Duecento giornalisti da tutto il mondo e più di sessanta televisioni collegate per la presentazione e lussureggiante red carpet di quello che è annunciato come il film più discusso e controverso della stagione cinematografica 2008-2009. Parliamo di Angeli e Demoni, l'atteso sequel de Il codice Da Vinci che riunisce a distanza di tre anni la squadra formata dal celebre scrittore americano Dan Brown, autore dell'omonimo best-seller che ha venduto 40 milioni di copie, dal regista premio Oscar Ron Howard e dal due volte premio Oscar Tom Hanks. Di nuovo un intrigo difficile da risolvere per il professor Robert Langdon, esperto simbologista dell'Università di Harvard 'colpevole' di aver svelato all'umanità i segreti più sconvolgenti della sua Storia. Ma se la volta precedente fu lui a prendere l'iniziativa stavolta accade il contrario, perché con sua grande sorpresa Langdon viene convocato d'urgenza a Roma dalle autorità vaticane a qualche ora di distanza dalla morte del Santo Padre e dal misterioso rapimento di quattro Cardinali del Collegio che si apprestavano a riunirsi in Conclave insieme al resto del Collegio per l'elezione del nuovo Papa. Poche righe bastano a Langdon per capire che dietro i misteriosi accadimenti c'è la mano degli Illuminati, un'antica ed agguerritissima confraternita religiosa segreta nata secoli fa, composta da liberi pensatori ai massimi livelli nell'arte, nella scienza e nella politica e costretta in clandestinità prima di scomparire ufficialmente più di cento anni orsono. Feroci oppositori della Chiesa e adoratori dei quattro elementi della natura - Acqua, Terra, Fuoco e Aria - gli Illuminati sarebbero tornati per mettere sotto attacco lo Stato Vaticano e distruggerne ogni traccia.
Di nuovo argomenti dunque scottanti per Ron Howard, apparso non solo soddisfatto del suo lavoro ma sempre più stimolato ad affrontare nuove sfide e nuovi enigmi sotto la guida 'spirituale' e artistica di Dan Brown. Non è apparso minimamente preoccupato neanche quando, durante la conferenza stampa, è stata data ufficialmente la notizia di un esposto formale presentato alle procure di Roma e Potenza da parte di un anziano vescovo contro il film, in cui egli denuncia il proprio dissenso nei confronti del suo contenuto considerato "altamente denigratorio, diffamatorio e offensivo per i valori della Chiesa e per il prestigio della Santa Sede".
Sorridente, un po' emozionato e con un'aria di chi sa di aver colpito nel segno, il simpatico regista tutto lentiggini ha parlato del film senza mai esporsi troppo, rispondendo con estrema cautela alle numerose domande dei giornalisti e duettando allegramente insieme all'amico Tom Hanks, vero ed unico mattatore della giornata. Nel cast anche uno straordinario Ewan McGregor nei panni del Camerlengo, personaggio chiave del film, la bellissima attrice israeliana Ayelet Zurer (già vista al fianco di Eric Bana in Munich di Spielberg) che veste i panni di una scienziata italiana e il 'nostro' Pierfrancesco Favino nei panni dell'ispettore capo della Gendarmeria Vaticana. Tutti presenti in sala insieme a Dan Brown, il padre putativo di questa avvincente storia a metà tra il fantascientifico e il mistico.
Ron Howard: Penso che le critiche vadano accettate quando sono costruttive e soprattutto quando hanno un fondamento, come per il Codice da Vinci anche questa volta non c'è stata la minima collaborazione e le critiche sono arrivate da persone che il film non solo non lo hanno visto ma che si sono rifiutati di vederlo su nostro ripetuto invito. Non sono preoccupato e di certo non ho preso questi attacchi a livello personale, posso dire solo che mi aspettavo tutto quel che è successo, sapevo che girare a Roma un film del genere sarebbe stato complicato.
I 'no' devono esser stati molti, specialmente per quel che riguarda le riprese nelle chiese più famose e all'interno del Vaticano. Tecnicamente come ha ovviato a queste problematiche?
Ron Howard: La Chiesa non mi ha mai facilitato il compito, questo è vero, ma non è successo solo in Italia ma per il Codice da Vinci mi furono negati permessi in tutta Europa. Qui a Roma è stato tutto molto emozionante nonostante le difficoltà, si è creato con la città e con la gente un rapporto meraviglioso e quindi abbiamo aggirato gli ostacoli girando in esterni e riproducendo statue, piazze e interni nei teatri di posa senza mai contestare le decisioni delle alte cariche della Chiesa riguardo a permessi e concessioni. Volevo che il mio film più importante da regista fosse il meno possibile circondato da frustrazioni e ansie, e soprattutto volevo portarlo a termine ad ogni costo.
Cosa ha rappresentato per Lei questo film?
