La moderna comunicazione è talvolta molto frustrante. Prendiamo per esempio le video interviste. Offrire meno di quattro minuti di Robert Zemeckis a un pubblico di appassionati cinefili è un delitto. Si riesce a malapena a parlare del suo film Benvenuti a Marwen, ultima magnifica creazione di un cineasta tra i più importanti della storia del cinema.
Ma come mille avvocati in pasto agli squali, è meglio di niente. In realtà la battuta era "un buon inizio", ma ci sta bene lo stesso. In ogni caso, scambiare quattro chiacchiere con l'uomo che ha viaggiato nel tempo, ha diretto sullo stesso set Paperino, Bugs Bunny e Betty Boop, ha fatto conoscere tre presidenti a un uomo non molto sveglio, ma che sapeva cos'era l'amore, è stato un piacere e un privilegio. Uomo di poche parole, a dire il vero, molto più pratico, soprattutto sul set, almeno a detta di Steve Carell, la sua star in Benvenuti a Marwen. "Un Maestro, sa sempre perfettamente quello che fa, ha una visione del cinema straordinaria". Benvenuti a Marwen ne è l'ulteriore conferma, se mai ce ne fosse bisogno.
Zemeckis e i suoi personaggi outsider
La storia di Mark Hogancamp - di cui abbiamo parlato anche nella nostra Recensione Benvenuti a Marwen - è quella di un disegnatore che ha perso la memoria, e anche la testa, a causa di un brutale pestaggio da parte di una banda di neonazisti americani, non poteva che affascinare un autore che di personaggi borderline sembra non averne mai abbastanza. "Ho visto Marwencol per caso, in televisione, e ho subito pensato che potesse venirne fuori un gran bel film. Amo molto i documentari, ne vedo centinaia ogni anno, voto per la categoria agli Oscar e mi piace vederli tutti, se posso". Mark Hogancamp è un altro degli antieroi di cui Zemeckis si è da sempre nutrito, tutti tasselli di un universo solo apparentemente fantastico. Ernest Menville/Bruce Willis ne La morte ti fa bella è un uomo che combatte contro l'aberrazione di non accettare il tempo che passa, Ellie Arroway in Contact piega il tempo cercando di rubare quello che non ha potuto avere, Whip Whitaker mette nel sacco governo e assicurazioni, perché un pilota di razza può atterrare ovunque e in qualunque situazione. Redimersi è solo una sua scelta.
"Credo che la ragione per cui mi piacciono gli outsider sia perché è facile per il pubblico entrare nelle loro storie" ci ha detto a Londra Robert Zemeckis, quando lo abbiamo incontrato per parlare di Benvenuti a Marwen. "Sono storie molto dinamiche e drammatiche, e osservare un personaggio che riesce a superare le proprie difficoltà è da sempre fonte di ispirazione e di speranza". Sovversivi, tutti, le donne e gli uomini di Zemeckis non si fermano davanti a niente. E sono tutti ossessionati dal tempo. Quello che ci sarà, quello che passa ed è passato. O quello che non c'è più, proprio come nel caso di Mark Hogancamp, a cui è stato sottratto, e lui, indomito, lo ricostruisce. Che poi è quello che fa ogni regista, lo manipola, lo regola, aggiusta a piacimento suo per piacere a un pubblico che il tempo non sempre lo riesce ad accettare.
La politica e l'America contemporanea nel cinema di Zemeckis
"L'arte in sé, in ogni sua forma, è una manipolazione del tempo", ci ha detto Zemeckis, e il cinema più che mai. Un concetto che ha sempre avuto chiarissimo. La dimostrazione sta nelle decine di volte che abbiamo visto ogni singolo film della trilogia di Ritorno al futuro. Un esempio non casuale. Il cinema di Zemeckis non sottrae: sostituisce e aggiunge. È l'equazione base di tutti quelli che lavorano con la materia dei sogni, rendendoli più tangibili della realtà. È quello che ha sempre fatto l'uomo che ha creato Cartoonia, che ci ha reso naufraghi felici in compagnia di un pallone da volley, che ci ha fatto camminare su un sottile cavo d'acciaio tra due grattacieli che non ci sono più, come in The Walk. Un film a cui tiene particolarmente.
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"Molti pensano che abbia deciso di raccontare la storia di Philippe Petit dopo avere visto il documentario di James Marsh. Ma non è andata così. Avevo iniziato a progettare il film molto prima, poi per varie ragioni ho dovuto rimandarlo più volte e nel frattempo è uscito Man on Wire. Ma quella passeggiata mi aveva colpito da tempo". Anche quello un film con un forte sottotesto politico, come ammette essere anche Benvenuti a Marwen, che è una evidente metafora dell'America contemporanea, bullizzata da un solo uomo, una questione sulla quale si limita a dire che "è un problema di cui sarebbe il caso di iniziare a parlare", frase affatto pacata a dispetto delle apparenze.
Avremo sempre bisogno di Bob Zemeckis, e di tutte le sue molte incarnazioni. La prossima avrà le fattezze di Dwayne Johnson e racconterà la storia del più grande re delle Hawaii, Kamehameha. Ne è arrivata conferma con una foto su Instagram che li ritrae sorridenti a parlare di The King. Ma perché proprio lui? "Perché nessuno ha mai raccontato la sua storia. In realtà ero indeciso tra questo film e un altro progetto a cui tengo molto e che sarà probabilmente il prossimo. Ma su questo non dico niente".
La video intervista a Robert Zemeckis