Nella mia professione, finché non sei conosciuta come un mostro, non sei una star.
"Madre di tre figli, divorziata. Americana. Trent'anni di esperienza come attrice cinematografica. Ancora dotata di mobilità e più affabile di quanto si dice. Gradirebbe un impiego fisso a Hollywood. Referenze su richiesta". Nel settembre 1962, su Variety compariva questo annuncio con il nome, la foto e il recapito di Bette Davis: un aneddoto ormai leggendario, ma anche un perfetto esempio dell'ironia, dell'intraprendenza e del temperamento orgoglioso di una professionista che ha sempre anteposto il proprio statuto di attrice all'essere una star. E Bette Davis è stata davvero un'attrice grandissima: non solo fra le più talentuose ad aver mai calcato i set cinematografici, recitando in alcuni fra i migliori film dell'epoca, ma anche in grado di camminare a testa alta nella Hollywood dello studio system, senza piegarsi ai suoi meccanismi.
Per riuscirci, Ruth Elizabeth Davis ha avuto bisogno di una determinazione di ferro: quella determinazione che spesso ha avuto occasione di trasferire ai propri personaggi, che l'ha spinta a tuffarsi in imprese piuttosto rischiose e che talvolta, complice una certa diffidenza sessista verso le donne di carattere, le è valsa una reputazione di attrice non semplice da gestire. Non che lei stessa non fosse disposta ad ammetterlo: "Sono stata conosciuta come una persona difficile per cinquant'anni, in pratica. Ed è sempre stato per realizzare il miglior film che potessi fare!". E almeno su quest'ultima parte, aveva ragione: alcuni fra i maggiori film della Hollywood classica semplicemente non esisterebbero, non come li conosciamo oggi, se non fosse stato per Bette Davis.
Gli occhi di Bette Davis, Lady di ferro di Hollywood
Nata nella città di Lowell, in Massachusetts, il 5 aprile 1908, a tredici anni Ruth Elizabeth va a vivere a New York; soprannominata fin da piccola Betty, sceglierà di cambiare il proprio nome in Bette dopo aver letto La cugina Bette di Honoré de Balzac, forse già un indizio della sua empatia per personaggi romanzeschi in balia delle proprie passioni. La sua ascesa nel mondo dello show business seguirà il paradigma di altri attori emergenti della stessa generazione: a ventun anni corista in palcoscenico, dopo un provino nientemeno che con George Cukor, e il debutto a Broadway, per poi approdare a Hollywood e, nel 1931, esordire sul grande schermo in The Bad Sister. La Davis, però, dovrà aspettare altri tre anni prima di arrivare al successo tanto agognato.
Il film della svolta è Schiavo d'amore di John Cromwell, melodramma tratto dal romanzo di William Somerset Maugham: Bette Davis incanta le platee nella parte di Mildred Rogers, volitiva cameriera che ruba il cuore di un giovane medico, e da lì a breve diventerà la diva di punta della Warner Bros, nonostante un furioso braccio di ferro legale (la Davis sarà una delle primissime star che oseranno opporsi allo strapotere contrattuale degli studios hollywoodiani). Dopo la candidatura mancata per Schiavo d'amore, nel 1935 Bette riceve l'Oscar come miglior attrice per Paura d'amare e continuerà ad inanellare un trionfo dietro l'altro. L'espressività infuocata nello sguardo della donna sarà il suo tratto distintivo, tanto da ispirare la canzone Bette Davis Eyes, che nell'incisione di Kim Carnes del 1981 si rivelerà una delle massime hit discografiche di sempre.
Stacanovista infaticabile, pronta a sacrificare la propria immagine glamour in funzione delle necessità del set, dagli anni Sessanta Bette Davis sceglie di alternare il cinema alla televisione cimentandosi con ruoli e generi di ogni tipo, fra cui quella peculiare declinazione dell'horror definita hagsploitation. Neppure i suoi problemi di salute, incluso l'ictus che dal 1983 che le paralizza una parte del viso, basteranno ad arrestare questa forza della natura, che alle soglie degli ottant'anni torna ad emozionare il pubblico ne Le balene d'agosto di Lindsay Anderson (1987). E a trent'anni dalla sua scomparsa, ripercorriamo la straordinaria carriera di Bette Davis con una rassegna, in ordine cronologico, di sette magnifici ruoli che hanno contribuito a costruirne il mito.
1. La figlia del vento (1938)
Nel 1938, mentre la MGM è impegnata nelle riprese di Via col vento, la Warner Bros decide di giocare in anticipo portando nelle sale un film molto simile, La figlia del vento, diretto da William Wyler sulla base della pièce teatrale Jezebel di Owen Davis: un dramma romantico ambientato nel Sud degli Stati Uniti, in Louisiana, alla metà dell'Ottocento, e incentrato su una ragazza dell'alta società, Julie Marsden, che tenta di riconquistare l'amore del banchiere Pres Dillard (Henry Fonda). Per Bette Davis, che aveva tentato invano di aggiudicarsi la parte di Rossella O'Hara, si tratta di un veicolo divistico infallibile: un personaggio affascinante e indipendente, in cui si combinano ostinazione e desiderio. Grazie a La figlia del vento, la Davis vincerà il suo secondo premio Oscar come miglior attrice.
