Steve McQueen ci ha abituato a film durissimi come Hunger, Shame e 12 anni schiavo, premiato con l'Oscar nel 2014. Anche la serie Small Axe non scherza affatto. Eppure il suo nuovo film, Blitz, presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma, e ora in streaming su AppleTV+, prende una svolta completamente diversa. E inaspettata.
Ambientato nella Londra del 1940, in piena Seconda Guerra Mondiale, è la storia di George (Elliott Heffernan, esordiente e una gran bella sorpresa), ragazzino messo su un treno dalla madre, Rita (Saoirse Ronan), per salvarlo dai bombardamenti nazisti. Lui però non ci sta e si lancia dal treno in corsa per tornare a casa. Come è facile immaginare, gli succede di tutto.
L'orrore della guerra (e del razzismo) visti attraverso gli occhi di un bambino. Sì, McQueen questa volta ha scelto la fiaba. E anche la speranza. Non è una "posa": come emerso nella nostra intervista, il regista ci crede davvero: "Questo film parla d'amore. Parla di avere speranza. Ha la forma di un sogno, ma un sogno che potrebbe diventare realtà. L'amore è ciò per cui viviamo e moriamo. Con tutta la follia che c'è ora nel mondo, l'unica cosa che sopravvive è il nostro cuore".
Blitz: intervista a Steve McQueen
Blitz è ambientato quasi 85 anni fa, in una Londra che era già multiculturale. Eppure, ancora oggi, il razzismo e la diffidenza verso chi viene da un paese differente, nonostante sia parte integrante della popolazione da generazioni, non sono stati ancora superati. Perché?
McQueen: "Sono davvero grato di essere cresciuto a Londra. La mia scuola era bellissima: c'erano italiani, polacchi, francesi, nigeriani, indiani, scozzesi, turchi, greci... La mia scuola era il caos! E, indovina un po'? Tutti pensavamo solo a due cose: il calcio e le ragazze. Non pensavamo a nient'altro! E le ragazze pensavano a qualsiasi cosa venisse in mente loro. Nessuno pensava alla nazionalità, non ci chiedevamo da quale paese provenisse ognuno di noi. Se Raz venisse dal Pakistan o un altro dall'Iran. Eravamo semplicemente noi. Ed era bellissimo. Ricordo quei giorni con grande gioia: sono stato benedetto dall'aver avuto la possibilità di crescere in un posto come Londra, in un momento in cui c'era grande eccitazione di vivere in mezzo a tante culture diverse".
"Non ho idea di cosa stia succedendo adesso: ci sono diverse guerre, le persone lasciano le loro case per stare al sicuro. Ma sono sempre convinto che le cose che ci accomunano siano molte di più di quelle che ci dividono".
Blitz, recensione: Steve McQueen racconta la guerra attraverso gli occhi di un bambino
L'arte come salvezza
Nel film Rita ha avuto George da un musicista jazz, deportato perché nero. E anche lei ama la musica: è una cantante e rincuora vicini e rifugiati nella metropolitana con la sua voce (che è proprio quella di Saoirse Ronan, molto brava anche con il canto). Il suo personaggio simboleggia dunque la speranza. L'arte ha davvero il potere di salvarci nei momenti più oscuri?
Il regista: "L'arte non ha fatto un cattivo lavoro fino a ora! Quando i notiziari mi deprimono troppo ascolto la musica. Oppure leggo un libro. Cerco una specie di conforto. Nel nostro film mettiamo in luce proprio questo: il personaggio di Gerald, il nonno di George, è ispirato al padre di Paul McCartney e nella casa dei protagonisti c'è un pianoforte. Li sentiamo cantare: non stanno lì a fissare i cellulari, ma creano della magia con la musica. È una parte fondamentale della vita. Lo abbiamo visto anche durante la pandemia: mi ricordo di aver visto al telegiornale le persone che cantavano dai balconi in Italia. È una cosa che mi ha scaldato molto il cuore".