Il "cattivo ragazzo" dei Take That, a 50 anni appena compiuti, ha ancora gli occhi che brillano: Robbie Williams è nato per stare su un palco e intrattenere il pubblico. Lo dice lui stesso in Better Man, film che racconta l'ascesa (e le varie discese) della sua carriera. Sempre con due forze motrici a guidarlo: il desiderio di amore e un'inclinazione all'autodistruzione.
Il film di Michael Gracey, già autore di The Greatest Showman, racconta questo lato della pop star inglese senza censure: poche volte abbiamo visto un biopic così sincero, con il protagonista che mostra senza alcuna vergogna la dipendenza da diverse sostanze, dalla droga all'alcol, passando per sesso e cibo. Ed è proprio questa voglia di distinguersi dal mucchio che ha fatto decidere a Williams e Gracey di non sceglie un attore per interpretare il cantautore, ma di fargli narrare in prima persona la sua storia, con una scimmia come alter ego. Gli occhi però sono proprio i suoi: sono stati scannerizzati per renderli più veri possibile.
Perché proprio una scimmia? Lo ha detto lo stesso Robbie Williams a Roma, dove ha presentato il film prima alla stampa e poi al pubblico, con tanto di mini concerto per i fortunati che hanno assistito all'anteprima, organizzata da Lucky Red in Collaborazione con Alice nella città, all'Auditorium Ennio Morricone: "Perché è così che mi vedo: in questo modo il pubblico può vedere esattamente ciò che vedo io. E poi perché ci sono troppi biopic tutti uguali in giro, ci hanno stancato! E soprattutto troppi biopic ripuliti: questo non è così: non abbiamo edulcorato i punti più difficili. Ci ho masso la mia autenticità. Per ora il film è stato liberatorio: ho un grande desiderio di condividere la mia storia. Ma se non sarà un successo sarà terribile. Dovrò fare ancora più terapia!".
Better Man: intervista a Robbie Williams sul red carpet di Roma
La sincerità e la spontaneità sono sempre stati un tratto distintivo del ragazzino di Stoke-on-Trent, il più giovane dei Take That, la boy band che negli anni '90 ha fatto impazzire le ragazzine (e non solo) di tutto il mondo. Come è nato però il desiderio di un film come Better Man, visto che si era già raccontato in prima persona nel documentario Netflix che porta il suo nome?
"Non ho fatto questo film per altruismo, non volevo curare o aiutare altre persone. L'ho fatto per motivi di carriera: per creare attenzione su di me. Cerco attenzione per professione: se non ce l'ho non esisto. È lo stesso motivo per cui ho fatto il documentario Netflix. Però, detto questo, ho avuto una quantità di affetto enorme quando è uscito il documentario: tantissime persone si sono riviste in me e, in qualche modo, le ho aiutate. Incredibilmente il mio essere narcisista ha fatto del bene agli altri! Quindi se, oltre a diventare un grandissimo successo, qualcuno potrà trovare conforto nel mio film, sarà la ciliegina sulla torta".
Come è nata l'idea del film
Appurato che per Williams ogni scusa per raccontarsi è buona, come mai ha scelto di lavorare con Michael Gracey? A quanto pare è tutta colpa di Hugh Jackman: sul set di The Greatest Showman l'attore citava in continuazione Robbie Williams come fonte di ispirazione. E, quando non si è sentito sicuro di ciò che stava facendo, il regista gli ha fatto trovare la giusta motivazione: "Hugh Jackman è fissato con la musica di Robbie Williams: sul set di The Greatest Showman lo citava spesso. Lo abbiamo citato talmente tanto che alla fine sono andato da lui e gli ho fatto ascoltare le musiche del film. Quindi gli ho fatto registrare un video per dire a Hugh che stava andando benissimo. Hugh Jackman quindi, dopo la benedizione di Rob, ha continuato a lavorare al musical". In questo modo Gracey e il cantante hanno fatto amicizia. E il resto è storia.
