Arsa? Un film sullo scarto e sulla natura spietata. Parola dei MASBEDO

Il nuovo di Nicolò Massazza e Iacopo Bedogni è viaggio catartico nel lutto, nella perdita e in ciò che viene scartato. In sala.

Una scena di Arsa

Un'eruzione silenziosa, un desiderio che si fa fuoco, un'isola che si trasforma in teatro interiore. Arsa, il nuovo film dei MASBEDO, arriva come un'opera visiva e psichica al tempo stesso, girata sull'isola di Stromboli dopo il devastante incendio del 2022. Un progetto che sovrappone natura e inconscio, reale e immaginazione, per interrogare i meccanismi della visione e del desiderio, in un tempo in cui il cinema sembra essersi smarrito.

Il tema del lutto, dello scarto e di una madre che non c'è

Arsa Scena
Una scena di Arsa

Arsa è il personaggio chiave del film, una figura femminile che raccoglie i pezzi rotti del mondo per immaginarne uno nuovo, nonostante (o proprio grazie a) il dolore. Personaggi che esistono dentro le immagini, dentro il paesaggio, come frammenti di un sogno rotto.

"Il tema psicanalitico è un tema importante - spiegano i MASBEDO nel corso della nostra intervista - Arsa lavora con i simboli, cos'altro sarebbero questi scarti di plastica se non gli scarti di un dolore che si porta dentro? Nel suo caso lei fa tantissimo, nel senso che costruisce dei rapporti empatici con le persone diverse, con lo scarto. Con lo scarto costruisce qualcosa."

"Tutti ci chiedono: ma alla fine lei raccoglie soltanto la plastica?", raccontano i due registi. "Ha una svolta politicamente ambientalista, forse. Ma più che altro lei costruisce un mondo, un'immaginazione. Sostituisce il lutto, la fatica, un padre. E poi c'è una grande domanda che nessuno ci sta facendo: la madre dov'è?"

Ed è proprio lì che il film vibra di più. Arsa non ha un personaggio materno in senso tradizionale. Ma l'assenza è densa, pulsante, lavica.

"La madre è tutto ciò che c'è nel film. La natura, l'acqua, l'ambiente, il cannetto, il vulcano, il mare: è tutta Madre Natura la grande protagonista, insieme ad Arsa."

Attori e personaggi che definiscono il ruolo

Ma la Natura non è appunto l'unica figura femminile preponderante. Questa è una storia che ruota intorno a Gala Zohar Martinucci, che interpreta la stessa Arsa, presenza magnetica e selvatica che sembra emergere dalla stessa terra bruciata dell'isola.

"L'interprete di questo film poteva essere solo Gala - continuano i registi - abbiamo plasmato un'idea in funzione del suo carattere, del suo modo di porsi nei confronti delle cose. La stessa natura che le fa da palcoscenico è una trasposizione del suo essere selvatico, distaccato, perturbante, meraviglioso. C'è una simbiosi tra il suo ambiente psicologico e l'ambiente naturalistico che è come una cassa di risonanza."

Nel corso della nostra intervista è emerso che il ruolo degli attori in questo film non è prestabilito da un copione canonico. Il lavoro è inverso: non si scrive un personaggio da dare a un attore, ma si parte dall'interprete per costruire una creatura ibrida, fatta di carne, vento e cenere.

Arsa Gala Zohar Martinucci
La protagonista di Arsa

"Conoscendo Gala abbiamo preso gli elementi vitali della sua personalità e li abbiamo cacciati dentro il personaggio. Si vede. Lei mantiene delle distanze da un mondo che non riconosce. Ma non perché è naïf. Non si rispecchia in un mondo di dita che scorrono su una verticale. Ha bisogno di un'altra empatia", hanno raccontato Nicolò Massazza e Iacopo Bedogni.

In una delle scene più intense, Gala si avvicina ad Andrea (interpretato da Jacopo Martinori) in modo spiazzante, a tratti ambiguo. Un gesto che nasce da un dolore condiviso, e che tocca qualcosa di più profondo: "Bisogna essere sinceri - dicono i registi - quando due persone sono in una situazione luttuosa, si crea una pulsione. Andrea ha perso il padre, e anche lei ha perso il suo: la vita. È come se questa pulsione creasse un turbine. La psicanalisi ci dice che le pulsioni distruttive hanno una forza vitale enorme. Nel film questa cosa succede. Ma poi lei rifiuta. Sceglie."

Come nel mito, la catarsi non arriva dalla salvezza, ma dalla resistenza. Arsa non è un film che cerca di spiegare. È un gesto. Un atto visivo e sensoriale che incendia il linguaggio, lasciando lo spettatore bruciare nel dubbio, nella bellezza, nel magma.