Ascesa e declino di un mito XXL
Spesso i film biografici si limitano alla ricostruzione più o meno corretta di una vita, la cui parabola più classica è costituita da quel 'rise and fall' tipico di ogni grande artista che si rispetti. Neanche Notorius, film diretto da George Tillman Jr. presentato fuori concorso a Berlino 2009, sfugge a questa impostazione, andando a narrare in maniera lineare ma inefficace, la storia di Christopher Wallace, alias Notorius B.I.G., una delle figure più amate della musica rap, fatto fuori nel marzo del 1997 dalla gang rivale all'età di ventiquattro anni, con un solo album all'attivo. La pellicola racconta la breve vita del corpulento artista di Brooklyn, dalla difficile infanzia, trascorsa accanto a una madre single, all'esplosione della passione per il rap, fino alle conquiste in campo discografico e in ambito amoroso. Tra pupe, pistole e droga, il percorso di Notorious verso il successo include tra le sue tappe un periodo in carcere e un'intera adolescenza nelle strade malfamate della sua città, ambienti fondamentali per alimentare l'ispirazione per le rime dei suoi pezzi.
Logorroico e sboccato, com'è scontato che sia per un film su un'icona di questo genere musicale, Notorius ci bombarda di parole e immagini senza che alla fine restino tracce significative di quanto visto. 'Vorremmo cambiare il mondo, ma dobbiamo prima cambiare noi stessi' si ripetono gli ingioiellati protagonisti, e in questa banalità da bambinoni che si impongono di crescere si esauriscono le loro stesse vite: lusso e vizi senza freni non rendono felici, che novità! Senza un messaggio forte, e chiaramente carente sotto il profilo della definizione dei personaggi, il film si riduce a un prodotto che abbozza un quadro generale di un'intera sottocultura, risultando di scarsa fruibilità sia per chi di rap non ne sa niente (e guardando la pellicola ne coglierà soltanto lo squallore) sia per gli appassionati del genere che probabilmente faticheranno a riconoscersi in questo manifesto senz'anima. Tanto più che l'ironia, una carta che sarebbe risultata sicuramente vincente visto il tipo di storia, latita e la preoccupazione di mostrare Biggie come uomo con i suoi difetti, ma con in fondo poche macchie, ha il suo effetto negativo sulla sincerità del film. Prodotto da Voletta Wallace, madre di B.I.G., Notorious non può che essere tenero con il suo protagonista e ciò si traduce in una sterilizzazione della sua personalità e del suo carattere. Nella sua vita tutto arriva e scompare come per incanto, droga e pistole capitano nelle sue mani per caso e ogni donna sembra un incidente di percorso. Cercando di approfondire la storia di Notorious-uomo, il film rivela talmente poco sull'artista che sparisce completamente l'urgenza creativa che apriva il rubinetto delle sue parole. Fallimentare nella caratterizzazione di personaggi, tanti, troppi e privi di alcuno spessore (e per gente come Sean "Puffy" Combs e Tupac Shakur, che forse più di Biggie hanno fatto la storia del genere rap, è un vero delitto) Notorious insegue nella sua realizzazione il modello del videoclip cercando di non darlo a vedere, con una fotografia 'black' e un montaggio frenetico che non lascia scampo, ma non sa restituire il vero spirito di quegli indimenticabili anni '90 in cui il rap agiva attivamente sulla costruzione dell'identità dei giovani. Il fondamentale aspetto delle gang rivali (la guerra tra East e West Coast) è gestito male e le morti di Tupac e Biggie sono raccontate in modo confuso, con evidenti problemi di ricostruzione degli eventi. Notorious risulta a conti fatti un biopic tamarro che funge da semplice ricordo di un artista passato a miglior vita. Alla fine del film non si capisce però bene perché una vita come quella di Notorious B.I.G. meritava di essere raccontata al cinema.