È un volto familiare, benevolo, perfino rassicurante, quello di Benjamin Edward Stiller, conosciuto da tutti semplicemente come Ben Stiller. Un volto che, all'occorrenza, ha saputo trasformarmi in maschera comica, ma assai più spesso ha assolto un'altra funzione, non meno importante: quella di far impersonare all'attore newyorkese il tipico everyman, il protagonista in cui tutti o quasi potremmo immedesimarci o riconoscere alcuni aspetti di noi stessi e della nostra quotidianità.
Forse è proprio questo il segreto della gigantesca popolarità di Ben Stiller: non un mattatore trasformista sul genere di Jim Carrey (l'altra superstar della commedia che, più o meno nello stesso periodo, è riuscita a conquistare l'attenzione delle masse), ma un attore capace di esporre sullo schermo fragilità, insicurezze, goffaggini e piccole idiosincrasie dell'uomo comune. Con una salutare autoironia e con l'intelligenza di sapersi dirigere sopra o sotto le righe, a seconda della situazione, del personaggio, del film.
La commedia nel sangue
Evidentemente, sulla carriera di Ben Stiller qualche influsso la genetica deve pur avercelo avuto: Ben, infatti, è figlio di una coppia di celebri commedianti, Jerry Stiller e Anne Meara, ebrei newyorkesi con radici europee, attivissimi per decenni fra cinema, TV e palcoscenico. Cresciuto nell'ambiente dello show business, Stiller non tarda a mostrare la propria propensione per la recitazione, la regia, il cabaret e le imitazioni. Nel 1987 gira The Hustler of Money, un cortometraggio parodia del film di Martin Scorsese Il colore dei soldi, che gli fa guadagnare la stima dei produttori del Saturday Night Live (nel 1989, infatti, lavorerà per un breve periodo come autore e comico per il celebre show TV); nello stesso anno arriva il primo ruolo al cinema, e in una pellicola del calibro de L'impero del sole, diretto da Steven Spielberg. Ma sono le doti brillanti di Stiller che, all'inizio degli anni Novanta, gli fanno ottenere un ingaggio con MTV, e quindi l'approdo sulla Fox, nel 1992, con un programma di sketch comici dal titolo The Ben Stiller Show, per il quale ottiene un Emmy Award.
Leggi anche: Gli amici dei Friends: la classifica dei migliori guest
Il 1994 è un anno di svolta nella carriera di Ben Stiller, chiamato a dirigere e interpretare il dramedy Giovani, carini e disoccupati: il film, che segna anche il suo esordio dietro la macchina da presa con un lungometraggio, si trasforma in un piccolo cult sulla cosiddetta "generazione X", anche grazie alla presenza di altre due star emergenti del decennio, Winona Ryder ed Ethan Hawke. Da quel momento, il percorso professionale di Ben Stiller prosegue in costante salita: dalla collaborazione con l'amico Owen Wilson, per una decina di occasioni suo partner sullo schermo, all'enorme successo commerciale dei film realizzati a partire dalla fine degli anni Novanta, incluse serie cinematografiche quali la saga familiare dei Fotter e la trilogia di Una notte al museo, con cui Stiller ha più volte sbancato i botteghini. Senza dimenticare le occasioni, rare ma importanti, in cui ha scelto di allontanarsi dalla propria comfort zone per farsi dirigere da autori più sofisticati, dal Wes Anderson de I Tenenbaum (2001) al Noah Baumbach de Lo stravagante mondo di Greenberg (2010) e il recente Giovani si diventa (2015).
Leggi anche: Bizzarri, nevrotici, innamorati: gli irresistibili antieroi del cinema di Noah Baumbach
E oggi, per i suoi cinquant'anni, vogliamo celebrare il compleanno di Ben Stiller rievocando in ordine cronologico cinque fra i personaggi più conosciuti, amati e divertenti nel repertorio dell'attore, in cinque film che, in misura più o meno ampia, hanno contribuito a consolidare la fama di uno dei comici (e non solo) più gettonati d'America...
1. Tutti pazzi per Mary (1998)
Il vero e proprio game changer che, nel 1998, ha catapultato nell'Olimpo delle star più quotate di Hollywood il trentaduenne Ben Stiller, ma soprattutto l'allora venticinquenne Cameron Diaz. Scritto e diretto dai fratelli Farrelly, Tutti pazzi per Mary è stato uno dei più strepitosi successi di fine millennio, con trecentosettanta milioni di dollari d'incasso, ottanta milioni di spettatori in tutto il pianeta e una sorprendente popolarità, dovuta principalmente al ritmo brillante e all'umorismo di grana grossa (e a tratti politicamente scorretto) tipico dei Farrelly. Cameron Diaz ha il ruolo di Mary Jensen, la biondissima "ragazza dei sogni" fin dai tempi del liceo, mentre Stiller, tutt'altro che il tipico leading man delle commedie romantiche, interpreta Ted Stroehmann, l'imbranatissimo ex compagno di scuola di Mary, ancora irrimediabilmente innamorato della ragazza. Con un terzetto di comprimari completato da Matt Dillon, Tutti pazzi per Mary è stato probabilmente un film molto sopravvalutato, ma anche un fondamentale punto di svolta per la carriera di Ben Stiller.
