Un distributore con bar annesso sperso in qualche angolo solitario della Puglia è la location perfetta per una natività del nuovo millennio. Ed è qui che si colloca Bar Giuseppe, a metà tra parabola religiosa e metafora politica, ma sempre con lo sguardo attento al presente e senza farsi mancare un pizzico di poesia. Con garbo, il regista Giulio Base racconta una storia piccola, ma ricca di spunti sul quotidiano. A causa dell'emergenza sanitaria, Bar Giuseppe ha dovuto rinunciare all'uscita cinematografica e dopo l'anteprima alla Festa di Roma sarà disponibile su RaiPlay a partire dal 28 maggio.
"Non è la distribuzione che mi aspettavo" ammette Giulio Base. "Pensavamo di far uscire Bar Giuseppe per la Festa del Papà il 19 marzo. L'essenza dalle sale è ovvio che è importante, ma l'importante è che il film arrivi al pubblico. Nelle sale avrebbe avuto un costo, stavolta potrà arrivare nelle case di tutti, anche chi vive in provincia, dove i cinema scarseggiano. Per ora la situazione è questa. Se penso al futuro del cinema non sarà facile, ma di una cosa sono certo. Il 15 giugno, quando riapriranno, pagherò un biglietto e sarò in sala. Non so ancora che film vedrò, ma ci sarò".
Uno sguardo sulla religione che intriga anche i laici
Bar Giuseppe nasce dall'incontro di Giulio Base con il libro del Cardinale Gianfranco Ravasi che si intitola Giuseppe, rilettura in chiave contemporanea della famiglia di Nazareth. L'afflato religioso si mescola a uno sguardo acuto sul presente nel raccontare l'incontro tra un vedovo solitario di mezza età e una giovane immigrata africana (ne abbiamo parlato nella nostra recensione di Bar Giuseppe). Come racconta il regista, "approfondendo la lettura di questo libretto potente mi ha colpito il fatto che, pur avendo studiato le scritture, non sapevo quasi nulla sul personaggio di Giuseppe. Giuseppe non parla mai, non viene mai citato nei Vangeli. Da lì ho cominciato a elaborare la figura di un uomo diverso dal modello imposto dalla società odierna, un uomo taciturno, lavoratore, fuori da questo tempo".
Giuseppe, interpretato da Ivano Marescotti, sfida i pregiudizi del paese e della sua stessa famiglia per coltivare la relazione con la giovanissima Bikira, relazione non priva di difficoltà. "Volevamo raccontare una storia d'amore e per farlo abbiamo inserito delle varianti" specifica Giulio Base. "Non volevo essere dogmatico, ma volevo lasciare al pubblico la libertà di farsi una propria idea sui personaggi. Allo stesso modo ho scelto un finale libero, ognuno può immaginare la conclusione che vuole. Metto in scena un enigma, ogni spettatore troverà una risposta personale perché il film parla solo a lui. Se sono riuscito in questo intento, allora per me il film è riuscito".
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Il cast ha costruito i personaggi sul set
Nei panni di Giuseppe, Ivano Marescotti fornisce una solida performance lavorando per sottrazione. Uomo di poche parole, ma solido come il granito, il vedovo abbraccia una nuova esistenza interiorizzando ogni tipo di emozione con un personaggio "costruito durante la lavorazione del film. Era come un blocco di marmo da cui il regista asportava le cose in eccesso. Giuseppe è afflitto dal dubbio, nel finale prende una decisione, ma non ce la comunica perché lo spettatore deve essere libero di fornire la propria interpretazione. Questo per un laico è un film interessante, accettabile proprio per i dubbi che i personaggi coltivano. Giuseppe parla pochissimo, all'inizio mi sembrava strano che mi venissero tolte certe battute, poi ho capito che eliminare certe parti ne ha aumentato l'importanza".
Al fianco di Marescotti, la bella Virginia Diop racconta l'emozione della prima esperienza sul set e del red carpet romano: "Ho preparato il personaggio sul set. Dopo aver saputo l'esito dei provini, ho incontrato il regista che mi ha dato dei consigli su quali film vedere per prepararmi, ad esempio Lolita. Per me sul set era tutto nuovo, non sapevo cosa fosse un piano sequenza. Nel film non ci sono scene di sesso, ma solo qualche carezza, ho dovuto lavorare molto per rendere questa delicatezza di sentimento, trovare la chiave dell'emotività di Bikira".
Un'oasi nel deserto della Puglia
E poi c'è la Puglia intesa come non luogo, il Bar Giuseppe, una sorta di oasi nel deserto che ricorda la stazione di servizio di Twin Peaks, ma anche il celebre quadro di Edward Hopper, Gas, fonte di ispirazione dichiarata per il film. Il distributore è anche un luogo di integrazione, di incontro tra locali e immigrati, ma come svela Giulio Base "il merito di questo non è mio. Quel posto, che si trova ai confini tra Puglia e Basilicata è davvero così. Appena l'ho visto me ne sono innamorato perché era esattamente ciò che avevo in testa. Il barista, Pasquale, ha creato un esempio perfetto di integrazione e rispetto reciproco. Gli immigrati finiscono il lavoro nei campi e vanno al bar a ricaricare il telefonino, stanno lì a bere qualcosa, vivono in una realtà bellissima che ho voluto fotografare perché è così che mi piacerebbe vedere il mondo. Senza muri".
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