Blink Twice, la recensione: un esordio provocatorio ed eccessivo

Il debutto alla regia di Zoë Kravitz è un mistery horror provocatorio e ambizioso, che utilizza una struttura collaudata come base per una sperimentazione a volte squilibrata, puntando sul cast e sul senso politico. Al cinema.

Channing Tatum in Blink Twice

Blink Twice non doveva chiamarsi Blink Twice in origine, ma per motivi legati alla promozione della pellicola si è preferito cambiare il titolo scelto dalla regista Zoë Kravitz al momento della lavorazione, perché considerato problematico e, sostanzialmente, ritenuto offensivo da una buona parte del pubblico. Il titolo incriminato? Era Pussy Island.

Blink Twice Naomi Ackie Channing Tatum
Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni?

Vi raccontiamo questa storia non perché vi siete sbagliati, questa è la recensione del film, ma perché dice molto di ciò che aveva in testa l'attrice e figlia d'arte per il suo esordio dietro la macchina da presa. Un taglio meno interpretabile e sibillino, ma più netto, mirato al senso politico della pellicola, senza troppi giri di parole. Un film quindi in primis provocatorio e che, nonostante il format classico da mistery horror è, nei fatti, molto deciso nel suo sviluppo, avendo soprattutto l'obiettivo di inchiodare lo spettatore.

Una strada a metà tra l'arroganza e il coraggio, quella scelta da Kravitz che, nonostante dei problemi di composizione, dà vita a qualcosa di derivativo (quasi postmoderno), ma anche audace, sia in termini di regia che di scrittura, dove osa miscelare diversi registri linguistici, mettendo tanta carne al fuoco e prendendosi anche diverse responsabilità. Come se non bastasse dover gestire un cast con diversi nomi di prima fascia, tra cui dei veterani come Christian Slater e Geena Davis, e affrontare un tema così delicato e complesso come quello che si porta dietro in modo spudoratamente affilato e pop.

L'isola del Re

Blink Twice Scena
Gruppo vacanze di Blink Twice.

Slater King (Channing Tatum) è un po' l'archetipo dei maschi di potere, quelli che sempre più spesso vediamo nelle notizie, con evidenti problemi con mamma o papà e che fanno successo per poi cadere in disgrazia a causa di comportamenti abusanti. Se però nella realtà è molto difficile vederli riabilitati, in Blink Twice accade il contrario, infatti il bello e dannato Slater pare aver convinto il mondo di essere cambiato grazie ad un profondo percorso terapeutico e un ritiro spirituale nella sua isola personale, in compagnia di... polli.

Ha convinto tutti, anche Frida (Naomi Ackie), una ragazza che sbanca il lunario a fatica, ma punta più in alto, tipo all'interesse di un archetipo dei maschi di potere uscito da Abercrombie & Fitch. L'opportunità da cogliere capita quando, insieme alla sua migliore amica Jess (Alia Shawkat), si spoglia dei suoi panni invisibili da cameriera per indossare il vestito buono e presentarsi, più o meno, al cospetto dell'uomo, dal quale viene accolta con un interesse tale da inserirla all'interno del gruppo di vip suoi compagni di merende. Dal suo migliore amico d'infanzia Cody (Simon Rex) e al terapista che pare aver fatto il miracolo della redenzione, Rich (Kyle MacLachlan). Che poi è il personaggio che fa la battuta ripresa dal titolo.

Blink Twice Naomi Ackie
La realtà sta negli occhi di guarda.

La serata va talmente bene che le ragazze vengono invitate ad un unirsi alla consueta vacanza ristoro nell'isola di Slater, ovvero ad un party no stop in un resort di lusso, serviti e riveriti in qualsiasi senso possibile. C'è però qualcosa di strano dietro un invito così generoso, come notano non solo le nostre outsider, ma anche un'altra invitata dell'ultima ora, Sarah (Adria Arjona). Come se il divertimento diurno fosse sporcato da qualcosa che vive in un antro piccolo della memoria, difficile da mettere a fuoco, ma minaccioso nel suo contenuto. La situazione scoppia quando una delle ragazze, improvvisamente, sparisce.

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Blink Twice: un film squilibrato per un discorso lucido

Blink Twice Naomi Ackie Adria Arjona
Best friends forever.

È comprensibile che Zoë Kravitz abbia voluto giocare con la struttura di Blink Twice, perché essenziale nella sua concezione e soprattutto già digerita dal grande pubblico e quindi spiegabile in poco tempo. Poco tempo, come quello che il film si prende per organizzare le proprie premesse, deciso fin dall'inizio, come non accade spesso in un esordio. I problemi stanno in come la regista abbia deciso di infarcire tale struttura una volta innalzata, mischiando tante cose insieme, disseminando troppi indizi e aprendo parentesi senza poi avere più la necessità di chiuderle. Criticità nate nel tentativo di sviare una trama già vista (si arriva addirittura all'autoironia) e nel miscelare troppe soluzioni di genere e di regia. D'altro canto quest'ultima considerazione può essere letta anche come una sperimentazione coraggiosa.

Ci sono poi scelte più felici, tipo quella del lavoro sullo sguardo, che si appoggia ai meravigliosi occhi di di Naomi Ackie (quasi un alter ergo di Kravitz e consapevole di essere alla potenziale svolta della carriera), richiamandoli spesso, memore di quell'idea molto cinematografica che con i nostri occhi creiamo la realtà e i ricordi. Ricordi, altra parola chiave, utilizzata spesso nel film. I ricordi sono materia delicata e bisogna avere cura di crearne sempre di buoni, per il resto il dimenticare è una benedizione. L'alterazione della memoria crea uno status di finzione, tipo quella dell'isola, tipo quella del successo, della vita in vetrina, della vita instagrammabile.

Blink Twice Set Zoe Kravitz
Zoë Kravitz sul set di Blink Twice.

Un bell'apparato tematico in cui Blink Twice inserisce una ferma, violenta, commerciale (quasi da B-movie) condanna al terribile maschio contemporaneo e alle relazioni tossiche, indossando sempre la prospettiva femminile e con il merito di metterla in crisi. L'attrazione verso la tossicità sta anche nelle protagoniste del film, le quali scoprono che solo nella collaborazione possono superare la competizione che il mondo (soprattutto quel mondo, quello del desiderio, dove c'è la promessa di non essere più invisibile) impone loro.

Conclusioni

L'esordio alla regia di Zoë Kravitz è un film politico dal cuore provocatorio e dalle intenzioni quasi revansciste, intese come guerra di genere. Blink Twice è un film tutto al femminile in cui la figlia d'arte riversa il suo sguardo sul mondo (soprattutto quello a cui appartiene lei), confezionando un titolo che fatica a gestire la prevedibilità del suo intreccio, mettendo troppa carne al fuoco, ma ha il pregio del coraggio dell'osare e, soprattutto, della lucidità nella strutturazione del suo focus tematico.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.3/5

Perché ci piace

  • Le prove do Naomi Ackie e Adria Arjona.
  • La costruzione del percorso tematico.
  • Alcune soluzione registiche...

Cosa non va

  • ...ma a volte strano.
  • L'intreccio è comunque già visto.