Sin dai primissimi capitoli della saga videoludica di Assassin's Creed il Giappone era una delle ambientazioni che tutti i videogiocatori avrebbero desiderato, una destinazione dove tutti avremmo voluto che Ubisoft ci conducesse. Invece anno dopo anno, un nuovo capitolo dopo l'altro, ci siamo sempre rammaricati di vedere le scelte produttive andare verso direzioni differenti.

Ora però ci siamo: Assassin's Creed Shadows ci porta laddove aspettavamo di andare. Tutto bene, quindi? In definitiva sì, anche se un pizzico di amaro in bocca resta, perché l'esserci arrivati così tardi nel cammino della saga ha fatto sì che altri giochi con setting simili o sovrapponibili siano arrivati a trasmetterci per primi quella magia, rubandone un pizzico a Shadows.
Destinazione Giappone
Ma allora partiamo proprio da qui, da background che fa da sfondo alle imprese dei protagonisti di Assassin's Creed Shadows: siamo in quello che possiamo definire Giappone feudale, l'epoca Sengoku segnata da scontri e guerre risultanti dai tentativi di Oda Nobunaga di unificare il paese e iniziare il processo che avrebbe portato alla terra del Sol Levante che conosciamo oggi. Uno scenario in cui alleanze si formano e si sciolgono continuamente per accompagnare o contrastare i metodi duri del daimyo, un contesto in cui si va a inserire anche la presenza dei primi occidentali ad aver raggiunto l'arcipelago giapponese. Per commerciare e per evangelizzare. Quello di Shadows è un Giappone ricco di luoghi e relative attività, denso di dettagli curati e di posti da scoprire anche per caso.

Ed è lì che quella magia a cui abbiamo accennato prima emerge. Timida all'inizio, ma poi sempre più presente, una volta che abbiamo preso dimestichezza con le diverse regioni e ci prendiamo la libertà di esplorare e soffermarci, senza badare alla missione in corso e la meta che stiamo cercando di raggiungere. I luoghi, quelli celebri almeno, sono in parte quelli già visti lo scorso anno in Rise of the Ronin, ma la libertà di movimento dell'Open World permette di prenderci una confidenza diversa, più profonda: i lunghi spostamenti da una regione all'altra, da un borgo a una città, da un castello a un tempio, ci permettono di imbatterci in scorci da lasciare senza fiato, che sia con le pennellate rosse degli aceri in autunno o con l'esplosione dei ciliegi in primavera.
Storia di una shinobi e un samurai
Uno scenario che riesce a essere ancora magico, nonostante non sia più una novità, su cui la trama di Shadows va ad incastrarsi, un intreccio lungo e complesso, che parte dalla provincia di Iga invasa da Oda Nobunaga e dall'aspirante shinobi Naoe, che ci accompagnerà per la prima parte del gioco. Non diremo molto della trama vera e propria per non anticipare gli sviluppi che ci hanno catturati per oltre 50 ore, ma vi basti sapere che il motore iniziale è quello della vendetta e non vi sorprenderà sapere che il cammino della protagonista sarà contraddistinto da un corposo numero di avversari da eliminare (che man mano andrà a popolare la schermata grafica con le missioni che via via si attivano e i bersagli da far fuori).

Se la lunga prima parte si concentra su Naoe, la varietà del gioco è assicurata dall'introduzione del secondo personaggio, Yasuke, il samurai nero oggetti di polemiche sin dalle prime immagini di Assassin's Creed Shadows, perché visto come una concessione all'ideologia woke, nonostante una base storica per la sua presenza non manca. In ogni caso Yasuke è il suo nome da samurai, acquisito una volta intrapreso questo cammino, perché il vero nome del ragazzo è Diogo e è arrivato in Giappone come schiavo ed è nel paese del Sol Levante che ha conosciuto e imparato la tradizionale via del guerriero.
Due stili di gioco diversi per Assassin's Creed Shadows

