Avetrana, la recensione: quattro punti di vista per una serie che punta all'oggettività dei fatti

No, qui non è Hollywood: un messaggio chiaro, nonché profondamente umano. Ecco com'è la serie crime basata sui fatti legati all'omicidio di Sarah Scazzi. Dal 25 ottobre su Disney+.

Un'immagine promozionale dei protagonisti di Avetrana.

Quando si racconta una storia vera che si intreccia con il true crime la strada da percorrere è sempre molto delicata. Del resto, siamo così assuefatti dalla cronaca nera che sembra impossibile adattare e mostrare la verità in un film o in una serie.

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Il cast della miniserie

Tra l'altro, quando ci imbattiamo in prodotti americani tendiamo ad essere più accomodanti, mentre quando poi vengono portate in scena le nostre storie subiamo un certo fastidio, giudicando ancora prima di vedere l'opera. È successo con l'uscita del trailer di Avetrana - Qui non è non Hollywood, la miniserie in quattro episodi presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2024, messa alla berlina fin dalla promozione. Tuttavia, appare chiaro fin dalle prime battute quello che i produttori - Matteo Rovere e la sua Groenlandia - e il regista Pippo Mezzapesa volevano comunicare attraverso la serie Disney+ che sarebbe dovuta arrivare il 25 ottobre in streaming ma per ora la messa in onda è stata sospesa dopo il ricorso del tribunale di Taranto, come spiegato qui.

Una miniserie con un chiaro messaggio

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L'amicizia tra le due cugine è il fulcro della narrazione

Ci troviamo in paesino pugliese sul mare, in cui tutti si conoscono e le giornate passano uguali, con un unico comune denominatore: la noia. Questo vale anche per le cugine Sarah (la debuttante e acerba Federica Pala) e Sabrina (Giulia Perulli, la più sorprendente e convincente nel ruolo). La prima quindicenne, la seconda ventiduenne ma molto legate, tanto che la più grande la fa uscire con la propria compagnia di amici, anche se la madre, fervente testimone di Geova, non vorrebbe. Si amano e si odiano, come spesso capita e ricordando un po' l'amicizia piena di contraddizioni tra Lila e Lenù, anche se in questo caso a legarle è proprio il sangue.

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Federica Pala è Sarah Scazzi

Lo stesso sangue che presto verrà versato, dato che la ragazzina ha messo gli occhi su un ragazzo più grande, che piace alla cugina, Ivano (un trasformista Giancarlo Commare), scatenando un'ira furibonda su di lei, che non ama il proprio corpo da "donna del Sud", profondamente in carne, rispetto a Sarah, che continua ad essere magra nonostante mangi sempre in modo sregolato. "È la sua costituzione" si sente ripetere, e questo le causa ancora di più un dissidio interiore. A casa hanno entrambe una situazione familiare legata al contesto locale:tutti si esprimono con spiccato accento del posto, tanto che Sarah ad un certo punto dirà al padre "Non potete parlare bene in questa famiglia?". La madre di Sarah (la sua interprete, Imma Villa, viene proprio dall'Amica Geniale) è una religiosa convinta e ha un rapporto altalenante con la sorella Cosima (una sempre grande Vanessa Scalera*, che riesce ad andare oltre il trucco prostetico) e il cognato Michele (un altrettanto grande Paolo De Vita).

Una storia con tanti punti di vista

Puntando a diverse prospettive, e raccontando la vicenda basandosi sui fatti reali - avvicinando così il pubblico - Avetrana - Qui non è Hollywood sceglie di strutturare la storia su quattro puntate, ognuna di un'ora ed incentrata su uno dei diretti coinvolti, la vittima e i suoi assassini: nell'ordine Sarah, Sabrina, Michele e Cosima.

Si tratta di un climax narrativo che utilizza il finale di ogni episodio per agganciarsi al successivo, mentre la storia si dipana in modo sempre più agghiacciante, mai mancando di far trasparire il lato profondamente umano della vicenda e ricostruendo il più possibile fedelmente gli eventi realmente accaduti. Questo grazie anche alla regia di Mezzapesa, intima e circolare per farci comprendere tutte le sfumature dei sentimenti dei personaggi, accompagnata da una colonna sonora forse un po' ridondante che spazia da Fabri Fibra ad Avril Lavigne, per restituirci il valore epocale, segnato dai primi smartphone in cui si poteva registrare la segreteria e scambiare un certo tipo di messaggi.

Se il trailer appariva grottesco, invece, il black humour naturalmente non c'è (e ci mancherebbe). Bensì, il linguaggio è strutturato suggerendo profonda tristezza e sofferenza. Del resto, quando si racconta una storia, anche se si tratta di vicende realmente accadute, ognuna delle persone coinvolte ha un proprio punto di vista e un differente modo di esporre i fatti (così spiegato il metro narrativo scelto da Mezzapesa).

Avetrana: qui non è Hollywood, per davvero

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La stampa ai tempi delle indagini

Quello scelto è infatti un sottotitolo non casuale per una serie basato sul libro Sarah la ragazza di Avetrana, scritto da Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni ed edito da Fandango Libri, e adattato dagli stessi regista e autori insieme a Antonella W. Gaeta e Davide Serino. A proposito di social e attenzione mediatica, infatti, il delitto di Sarah Scazzi divenne in breve tempo un vero e proprio circo mediatico. In questo senso, il personaggio di Anna Ferzetti, una giornalista che si trovava lì per caso e per prima capì il potenziale di quella storia atroce, diventa emblematico. Una delle prime volte in Italia in cui il crimine di un piccolo Paese diventava quello di tutta l'Italia, pronta ad aiutare ma soprattutto a farsi vedere.

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La più sorprendente di tutti è Giulia Perulli

Proprio come Sabrina, che grazie alla scomparsa della cugina aveva ottenuto un momento di celebrità, senza poi rinunciarvene. Per questo, il contesto ovviamente degradato (tanto della serie quanto della triste realtà), risulta funzionale (ma non determinante, ovvio) ad aumentare il disagio che ha portato una famiglia a compiere un atto così terrificante, segnandola per sempre.

Conclusioni

Avetrana – Qui non è Hollywood è una serie che fa del proprio messaggio, ovvero le cause e conseguenze che hanno portato al delitto di Sarah Scazzi, il proprio punto di forza. Grazie alla struttura episodica con quattro punti di vista e alle puntate monografiche, insieme alla regia complementare di Pippo Mezzapesa, la serie mostra quanto alcuni contesti possano influire talmente tanto da alterare ogni percezione umana. Sconfinando nel dramma.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.7/5

Perché ci piace

  • Le interpretazioni dei protagonisti, in particolare Giulia Perulli.
  • La regia umana e non sensazionalista di Pippo Mezzapesa.
  • L’approfondimento del contesto culturale provinciale italiano più che della bufera mediatica scatenatasi poi, se non in funzione del primo.

Cosa non va

  • Qualche dubbio sulla performance di Federica Pala.
  • Lo sciatto e grottesco generale può lasciare perplessi ma in realtà è funzionale al messaggio.
  • Alcuni passaggi un po' ridondanti.