A gennaio lo vedremo nei panni di Mangiafuoco nel Pinocchio di Matteo Garrone, "un regista straordinario che viene da un altro pianeta per un film di grandissima immagine", nel film di Simon Curtis, Attraverso i miei occhi (in sala dal 7 novembre), Gigi Proietti dà voce a Enzo, il cane con emozioni umane che dedicherà un'intera vita al proprio padrone, pilota professionista con il sogno di correre in Formula 1, interpretato da Milo Ventimiglia. Gigi Proietti non è un appassionato di auto, "mi regalarono un Suv quando facevo il Maresciallo Rocca, ma guidarlo dentro Roma era come portare un pullman", scherza durante la presentazione romana del film, ma qui con le macchine avrà poco a che fare: dovrà invece vedersela con un golden retriever, il fedele compagno di viaggio del protagonista Danny, che attraverso il suo flusso di pensieri non potrà che farsi amare dallo spettatore.
Il doppiaggio in un film da favola
Attraverso i miei occhi è per Gigi Proietti "un film favolistico, sui sentimenti, in alcuni momenti anche un po' furbo, abile a muovere alla lacrima, ma pieno di simbolismi anche laddove non sembrerebbe", un'esperienza che lo riporta al doppiaggio, una delle attività che lo ha sempre divertito, come successe per il genio della lampada in Aladdin. "Ma il mio miglior doppiaggio - ci tiene a ricordare - è stato quello di Dustin Hoffman in Lenny di Bob Fosse, mi diressi da solo. Certamente non sostituisce il mestiere dell'attore, la parte la fa chi sta in scena, anche se a volte le voci italiane hanno salvato alcuni attori americani".
Doppiare Enzo è stata una grossa responsabilità, soprattutto dovendo "tradurre tutti i suoi pensieri in parole. Spero di non aver sbagliato e di aver evitato il più possibile la retorica".
Gli piace pensare che forse gli animali abbiano una sensibilità superiore a quella degli uomini, certo è che in questa storia, che è "una grande metafora", c'è un cane che "ci fa capire come sarebbero più facili e possibili i rapporti umani, non c'è odio o voglia di rivalsa, ma solo lealtà e fedeltà a un'amicizia, alla voglia che il proprio amico stia bene. Voler bene vuol dire volere il bene dell'altro, è questo che ci insegna Enzo dedicando un'intera vita al proprio padrone e alla famiglia".
I cani li ama molto, "ho un grosso giardino, ho avuto addirittura un piccione che comprò la mia compagna a Ponza per evitare che se lo mangiassero, lei ama gli animali, è svedese. - racconta abbandonandosi alla grande arte del cantastorie - Lo portammo a Roma, ma non volava, non aveva mai imparato, eppure si comportava come un cane. Lo abbiamo chiamato 'porototo', lo chiamavi e lui veniva. Poi ho avuto anche un'oca e tanti gatti, li adoro. Ma l'animale che amo di più è il merlo indiano, ne ho avuti diversi e un giorno mentre mi imitava ho capito quanto fossi antipatico quando rispondevo al telefono".
Gli insegnamenti del teatro, il cinema e la televisione
Enzo è un cane saggio, parla da saggio e si comporta da tale, a differenza di Proietti: "La saggezza? Sarebbe giusto che ce l'avessi, ma non sono sicuro di averla e non mi sento un maestro di vita, anche se a volte parlo molto. Nella mia scuola di teatro avevo spesso a che fare con i giovanissimi e mi capitava di dirgli 'ti capiterà così', e dopo qualche anno a volte succedeva che qualcuno mi chiamasse per dirmi che avevo ragione. Rispetto a venti anni fa oggi è più difficile dare delle indicazioni di comportamento, la scuola che avevo cercava di spiegare cosa volesse dire fare questo lavoro inserito nel sociale e nel rapporto con gli altri. È un mestiere molto più complesso di quanto si creda, il teatro è talmente importante ed oggi li si chiude. In questo paese si chiude tutto ciò che è importante", dice con in pizzico di amarezza.
Al cinema ci va poco "specialmente negli ultimi tempi", la sua idea è che l'industria cinematografica oggi risenta molto della grande serialità, "il cinema si sta televisivizzando, è sempre più televisione e meno cinema e i film restano in sala sempre meno". Quello italiano tranne poche eccezioni invece, "è piccolo e si regge su piccole storie, a volte fatte anche bene perché oggi si sa girare e, a differenza di venti anni fa, ci sono buoni attori e attrici. Ma ho sempre la sensazione che le storie potrebbero durare tre quarti d'ora invece che un'ora e mezza, tutto il resto sembra un po' appiccicato".
Nuove idee per la televisione? Le sue le definisce sempre troppo strampalate, meglio lavorare su soggetti di altre persone. Al vaglio solo qualche copione: "Di recente ho notato che stranamente ci sono varie sceneggiature in giro sugli animali, proprio sui cani; ne ho letti altri due di copioni così, forse va di moda, e uno di questi è anche molto interessante. Le fiction sono molto faticose, sono lunghe e se c'è un protagonista ci sarà sempre; la fiction italiana ti impone di stare sul set dalla prima all'ultima posa". Per ora gli interessa soprattutto tenersi stretta la direzione artistica del Globe Theatre di Roma, "una di quelle cose che ho fatto per la città e che resterà. Tra i tanti teatri che ho aperto o risistemato, il Globe è uno di quelli che non esisteva proprio, è nato come un fungo e da 16 anni continua ad avere un successo enorme".