A quel punto bisognava scegliere le canzoni di Robbie Williams da inserire nella pellicola e come costruirci una storia attorno. Gracey ha seguito un criterio narrativo: "La discografia di Robbie permette di scegliere tra tantissime hit. Ovviamente abbiamo dovuto dare un contesto a tutte, perché non sono state scritte con l'intenzione che hanno finito per avere nel film".
Un tema a cui entrambi tenevano parecchi è quello della salute mentale: non a caso alla fine di Better Man c'è un messaggio che consiglia un centro di aiuto. Per Gracey era fondamentale parlarne: "Rob è cresciuto con tutto il mondo a giudicarlo, perché è una persona famosa. Ma oggi, con i social media, capita a tutti di esseer giudicati in continuazione. E questo può essere molto pericoloso per le persone giovani. È per questo che alla fine del nostro biopic c'è il messaggio per aiutare chi ha pensieri suicidi. È importante parlare di questi temi".
Il difficile rapporto con il corpo
In Better Man Williams si apre su diversi dolori della sua vita: il difficile rapporto con il padre, Peter Conway, il senso di colpa per non esserci stato alla morte della nonna e la spiccata tendenza alla dipendenza. Il rapporto con il proprio corpo è centrale per Williams: "_Per me è sempre stato fonte di malattia: prima di tutto mentale. Ho sempre avuto difficoltà con il peso, soffro di dipendenze**. Da droghe, sesso, cibo. Oggi ho smesso con la droga, l'alcool e anche il sesso. Il cibo invece no: continuo ad averci un rapporto difficile. Quando ero piccolo penso di aver sviluppato una neurosi che è ancora con me. I problemi con il mio corpo persistono ancora. Ma sono comunque fottutamente sexy! Sto meglio, ma può essere fonte di grande vergogna e dolore. È sempre stato molto importante e problematico_".
Sanremo, i mondiali e l'Italia
Robbie Williams ama l'Italia. Forse lo dice in tutti paesi dove va a esibirsi, ma durante il concerto a Roma ha ricordato quando si esibì a San Siro, a Milano, nel 2006, proprio nell'estate dei Mondiali vinti dagli Azzurri. E per dimostrare il suo entusiasmo ha intonato anche il coro dei "campioni del mondo". E ha anche detto di voler comprare una squadra nostrana. A chi gli chiede invece cosa ricorda della sua esperienza a Sanremo nel 1994 dice ridendo: "Ero strafatto, non ricordo nulla! Ma mi piacerebbe essere invitato di nuovo". Carlo Conti, se ci sei, prendi nota.
Ospite anche alla finale di X-Factor, ci ha tenuto a dire che il calore del pubblico italiano si fa sentire: "La tv in Italia è diversa rispetto a quella che si fa in UK: da noi sono tutti precisi, calmi, in giacca e cravatta. Qui invece c'è un casino incredibile nel backstage: tutti corrono, urlano. Ma poi invece le cose si fanno e sono perfette. Stando a X-Factor ho capito meglio gli Italiani: e li amo! Ho amato il calore e la passione. Se la comprendi, non puoi fare a meno di innamorarti dell'Italia".
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Take That: amore e odio
Ai fan che gli chiedono urlando di una reunion dei Take That (sarebbe la seconda, dopo quella del 2010) la pop star non risponde, si limita a sorridere. Ha però detto chi di loro ha visto il film: soltanto uno, ovvero Mark Owen, che anche nel film viene definito come "adorabile". È il membro della boy band con cui è rimasto in buoni rapporti. Non ha poi fatto altri nomi, limitandosi a dire: "Gli altri due invece sicuramente non lo vedranno al cinema. Probabilmente lo faranno tra qualche anno, a casa, in streaming, guardandolo in sogno, mentre si coprono il viso con le mani". Quasi certamente si riferisce a Howard Donald e Jason Orange. Gary Barlow non viene preso nemmeno in considerazione: la rivalità e l'astio tra i due è noto, tanto che anche nel film viene sottolineato. Anche se, sembra di capire che, a modo suo, usando un cocomero, Williams ha chiesto scusa allo storico rivale. E sì: la storia del cocomero è assolutamente vera.