Al di là della battuta in sé, è l'intero momento che è riuscitissimo: risolvere un racconto evangelico con un escamotage di un cinepanettone fa già molto ridere, ma il tutto rimane impresso perché rappresenta un collante forte con il passato: la buona televisione è sempre lontana e vince il risparmio contro la qualità.
2. Inclusivity
L'universo dello streaming richiede delle regole e l'Algoritmo non guarda in faccia a nessuno: una delle parole d'ordine ne La Vita di Gesù è inclusivity. Nella puntata 4, Il set dei miracoli, l'ingenuo Augusto Biascica (Paolo Calabresi), che non riesce in primis ad adattarsi alle nuove normative sul set, si lascia andare ad un gesto razzista violando questa sacrosanta inclusività. Difatti, come ripreso dai backstage, si toglie dello sporco dagli occhi di fronte al bambino cinese che interpreta San Marco e il risultato sembra scimmiottare la sua etnia. Non ci interessa che la verità non viene a galla (la scena non viene mostrata, quindi non sappiamo quali fossero le reali intenzioni di Biascica), anche perché la gag gioca proprio su questo punto: da qualche anno a questa parte, le condanne e le accuse nel mondo artistico si sono esacerbate e ciò non è sempre un bene, specialmente quando non si analizza il contesto a dovere. Che fosse un movimento involontario o no, Augusto va dritto alla seconda unità.
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3. La cultura delle armi
Tra le guest star di Boris , tra i ritorni più graditi e attesi c'è quello di Mariano Giusti, attore interpretato da Corrado Guzzanti. Il suo personaggio non sembra essere cambiato di una virgola e anzi, è diventato ancora più pericoloso. Nell'episodio 7, Perdona loro perché non sanno quello che fanno, il folle artista punta una pistola ad uno dei membri del cast tecnico perché sta rallentando le riprese. Questa sequenza, drammatica e grottesca, funziona su più livelli: chiaramente lavora in superficie criticando l'utilizzo delle armi in America, ma ci riporta anche alla triste realtà dell'incidente di Rust. Quando Stannis per sbaglio fa partire un proiettile non sapendo della mancanza della sicura, ci viene subito in mente quanto accaduto sul set del film sopracitato, dove è partito un colpo che ha ucciso la direttrice della fotografica Halyna Hutchins. Paradossale è inoltre l'atteggiamento dei presenti: quello che traspare è che la produzione non ha mai lavorato così bene, andando sottilmente a normalizzare un fatto così grave.
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4. Lynch sulle note di Flashdance
Boris ha sempre avuto un forte animo citazionista e i continui riferimenti, nelle tre stagioni, non solo ad autori, ma anche a registri registici e narrativi ben precisi, è ovviamente diventato un marchio di fabbrica. Anche Boris 4 segue la stessa scia e nonostante i richiami, velati e non, al mondo artistico italiano e anche internazionale, il momento clou più efficace in tal senso è la doppia citazione contenuta nella puntata 8, Gli Occhi del Sacro Cuore di Gesù, dove René Ferretti viene portato ai vertici della Piattaforma che lo processano a causa del girato extra all'insaputa della company. Per salvare la pelle, il suggerimento arriva dallo sceneggiatore defunto (Valerio Aprea) che in quanto essere soprannaturale gli dà una dritta profetica: "segui la musica, René". Non si può non pensare a I Segreti di Twin Peaks di David Lynch e quell'importante indizio donato a Dale Cooper riguardo l'omicidio di Laura Palmer, oltre ad un consiglio più specifico del gigante della Loggia Bianca, nella terza stagione, legato ad un giradischi. Il gioco citazionistico, non finisce qua, però: il ballo di Renè, surreale e inaspettato, viene accompagnato dalle note di Flashdance...What A Feeling iconica canzone di Flashdance, con tanto di connessione diretta alla sequenza dell'audizione di Alexandra Owens.
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5. Il tenero e commovente omaggio a Torre
Arriviamo al momento più commovente di Boris 4, ripreso dall'ultima puntata. Nel finale, tutto il cast de La Vita di Gesù si riunisce in un cinema per vedere il film di Ferretti, Io Giuda. Quando tutti si siedono in sala, i due sceneggiatori (Sartoretti e De Lorenzo) lasciano una poltrona vuota al collega scomparso, un gesto metaseriale di Ciarrapico e Vendruscolo che invitano il compianto Mattia Torre, sceneggiatore della serie morto nel 2019, a vedere appunto la quarta stagione con loro. Ma non finisce qui. Nella prima scena della pellicola proiettata, il protagonista recita: "Quando ero piccolo volevo cambiare il mondo e purtroppo l'ho cambiato". Immediato e travolgente il collante con la morte di Torre, richiamato su schermo subito dopo, da parole dirette ("A noi, il mondo, l'hai cambiato. Manchi collega, sempre di più"), accompagnate da un'immagine che lo ritrae in compagnia di Vendruscolo e Ciarrapico. Poche parole, tante emozioni: un omaggio tenero e sincero.