Netflix ci regala uno sguardo verso gli astri con Away, serie di fantascienza classica in 10 puntate che racconta in dettaglio la prima missione internazionale su Marte. Cinque astronauti capitanati dal comandante Emma Green (Hilary Swank) provano a superare i limiti dell'universo conosciuto sotto gli occhi del mondo. Un ruolo di primo piano (finalmente!) per la due volte premio Oscar Hilary Swank, qui nel ruolo di un'astronauta, moglie e madre, divisa tra lavoro e famiglia, affiancata da un cast internazionale.
Insieme alla Swank, sulla navetta spaziale in rotta verso Marte troviamo l'ucraino israeliano Mark Ivanir nel ruolo di Misha, astronauta russo di grande esperienza che proverà a mettere in discussione la leadership di Emma, la cinese Vivian Wu nei panni della dottoressa Lu Wang, che nasconde un doloroso segreto, Ato Essandoh, che interpreta il botanico angloafricano Kwesi, convertito alla fede ebraica, e il britannico Rai Panthaky, che veste i panni del medico di bordo di origine indiana Ram, idealista e sognatore. In una vivace intervista virtuale, Mark Ivanir e Vivian Wu ci hanno raccontato l'esperienza galattica di Away, disponibile su Netflix dal 4 settembre.
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Una sfida fisica in assenza di gravità
Vedere astronauti fluttuare su e giù per una modernissima navetta spaziale come se stessero danzando nel vuoto è uno spettacolo suggestivo. Un po' meno suggestivo è simulare la gravità zero sul set, attaccati a pesanti cavi d'acciaio dodici ore al giorno. "Imitare la gravità zero a livello fisico è stato molto pesante, ma ce l'abbiamo messa tutta per rendere la serie realistica" spiega Mark Ivanir. "Curiosamente nel lavoro coi cavi ognuno di noi esprimeva se stesso. Vivian era molto elegante, pratica regolarmente tai chi, è abituata a movimenti coreografati, io ho un background circense, Hilary è molto determinata e professionale, lo si vedeva nel modo in cui affrontava nei movimenti".
Vivian Wu svela che quanto visto sullo schermo è il frutto di "due settimane di addestramento che ci hanno insegnato a stare insieme e a muoversi coi cavi. All'inizio è stata dura, pian piano è diventato più semplice e ci siamo divertiti un sacco. Il nostro programma di allenamento era davvero intenso, ho imparato a conoscere muscoli che non sapevo di avere, è stato bello scoprire di essere in grado a recitare in queste condizioni. Dovevo interpretare scene drammatiche, ma al tempo stesso dovevo controllare i muscoli del corpo, questa è stata una vera e propria sfida".
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Sul set come una famiglia
Al di là della preparazione fisica, per capire a fondo i sentimenti provati da chi lascia la Terra e i propri cari per anni, il cast di Away ha visionato documentari sull'esperienza di astronauti nello spazio. Da una serie sulla corsa allo spazio russa, Mark Ivanir ha rubato l'idea dei due orologi al braccio riproponendola nel suo personaggio. "L'obiettivo era ricreare la stessa connessione di astronauti che passano molto tempo insieme isolati. Ho praticato meditazione e tai chi per entrare in contatto con me stessa e col mio personaggio". Gli fa eco Mark Ivanir: "Sul set si è creata un'atmosfera simile a quella della serie, con noi che cercavamo di conoscerci e costruire relazioni. In sei mesi siamo diventati una sorta di famiglia, all'inizio sei insicuro, ma poi crei un gruppo di persone che si sostengono a vicenda".
Come potete leggere nella recensione di Away, a capitanare la spedizione spaciale è una donna, giovane per altro, e il suo ruolo di leadership creerà qualche malumore, soprattutto nel veterano Misha, ma Mark Ivanir precisa che la ragione è che il suo personaggio è un "astronauta old school, è entrato nel programma spaziale negli anni '80, quando la situazione era diversa, viene dalla Russia comunista. Adesso deve adeguarsi a una situazione nuova". Situazione che riflette la realtà che stiamo vivendo oggi: "Il mondo del coronavirus è un costante adattamento. Away è uno specchio del presente, gli autori hanno fatto un gran lavoro per non renderlo un cliché raccontando storie di persone con problemi reali".
Tra le stelle con... Steven Spielberg
Prima di Away, Mark Ivanir ha avuto la fortuna di lavorare per ben tre volte con uno dei maestro della fantascienza per eccellenza, Steven Spielberg, che lo ha diretto in Shindler's List, The Terminal e Le avventure di Tin Tin - il segreto dell'unicorno. Di fronte alla domanda se Away ha rubato qualcosa dallo stile spielberghiano, Mark Ivanir precisa: "Non direi rubare, semmai prendere in prestito. L'altra sera guardavo uno degli episodi con la mia famiglia e mi sono commosso. Eppure sapevo cosa stava per succedere, ma mi sono scese le lacrime. Prima di lavorare con Spielberg, negli anni '90, ricordo che stavo guardando un DVD di ET - L'extraterrestre nel mio appartamento in Israele, avevo circa 22 anni, e mi sono messo a piangere. Mi sono detto 'Hai appena fatto tre anni nell'esercito, gli uomini non piangono. Perché piangi?' C'era qualcosa di così profondo, di così umano che gli credi, senti che è reale. Spielberg è sempre sull'orlo del cliché, ma la magia dei suoi lavori risolve tutto. Away possiede un po' di quella qualità". Concorde, Vivian Wu conclude: "Ci sono tanti momenti magici in Away, fa ridere, piangere, fa paura e ti dona la speranza".