2. Ti presento i miei (2000)
Remake di un film indipendente pressoché sconosciuto del 1992, Ti presento i miei, diretto da Jay Roach, è stato un altro, clamoroso campione d'incassi per Ben Stiller, coinvolto nel progetto per sostituire la prima scelta dei produttori, Jim Carrey. Ancora una volta il ruolo di Stiller è quello di un uomo comune, con le incertezze, l'ingenuità e l'atteggiamento un po' maldestro di qualunque ragazzo si accinga ad incontrare i suoi futuri suoceri. Il nucleo del film, che si appoggia su un'idea semplice ma efficacissima, consiste infatti nella diffidenza e nella feroce ostilità di Jack Byrnes (Robert De Niro), inflessibile agente della CIA in pensione, nei confronti di Greg Fotter, il fidanzato di sua figlia Pam (Teri Polo), in procinto di trascorrere un weekend nella casa di Jack e della moglie Dina (Blythe Danner). Commedia frizzante, basata su un ottimo ritmo e ricca di gag (particolarmente famosa la scena in cui il malcapitato Greg viene sottoposto al test della macchina della verità), Ti presento i miei ha avuto una tale fortuna da aver portato, nel 2004, alla realizzazione di un sequel dal successo ancora maggiore, Mi presenti i tuoi? (mezzo miliardo di dollari d'incasso), che per l'occasione ha visto nel cast due new entry di lusso come Dustin Hoffman e Barbra Streisand, e di un ulteriore sequel nel 2010, il deludente Vi presento i nostri.
3. Zoolander (2001)
Nel 2001, oltre a far parte del variegato cast di una delle commedie più acclamate del decennio, I Tenenbaum, Ben Stiller è tornato dietro la macchina da presa per un progetto di cui è insieme regista, produttore, co-sceneggiatore e protagonista: Zoolander. Un film che, benché oggi goda di una notevole popolarità, all'epoca della sua uscita è stato tutt'altro che un instant classic: distribuito negli USA pochi giorni dopo gli attentati dell'11 settembre, Zoolander ha riportato incassi al di sotto delle aspettative ed ha riscosso un responso molto freddo nel resto del mondo, salvo poi guadagnare un cospiscuo numero di fan con il passare degli anni. Il personaggio di Derek Zoolander, modello vanesio dalla bizzarra acconciatura e di impressionante stupidità, viene interpretato da uno Stiller simpaticamente sopra le righe al fianco del suo amico e collega Owen Wilson, qui nei panni di Hansel McDonald, l'acerrimo rivale di Zoolander. Traboccante di gag e di tormentoni (ormai proverbiale il motto "bello bello bello in modo assurdo"), pieno zeppo di comprimari celebri e di camei di lusso (perfino David Bowie!), Zoolander ci offre un ritratto pungente e demenziale dell'ambiente dell'alta moda e del suo carattere effimero; e il 12 febbraio, Stiller e Wilson torneranno a calarsi nei rispettivi personaggi per Zoolander 2, l'atteso sequel in arrivo a ben quindici anni di distanza dal film originale.
Leggi anche: Il Rat Pack e i suoi eredi: piccoli film tra amici
4. Tropic Thunder (2008)
Se in Zoolander Ben Stiller prendeva di mira il mondo della moda, sette anni dopo, per il suo ritorno dietro la macchina da presa, l'attore e regista americano ha deciso di descrivere invece un ambiente che conosce alla perfezione: l'industria cinematografica. Tropic Thunder, divertente satira cinematografica del tutto folle e sopra le righe, sulle orme delle classiche parodie di Mel Brooks, è infatti una scatenata sarabanda di gag e di invenzioni (a partire dai finti trailer) che ruotano attorno ad un "film nel film": Tropic Thunder è infatti il titolo di un dramma sulla Guerra del Vietnam che vedrà protagonisti Tugg Speedman (Ben Stiller), star in declino in cerca del sospirato rilancio a Hollywood, dove viene puntualmente deriso per le sue limitate capacità attoriali; Jeff Portnoy (Jack Black), un rozzo comico con problemi di droga; e Kirk Lazarus (Robert Downey Jr.), attore pluridecorato che pratica il metodo Stanislavskij in maniera fin troppo paranoica. La presenza di irresistibili comprimari (Nick Nolte, Matthew McConaughey, Bill Hader e un irriconoscibile Tom Cruise) e una serie di formidabili in joke hanno permesso a Tropic Thunder di diventare l'ennesimo campione d'incassi nella carriera di Ben Stiller, mentre Downey Jr ha ricevuto la nomination all'Oscar come miglior attore supporter.
Leggi anche: È tutto un trucco: da Johnny Depp a Christian Bale, quando le star si imbruttiscono sul set
5. I sogni segreti di Walter Mitty (2013)
Se in Zoolander e Tropic Thunder Ben Stiller si era sbizzarrito con un approccio farsesco, demenziale e volutamente sopra le righe, due anni fa il comico newyorkese ha diretto e interpretato un film dal registro completamente diverso, in cui ha scelto di mettere in sordina la sua verve di interprete brillante per prestare il volto invece ad un everyman in cui ciascuno spettatore potesse identificarsi: Walter Mitty, impiegato della gloriosa rivista Life, il quale fugge dalla sua esistenza spesso noiosa e piena di frustrazioni ad una "vita sognata" a occhi aperti. Remake della pellicola Sogni proibiti, I sogni segreti di Walter Mitty è un'opera sui temi della riscoperta di se stessi, della "seconda occasione" e del coraggio di mettersi alla prova; una pellicola dalla struttura semplice e schematica, ma senz'altro di grande presa emotiva. Affiancato da una deliziosa Kristen Wiig e da fuoriclasse del calibro di Shirley MacLaine e Sean Penn, Ben Stiller ci offre qui uno dei titoli più interessanti della sua filmografia, di cui va ricordata perlomeno una scena che utilizza in maniera esemplare il super-classico Space Oddity di David Bowie.
Leggi anche: Con Walter Mitty, il cinema tra sogno e realtà