All'inizio del 2023, a otto anni di distanza dal loro disco precedente, The Magic Whip, i Blur si sono riuniti per incidere The Ballad of Darren nella casa in campagna di Damon Albarn reduce da una rottura sentimentale che aveva dato vita a nuovi brani. Tracce che la band dell'Essex avrebbe poi incluso in due live sold out al Wembley Stadium del luglio 2024. A riprendere quella reunion a sorpresa ci ha pensato l'ex giornalista musicale, musicista, regista e discografico Toby L. in Blur: To The End. Un documentario che cattura la storia più recente del gruppo scelto come titolo di apertura dell'undicesima edizione di SeeYouSound - International Music Film Festival e in sala dal 24 al 26 febbraio.
Generazione MTV
Gli anni Novanta, quelli del Britpop e della "guerra" tra Oasis e Blur, sono stati contraddistinti da un'esplosione musicale resa tale anche dalla popolarità del videoclip. Una forma d'arte (e di marketing) diventata sempre più centrale, sia per gli artisti per veicolare la propria musica sia per il pubblico per scoprire nuovi musicisti o band. "Sono cresciuto con MTV, è stata davvero influente. Mi permetteva di vedere la musica pop e il modo in cui gli artisti si esprimevano, in cui raccontavano storie o illustravano concetti. Credo che inconsciamente fossi ipnotizzato dal potere del loro effetto e dalla loro produzione", racconta il regista.
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"Del 1994 ricordo i video di Girls and Boys e To The End", continua Toby L. "Erano come una meravigliosa interruzione perché ero così abituato a guardare Madonna, Prince e quello che il Regno Unito chiamava Europop. Per me da ragazzino i Blur sono usciti dal nulla in termini di coscienza mainstream. Quei due brani erano semplicemente diversi. Erano canzoni pop melodiche e orecchiabili, ma c'era qualcosa di nervoso in loro".
"Sono andato in un negozio di dischi a un'ora da Londra e ho comprato Parklife su cassetta. L'ho ascoltato ed era così insolito, edificante, triste e divertente. Conteneva una varietà di idee. Ed è stato allora che sono diventati la mia band preferita, ero ossessionato da loro. A 10 anni ho convinto mio padre, anche se ero ancora piuttosto piccolo, a vederli in concerto. Ed è stato fantastico. Il loro tour era sold out, ma è riuscito a procurarci due biglietti per andare a vederli alla Wembley Arena nel dicembre '95. Quel concerto mi ha cambiato la vita. E ora stiamo parlando di un film che ho fatto con i Blur. È pazzesco (ride, ndr)".
Il bambino interiore
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Per una persona cresciuta ascoltando la band deve essere stato complesso cercare di tenere a bada il fan e far prevalere solo il professionista nel corso delle riprese del documentario."Ho iniziato facendo il giornalista musicale. Intervistavo artisti e persone dell'industria musicale, scrivevo recensioni. Provenivo da un background di scrittura. Ho sempre amato scrivere e leggere tanto quanto amavo la musica. Così ho messo insieme queste due passioni e ho aperto un sito nel 2000 quando avevo circa 15 anni. E poi ho iniziato a filmare, a organizzare serate in discoteca, a fare io stesso musica", ricorda il regista.
"A 19 anni, nel 2004, ho fondato un'etichetta discografica, Transgressive, con il mio caro amico Tim e dai 23 ho realizzato documentari su Rihanna, i Foals e Liam Gallagher. La mia esperienza e sicurezza si sono evolute in quel periodo. Professionalmente devi sempre essere concentrato. C'era una grande responsabilità per la band, per il loro pubblico e per le persone che avevano investito nel documentario che mi faceva mantenere alta l'attenzione. Ma a riprese finite, quando andavo a letto, era allora che il piccolo Toby si scatenava (ride, ndr). 'Non riesco a credere a quello che ho appena visto oggi', mi dicevo. Fissavo il soffitto e non riuscivo a dormire perché il mio bambino interiore era euforico".
