Attrazione matrimoniale
Una sposa poco emozionata si prepara per il grande giorno infilando il primo vestito chiaro trovato nell'armadio e suggerito dalla figlia undicenne mentre in casa piombano due omoni che le portano via i mobili perché non ha pagato i debiti. Un uomo carino e nervosetto è chiuso in bagno davanti allo specchio e si guarda con aria enigmatica chiedendosi se la seconda volta che si sposerà andrà meglio della prima. Sally e Freddy però non si sposeranno l'un l'altra, ma affronteranno le nozze lo stesso giorno per poi ritrovarsi con famiglie e amici al seguito a festeggiare le loro scombinate cerimonie nello stesso posto. I loro incontri e scontri presto li metteranno in seri guai e li indurranno a scegliere strade diverse da quelle imboccate al mattino di una lunga giornata piena di sorprese.
Trovare un matrimonio al centro di una commedia europea fa immediatamente pensare, non solo ai meno fantasiosi, a una delle screwball inglesi più riuscite sul tema, Quattro matrimoni e un funerale, e di fatto non è rara l'impressione che i registi provino a reinventare la formula dell'umorismo british giocando sul divertente squilibrio tra la semiotica della goffaggine e l'estetica del fascino tutto inglese per conquistare il pubblico. Anche il regista irlandese Stephen Burke, prima d'ora impegnato in opere militanti dallo spessore meno leggero e per la prima volta a confronto con il genere matrimoniale e il mondo dell'intrattenimento a suon di risate, tenta la stessa operazione, seppure si sottragga al frequente meccanismo della citazione. Lo slapstick ambìto però non risuona nel suo Indovina chi sposa Sally, in cui le battute poco brillanti, una sceneggiatura macchinosa e fumosa che fa fatica a strappare consensi sulle poltroncine e tempi lenti che smontano come una maionese impazzita l'atmosfera festosa e affollata di sorelle rivali, di madri tiranne, di mariti ubriaconi e di strampalati agenti dell'immigrazione, che vorrebbero divertire, finiscono per vanificare gli sforzi di costruire una commedia classica e rendere un'opera dal potenziale narrativo vincente un film tiepido e perfino uggioso. Sullo sfondo di un'Irlanda che incanta con i suoi paesaggi e sembra attirare in una potente centrifuga visiva i difetti tecnici della pellicola, come un montaggio altalenante e poco rifinito, emerge la mancata alchimia tra i due attori protagonisti, Tom Riley, nei panni dell'impacciato Freddy, e l'ossuta Sally Hawkins, che interpreta in maniera misurata Sally, un personaggio che ricopia nel suo profilo psicologico e sociologico la spumeggiante Poppy de La felicità porta fortuna - Happy Go-Lucky finendo per farne una decalcomania estranea allo script. In questo gap profondo riescono però a ritagliarsi uno spazio interessante due personaggi secondari: la piccola Sinead Maguire, che si cala alla perfezione nella parte di Molly, una figlia capricciosa e sveglia che supera in simpatica follia la madre suonata, e il bravissimo Stanley Townsend, il minaccioso suocero di Freddy, che rievoca con abilità la nota sequenza di Jack Nicholson alla porta in Shining, una delle poche scene davvero spiritose infilate in una serie di gag grottesche, destinate ad affogare nel dimenticatoio proprio come succede nel film al telefonino nella schiumosa pinta di birra irlandese.