Due storie differenti che finiscono per incrociarsi e ci permettono di giocare alternando approcci e stili: se controllando Naoe è necessario prediligere un approccio più stealth e discreto, alla guida di Yasuke possiamo permetterci di prendere letteralmente di petto le situazioni, perché il ragazzo è pensato come un vero e proprio tank. Con lui bisogna combattere faccia a faccia col nemico e sarà da preferire nelle missioni che richiedono questo tipo di approccio. Non sempre è però possibile scegliere, perché alcune attività sono destinate alla shinobi, mentre altre porzioni di storia e di missioni sono per Yasuke. Un bene e una scelta che funziona per lo più molto bene, al netto di qualche passaggio in cui il loro separarsi e poi rincontrarsi è un po' forzato dal punto di vista narrativo, perché permette a Shadows di declinare in maniera diverse alcune delle situazioni tipiche da Assassin's Creed.
Tanto da fare
C'è ovviamente tanto da fare per un gioco che si presenta molto ampio e ricco. Un bene per chi ama questo tipo di Open World, un male per chi non gradisce questa tipologia di giochi, con la mappa che pian piano si affolla di segnalini e destinazioni da raggiungere per portare a termine un ulteriore passo in una delle missioni in corso. Si è tentato però di rendere meno schematico il tutto con l'introduzione delle vedette da reclutare e spedire sul campo per individuare il luogo esatto in cui il nostro obiettivo si nasconde, inizialmente indicato solo con una serie di indizi per restringere il campo, ma alla lunga anche questo ulteriore passaggio finisce per essere inevitabilmente ripetitivo.

Ripetiamo, non è necessariamente un male, perché fa parte di quelle dinamiche consolidate della saga e del tipo di gioco in generale, così come lo è l'abituale sincronizzazione con i diversi punti panoramici che ci permettono di individuare luoghi sensibili sulla mappa, tra santuari in cui recuperare delle pergamene, fauna da dipingere e altre attività secondarie, tra cui la personalizzazione e ampliamento del nostro rifugio.
Più pregi che difetti per Assassin's Creed Shadows

In giochi di questa vastità è inevitabile sia un senso di ripetitività che qualche calo qualitativo, ma il difetto che salta all'occhio è nella gestione dell'intelligenza artificiale dei nemici, fin troppo tolleranti con i nostri nascondigli ai livelli più semplici, o negli spostamenti a cavallo che ci hanno visti più volte incastrarci tra la vegetazioni o contro le rocce. Nulla che rovini il gioco, che nel complesso riesce a far fare alla saga dei passi in avanti sul fronte delle novità e sorprende dal punto di vista visivo e narrativo: c'è una qualità generale della messa in scena che rende la storia appassionante come spesso la saga Ubisoft ha saputo essere in passato e ci sentiamo di mettere sia Naoe che Yasuke tra i protagonisti di Assassin's Creed più originali degli ultimi tempi. E non ci dispiacerebbe tornare a questa ambientazione in futuro per ulteriori capitoli ambientati in un background così unico e ricco di opportunità narrative, che sarebbe un ottimo scenario anche per un eventuale nuovo capitolo cinematografico.
Conclusioni
Anche se il Giappone ha fatto da sfondo anche ad altre produzioni negli ultimi anni, Assassin's Creed Shadows riesce a valorizzare l'ambientazione regalando momenti di magia visiva che restano nel cuore. Buono infatti il comparto visivo e sonoro, che dà vita al background, così come la messa in scena della parte narrativa. Peccato per qualche forzatura nel passaggio da Naoe a Yasuke, per lo più gestito bene, e nel comportamento degli avversari, ma il gioco riesce a fare passi avanti sul cammino delle novità e proporre al giocatore una maggiore varietà di situazioni alternando l'azione stealth della shinobi a quella più impetuosa del samurai.
Perché ci piace
- Il Giappone, che incanta sempre quando fa da sfondo a una storia.
- L'alternanza tra Naoe e Yasuke, che assicura una maggior varietà al gioco.
- La realizzazione visiva del Giappone, soprattutto negli spazi aperti e nella resa paesaggistica, valorizzata dal passare delle stagioni.
- La messa in scena delle parti narrative, curati e d'impatto.
Cosa non va
- Una certa inevitabile ripetitività di alcune attività secondarie.
- Il comportamento dei nemici, soprattutto ai livelli più semplici.