Quattro amici in uno studio di registrazione
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Ringo Starr afferma che uno dei suoi ricordi preferiti dei tempi con i Beatles era quando rimanevano solo loro quattro a chiacchierare in una stanza lasciando tutto il resto ai margini. Era in quei momenti in cui si ritrovavano come essere umani e amici. Una sensazione che si prova anche guardando Damon, Graham, Alex e Dave parlare e scherzare tra di loro. Cos'ha provato Toby L nell'essere testimone di quei momenti? "Penso sia stato un vero privilegio", ammette il regista.
"Per me è come quando riunisci tutti i tuoi vecchi amici. Ci sono così tante cose che succedono quando raggiungi i 30/40 o, come nel loro caso, 50 anni", prosegue Toby L. "E anche le persone che ami e con cui hai trascorso ogni giorno della tua infanzia o dei tuoi vent'anni, vanno semplicemente in direzioni diverse. La vita stessa ti ci trascina. È una cosa naturale, non puoi essere troppo triste per questo. Tuttavia, c'è sempre qualcosa di magico quando ci riuniamo con gli amici con cui siamo cresciuti".
"È il potere di quelle storie condivise. Nel caso dei Blur dei loro successi. Volevo davvero che quella sensazione di unione e vicinanza fosse nel documentario, quel senso di prossimità che a volte perdiamo crescendo. Ero molto grato che la band si sentisse a suo agio con noi nel filmare molte di quelle interazioni così private e personali".
Tematiche lasciate sullo sfondo
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Nel corso di Blur: To The End vengono a galla tensioni nello studio di registrazione tra i membri della band, confessioni sulle dipendenze da alcool e droga così come momenti di fragilità dovuti a problemi di cuore. Ma tutto questo insieme di tematiche sembra restare sullo sfondo. "Ho la sensazione che molta di quella roba sia già là fuori. Quello che stavo cercando di fare con il documentario era di assicurarmi ci fosse fosse una prospettiva molto fresca e attuale della band. Anche l'archivio, ad esempio, è inedito", sottolinea il regista.
"Ci sono solo una o due cose che le persone hanno visto in precedenza. Allo stesso modo, i ricordi e le storie sul passato sono raccontate attraverso il qui e ora. La lente dei tempi attuali piuttosto che essere pura nostalgia. Alcuni di quegli argomenti emergono contestualmente e si possono cercare su Google. Volevo dare molta importanza a questo gruppo di esseri umani mentre fanno i conti con la mezza età, la mortalità, la riconciliazione e l'amicizia. Erano temi più interessanti perché non ne avevano mai parlato prima".
Testi profetici
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Nel documentario il leader dei Blur sottolinea come a rileggere oggi i testi delle sue canzoni riesca a capirli con una maggiore chiarezza. "La cosa sorprendente dei suoi testi è un vero e proprio senso di profezia", ammette Toby L. "Pensa sempre in anticipo a dove la società andrà a parare. E a questo proposito penso che molte delle canzoni dei Blur oggi abbiano più senso. Penso alla sua visione distopica del futuro, la tecnologia e la sorveglianza. Tutti segnali di avvertimento per le nostre libertà a cui dobbiamo davvero aggrapparci come società. The Great Escape contiene molte delle cose che ora stanno diventando realtà. Tematicamente è simile a 1984 di George Orwell".
"Degli anni '90 penso ci siano solo un paio di band che hanno ancora lo stesso senso di potere alternativo: i Blur e i Radiohead", spiega il regista. "E una cosa che hanno in comune è che nessuno può indovinare cosa faranno in ogni album. C'è sempre un senso di progresso. Un'altra cosa in comune che hanno è che appaiono raramente. Dei Radiohead non abbiamo più notizie da molto tempo ormai e tra gli ultimi due dischi dei Blur sono passati otto anni. Ma questo lo rende più magico, potente. I loro brani inoltre sono invecchiati molto bene. E questo li mette in una posizione davvero unica".