Qualche mese fa c'è stato il caso di Black Panther, che è diventato il primo cinecomic a conquistare la nomination all'Oscar nella categoria del miglior film. Il film ha ottenuto altre sette candidature, vincendo le statuette per il production design, i costumi e la colonna sonora. Alla luce di questa consacrazione inattesa, alcuni si chiedono ora: Marvel Studios può ambire a risultati simili? Avengers: Endgame e Captain Marvel saranno candidati agli Oscar 2020? Per Endgame, in particolare è stato tirato in ballo il paragone con la prima trilogia tolkieniana di Peter Jackson, il cui epilogo vinse ben undici Academy Awards, tutti quelli per cui era stato nominato. Ma quali sono le effettive chances dei due film? Ecco la nostra analisi. N.B. L'articolo contiene spoiler per entrambi i lungometraggi.
I cinecomic, un genere bistrattato dall'Academy
Il paragone con Il signore degli anelli - Il ritorno del re era già stato fatto ai tempi de Il cavaliere oscuro - Il ritorno: in entrambi i casi era il capitolo finale di una trilogia il cui impatto andava ben oltre il semplice apprezzamento della critica e/o del pubblico. Nella fattispecie, il trittico di Peter Jackson era un'impresa produttiva senza precedenti: tre film girati insieme, per oltre un anno, basati su uno dei testi imprescindibili della letteratura inglese. Quello di Christopher Nolan era invece il cinecomic elevato al massimo del cinema d'autore, una tripletta di blockbuster che trasudavano arte, artigianato (la CGI è praticamente inesistente nella filmografia di Nolan), dramma e spettacolo. Non abbastanza da convincere l'Academy, però, che lasciò il film a mani vuote già in sede di nomination. E in un'intervista concessa a Variety, nell'estate del 2012, un membro dell'associazione aveva già sottilmente annunciato quella situazione sottolineando il fatto che, a differenza del film di Jackson, la nuova avventura cinematografica di Batman fosse basata su un fumetto.
Eh già, il fumetto, ancora ritenuta una forma espressiva "inferiore" dalla vecchia guardia dell'Academy, che chiude un occhio principalmente solo con film tratti dalle graphic novel, presumibilmente abbindolata dal termine novel, romanzo (contestato proprio da diversi autori di fumetti in quanto mera strategia di marketing per dare a determinati titoli un'aura più prestigiosa). Rare eccezioni, fino a quest'anno, furono Il cavaliere oscuro, premiato per la performance del compianto Heath Ledger, un tour de force recitativo che non era possibile trascurare, e Logan - The Wolverine, candidato per la sceneggiatura non originale (perché gli sceneggiatori, già in tempi non sospetti tramite i premi e le nomination assegnate dal loro sindacato, hanno sempre avuto un occhio di riguardo per il genere). Poi è arrivato Black Panther a sfondare la porta principale, ottenendo la candidatura più ambita.
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Black Panther, il cinecomic 'giusto'
Black Panther, a livello di impatto culturale, è stato forse il blockbuster più importante del 2018: un kolossal di dimensioni non indifferenti con cast e troupe quasi interamente di colore, ambientato per lo più in una nazione africana, lontano dalle solite città americane che caratterizzano i film di supereroi, e disposto ad affrontare di petto la questione socio-politica legata alle comunità black negli Stati Uniti (l'antagonista Erik Killmonger cresce in California durante la vicenda di Rodney King e le successive rivolte, assiste direttamente alla nascita di movimenti come Black Lives Matter ed evoca apertamente la piaga dello schiavismo quando decide di morire invece di passare il resto dei suoi giorni in prigione). Era quindi anche il film perfetto su cui puntare per le candidature agli Oscar di un certo peso: la carica politica del lungometraggio, unita agli inizi di un ricambio generazionale tra i membri votanti dell'Academy (lo stesso ricambio che ha aiutato un horror come Scappa - Get Out) e alla recente polemica #OscarsSoWhite, era più che sufficiente per convincere un'organizzazione che spesso e volentieri vota anche per motivi che hanno poco o nulla a che fare con la qualità (vedi le dichiarazioni di coloro che hanno candidamente ammesso di non aver voluto premiare Netflix nell'ambito del miglior film).
Black Panther: quando il cinecomic è da Oscar
Certo, la strada è ancora lunga per quanto concerne le minoranze agli Oscar, come dimostra la polemica per il trionfo di Green Book, ma l'avventura cinematografica di T'Challa aveva tutte le carte in regola per risultare ammissibile in categorie che non fossero le solite. Diverso il discorso per Captain Marvel, la cui importanza nel panorama dei cinecomic è innegabile, ma che in termini narrativi e tematici (al netto della possibile lettura politica degli Skrull come rifugiati pacifici che si adattano alla società che li circonda) non si discosta più di tanto da un film di supereroi tradizionale: Stati Uniti, alieni, battaglie epiche, ironia come se piovesse. Il tutto confezionato a dovere, ma difficilmente convincerà l'Academy nelle categorie più importanti, come ci ricorda il precedente di Wonder Woman, rimasto completamente a bocca asciutta anche in sede di candidature. Quasi scontato che arrivi almeno alla nomination per gli effetti visivi, dato il lavoro fatto per ringiovanire digitalmente Samuel L. Jackson e Clark Gregg, con discrete possibilità di vittoria.
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'We're in the endgame now'
Che dire, quindi, di Avengers: Endgame? Lì la questione si fa più complicata, e il paragone con l'operato di Peter Jackson non è errato: prescindendo dai giudizi personali sui singoli film, o anche sul franchise nel suo complesso, il Marvel Cinematic Universe è diventato, nel giro di undici anni, un autentico fenomeno, capace di rivoluzionare il modo di pensare i blockbuster e di generare incassi da capogiro con personaggi di cui il pubblico pagante era per lo più ignaro fino a un decennio fa, e questo senza poter contare sulla forza di un brand con una lunga storia alle spalle (vedi la nuova trilogia di Star Wars) o sul nome di un regista in grado di trasformare qualunque concetto in un'idea vincente (James Cameron, ingrediente principale del successo strepitoso di Avatar).
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Un fenomeno tale che il nuovo film - di cui abbiamo parlato nella nostra recensione di Avengers: Endgame - che chiude la prima era del franchise dicendo addio a storici protagonisti come Iron Man e Captain America, ha incassato nei primi cinque giorni di programmazione ciò che altri lungometraggi, anche facenti parte della stessa saga, hanno racimolato nel corso di tre mesi. Sarà sufficiente per ottenere almeno una nomination nella categoria principale? Potrebbe esserlo, dato che la statuetta per il miglior film va al produttore e anche solo una candidatura sarebbe la giusta ricompensa per il lavoro senza precedenti che Kevin Feige ha fatto dal 2008 a oggi. Avrebbe anche altrettanto senso, dopo il riconoscimento alla carriera assegnato dal sindacato dei produttori, un premio speciale, concepito appositamente per omaggiare un'opera mastodontica, il cui successo era tutt'altro che ineluttabile.