Attenti a ciò che desiderate, perché potreste ottenerlo. Robbie Williams, con coraggio e spassionata sincerità, guarda in faccia se stesso in un biopic che non sbaglia una nota (ed è riduttivo affibbiare un'etichetta). Robbie, occhi negli occhi guarda in faccia i suoi demoni, le sue storture, il suo talento. Fa a pezzi l'idealizzazione della fama, distruggendo per ricostruire. Ancora e ancora. Non è un biopic come gli altri, Better Man di Michael Gracey. Non lo è, e non vuole esserlo.
Perché con rabbia e dolore, l'iperbole scenografica cercata dall'ottimo Gracey riesce a essere cinema di sperimentazione visiva, cacofonica e spregiudicata, perfetta anche quando la corsa deraglia, esagerando in un gioco di narrativa e di musica, miscelando il tutto in un sogno infranto e, di nuovo, ristrutturato.
Partiamo forte, fortissimo, nel raccontarvi - o almeno ci proviamo - cosa siano i 134 minuti di Better Man. Noi, figli degli anni Novanta, figli di Top of the Pops, figli di uno dei migliori album degli ultimi trent'anni (parliamo di Escapology, ovviamente). In Better Man, denso e costantemente contraddittorio (e per questo pulsante, imperfetto, vulnerabile come Robbie), abbiamo finalmente ritrovato quel cinema costruito seguendo solo le regole delle più semplici e schiette emozioni.
Better Man: vita, tormenti e miracoli di una pop-star
Scritto da Simon Gleeson, Oliver Cole e Michael Gracey, con la produzione avallata dallo stesso Williams, Better Man inizia nel fango dei campi da calcio della provincia inglese. Sotto una pioggia che non smette di scendere un ragazzino bullizzato di nome Robert torna a casa, in tempo per cantare My Way insieme al papà Peter (Steve Pemberton). Quel papà che, nel bene e nel male, segnerà il destino di Robert diventato Robbie: Better Man, quindi, imprime l'istantanea frullata di cosa sia stata l'ascesa e poi lo schianto e ancora la risalita di una delle più grandi pop star della storia.
I Take That, la carriera da solista, l'amore con Nicole Appleton (Raechelle Banno) riassunto in una delle migliori sequenze da musical dell'anno (sulle note di She's the One). E, ancora, la dipendenza, che consuma, trasforma, affligge. In mezzo, il rimorso e la rabbia, gli spettri e il rancore, la voglia di essere il più grande, come Frank Sinatra. Ma anche l'umanità. Talmente tanta che esce fuori, trabocca e invade cuore, pancia e occhi. La storia di un ragazzo divenuto immortale, che avrebbe scambiato un concerto da 125mila persone per una serata ancora sul divano con la nonna Betty (Alison Steadman), spalla a spalla a guardare la televisione e mangiare patatine.
Se Robbie Williams diventa una scimmia (senza farcene accorgere)
La musica, dicevamo. Better Man è intriso di musica. Angel, Something Beautiful, Feel, Come Undone. Le hit di Robbie Williams ci sono tutte, e tutte sono inserite in modo assolutamente organico rispetto alla narrazione che, impetuosa, si carica come se fosse una molla pronta ad esplodere, liberando una visione altamente cinematografica e altamente coinvolgente. Davvero, da un film biografico non si potrebbe volere di più: c'è l'originalità, c'è l'estro e c'è l'emotività che, seguendo umore ed istinto, non lesina quella commozione propedeutica nello stabilire un rapporto sensibile e sincero rispetto al personaggio divenuto personificazione dei nostri sogni. L'idea di perfezione, l'ambizione coltivata da Robbie Williams, bolide infuocato che punta al sole (e quindi all'auto-distruzione), sfiorando le tenebre e riemergendo grazie ad un abbraccio.
C'è poesia, c'è potenza, c'è armonia in ogni scena e in ogni dialogo, sporcato e urlato: un sovraccarico di sensazioni che fanno a botte tra loro, stirando un sorriso e poi una lacrima. C'è l'accusa, mai velata ed anzi arrabbiata, di cosa sia lo show-biz musicale. Di quanto ogni artista sia consumato e prosciugato, ossessionato dal giudizio altrui, interdetto di fronte alla propria immagine. Miraggi, utopie e gabbie d'orate. E allora chi è Robbie Williams, si domanda Better Man. Chi è quel ragazzotto dagli occhi vispi, arrogante e narciso, ardente di genio e di ego. Cosa'è che fa la differenza, nella vita di un uomo, chiede Better Man.
La risposta? È sempre nelle scelte. Quelle scelte che determinano chi siamo, e cosa siamo. In bilico tra sogno e tragedia, tra dramma e felicità. Ah, dimenticavamo: Robbie Williams, nel film, ha le sembianze di una scimmia perché, a detta sua, e come ci dice all'inizio del viaggio, si è sempre sentito "meno evoluto" rispetto agli altri. Dettaglio che farebbe la differenza anche se no, proprio non ce n'eravamo accorti. Noi, sullo schermo, vedevamo solo Robbie. Sì, con Better Man siamo dalle parti della folgorazione, e forse anche un po' più in là.
Conclusioni
Esagerato, potente, armonioso, poetico. Oltre il biopic, Better Man è cinema allo stato puro. Emotivo e rilevante nell'identificazione di Robbie Williams come uomo e solo dopo come artista. Ogni brano è al giusto posto, organici in una struttura che tende ad esplodere, sfiorando sia il sogno che la tragedia. Non avremmo potuto volere di più.
Perché ci piace
- Il confine perfetto tra sogno e tragedia.
- La scelta di 'mascherare' Williams da scimmia.
- Ogni brano, perfettamente inserito.
- Alcune scene valgono da sole l'intero film.
Cosa non va
- Potrebbe durare dieci minuti di troppo.