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2. Tramonto (1939)
E a proposito di Oscar, la seconda di cinque nomination in cinque anni consecutivi (un record imbattuto) Bette Davis la otterrà nel 1939 per Tramonto di Edmund Goulding, altra trasposizione dal palcoscenico accolta con enorme fortuna dal pubblico cinematografico. Eleganza, charme, fierezza e romanticismo: ingredienti che la Davis indossa come un guanto impersonando Judith Traherne, ricca socialite di Long Island, afflitta da un male incurabile ma tenuta all'oscuro della gravità delle proprie condizioni dal dottore che l'ha in cura, Frederick Steele (George Brent), il quale finirà per innamorarsi di lei.
3. Ombre malesi (1940)
Il sodalizio fra Bette Davis e il regista William Wyler prosegue nel 1940 con Ombre malesi, adattamento del racconto di Somerset Maugham The Letter: un magistrale melodramma a tinte noir ambientato nell'esotica cornice delle piantagioni della Malesia. Dall'indimenticabile incipit del film, con un omicidio nel cuore della notte, Bette Davis disegna una protagonista sfuggente ed ambigua: Leslie Crosbie, una donna britannica processata per aver ucciso il suo presunto aggressore, ma che potrebbe nascondere una verità ben diversa. E l'attrice, in una performance giocata spesso in sottrazione, fa leva soprattutto sul suo sguardo magnetico per suggerire il complesso universo emotivo di un personaggio dilaniato fra pulsioni contrastanti.
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4. Piccole volpi (1941)
Ancora una collaborazione fra la diva e William Wyler, che nel 1941 portano sullo schermo Piccole volpi, versione cinematografica del celebre testo teatrale di Lillian Hellman, interpretato a Broadway da Tallulah Bankhead. Ma per il proprio ritratto di Regina Hubbard Giddens, matriarca di una famiglia dell'alta borghesia del Sud degli Stati Uniti, Bette Davis sceglierà una direzione differente: dipingere una donna spregiudicata e calcolatrice, il cui cinico pragmatismo si scontrerà invece con l'atteggiamento del marito Horace (Herbert Marshall) e della figlia Alexandra (Teresa Wright). Fra i più splendidi esempi di cinema di derivazione teatrale, Piccole volpi consente alla Davis di dar vita a uno dei suoi personaggi più cupi e memorabili; e nel finale Wyler le regala un silenzioso primo piano che suggella la ferocia di Regina, ma anche il suo amaro destino di solitudine.
5. Perdutamente tua (1942)
"Non chiediamo la luna... abbiamo già le stelle": una delle battute più famose della Hollywood classica è quella pronunciata da Charlotte Vale all'indirizzo di Jerry Durrance (Paul Henreid), un uomo sposato conosciuto durante una crociera in Sud America, in Perdutamente tua di Irving Rapper. Il film, tratto dal romanzo Now, Voyager di Olive Higgins Prouty e accolto nel 1942 da un enorme successo, è uno dei più coinvolgenti classici del cinema sentimentale; e Bette Davis, in una delle sue più belle performance di sempre, compie una miracolosa trasformazione da ragazza repressa e nevrotica, succube di una madre tirannica, a giovane donna che per la prima volta sperimenterà i palpiti e la sofferenza di un amore impossibile.
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6. Eva contro Eva (1950)
Fra tutti i ruoli di Bette Davis, Margo Channing è senza dubbio quello a cui la sua immagine rimarrà legata in maniera indissolubile: anche perché, se dovessimo scegliere una singola interpretazione in grado di esprimere appieno l'intensità, la profondità e il carisma della Davis, non potrebbe che essere quella da lei fornita nel 1950 in Eva contro Eva. Intramontabile capolavoro scritto e diretto da Joseph L. Mankiewicz, premiato con sei Oscar e considerato uno dei film più importanti nella storia del cinema, Eva contro Eva è imperniato sul dualismo fra il personaggio del titolo, l'aspirante attrice Eve Harrington di Anne Baxter, e la Margo Channing della Davis, egocentrica diva del palcoscenico che sta sperimentando le inquietudini e i turbamenti dell'età che avanza.
Ricompensata con il premio come miglior attrice al Festival di Cannes, Bette Davis domina la scena ogni volta che compare sullo schermo, provocando un corto circuito fra il reale stato emotivo del proprio personaggio e la sua endemica tendenza alla recitazione, sintetizzata in una battuta ormai proverbiale: "Prendete il salvagente! Stasera c'è aria di burrasca" ("Fasten your seatbelts! It's going to be a bumpy night").
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7. Che fine ha fatto Baby Jane? (1962)
Nel 1962, un mese dopo il suo annuncio su Variety, Bette Davis ritorna all'improvviso sulla cresta dell'onda con un film avviato a diventare un cult, e che le avrebbe fatto conquistare la sua decima e ultima nomination all'Oscar come miglior attrice (all'epoca, un record): Che fine ha fatto Baby Jane?, trasposizione di un romanzo di Henry Farrell ad opera del regista Robert Aldrich. Nei panni di Jane Hudson, ex bambina prodigio che vive insieme alla sorella invalida Blanche (Joan Crawford, storica rivale della Davis), l'indomita Bette disegna un personaggio patetico e grottesco, dai tratti quasi mostruosi. Incurante che il proprio aspetto sia invecchiato e deturpato dal trucco, la diva cinquantaquattrenne costruisce così una villainess da antologia: una sadica carnefice eletta a simbolo dell'intero filone della hagsploitation. A metà strada fra il thriller e l'horror, Che fine ha fatto Baby Jane? è ancora oggi una pietra miliare del cinema di genere, la cui lavorazione sarà rievocata nel 2017 nella miniserie televisiva Feud: Bette and Joan, dedicata appunto al burrascoso rapporto fra le due star.
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