Ron Howard: Ogni volta che dirigo un film mi trovo di fronte a due diverse esperienze parallele, quella tecnico-professionale e quella a livello intimo e personale. Sono estremamente diverse tra loro ma ugualmente intense, nella prima sono stato molto aiutato anche da Tom, che mi ha reso tutto più difficile con la sua bravura, la sua creatività e le sue straordinarie doti di sceneggiatore. E' grazie a lui che il personaggio scritto da Dan e da me adattato arriva al cuore dello spettatore. Gli chiedevo di dirmi sempre in ogni momento quel che pensava su questa o quella scena, senza filtri, con estrema schiettezza. E lui non si è mai tirato indietro.
Tom Hanks: E' un sogno che si realizza per me come attore, il personaggio di Robert mi ha permesso di fare da tramite tra passato e presente, tra l'Arte e la gente, tra la Storia e le sue contraddizioni. La sua mente corre contro il tempo, deve interpretare velocemente simboli e enigmi senza pause di riflessione, lasciandosi guidare dall'istinto e deve far da tramite anche tra la storia e il pubblico, esprimendosi in maniera chiara, intuitiva e senza filtri. La sfida più grande però è stata quella di sopravvivere tra le strade, le pietre sconnesse e le scale di Roma, un vero attentato all'incolumità fisica di tutti noi! (ride)
A proposito del libro, come ha lavorato per rendere sul grande schermo gli elementi meno realistici narrati da Dan Brown?
Ron Howard: Ogni volta che leggo un libro faccio una netta distinzione tra il lato emozionale e quello dinamico, c'è sempre un elemento o un personaggio che risultano più reali rispetto ad altri, le storie vanno esplorate e adattate in modo che possano essere appetibili dallo spettatore. Prima di scrivere la sceneggiatura ho chiesto a molte persone l'aspetto del romanzo dal quale erano rimaste più colpite ed ho avuto un'infinità di risposte. Su queste ho lavorato, ho sviluppato gli aspetti più interessanti che i lettori mi hanno sviscerato.
Rispetto al libro ci sono stati molti cambiamenti, qualcuno è stato apportato per evitare di accentuare gli attriti con la Chiesa?
Ron Howard: Quando si fa un adattamento i cambiamenti, i tagli sono inevitabili e le decisioni da prendere sono immediate. Nel Codice da Vinci c'era tempo per un'esplorazione più approfondita dei dettagli, in Angeli e Demoni no, bisognava dare al film il giusto ritmo senza soffermarsi troppo a pensare. Voglio precisare però che nessun cambiamento è stato apportato con l'intento di ingentilire il Vaticano o di risolvere le divergenze.
Come ha preso Dan Brown i cambiamenti rispetto al suo libro?
Dan Brown: Sinceramente credo che Ron abbia modificato la storia in maniera superba, credo che l'abbia resa cinematograficamente perfetta, più veloce e divertente per il pubblico delle sale. Credo altresì che nessuno dei cambiamenti sia stato pensato per etica o per accontentare la Chiesa, ma solo per rendere la storia più fluida e più avvincente. D'altronde l'autore del romanzo è sempre il giudice supremo in questi casi, posso solo dire che il film mi è piaciuto tantissimo, e nonostante il mio libro sia denso di contenuti devo dire che sono molto contento di come Ron l'ha trasformato. E' una storia di finzione costruita su argomenti reali, probabilmente aiuterà il pubblico a capire cos'è vero e cosa appartiene alla finzione.
Ron Howard: In qualche modo c'è secondo me una connessione tra scienza e fede, poi dipende sempre se si affronta il discorso dal lato intellettuale o da quello emozionale. Non ho mai voluto intenzionalmente far arrabbiare i credenti o mettere in discussione la religione, il mio intento unico è sempre stato quello di raccontare storie universali. Certo, se si è ossessionati dall'una o dall'altra cosa allora bisognerebbe evitare di vedere il film, spero che dal film possa venir fuori una prospettiva bilanciata tra i valori della Chiesa e le possibilità di criticarla e se necessario metterla in discussione come istituzione quando ce n'è bisogno. D'altronde come più volte viene detto nel film, la Chiesta è imperfetta in quanto formata da uomini, esseri difettosi per loro concezione e natura.
Signor Hanks, nel film il suo personaggio dichiara che la fede a suo modo di vedere è un dono, un dono che lui non ha ancora ricevuto. Cosa ci può dire riguardo questa affermazione?
Tom Hanks: Credo che questa sia la frase più indicativa per capire a fondo la filosofia del mio personaggio. Robert è un accademico e non comprende Dio, forse non lo capirà mai. Ma la sua è una dichiarazione non un giudizio, lui non vuole doversi giustificare, il suo lavoro non è quello di decidere se una cosa è vera o è falsa ma di aiutare le persone a capire i simboli di una religione e spiegar loro il significato.
Angeli e Demoni ha venduto molte meno copie de Il Codice da Vinci, non la preoccupa questa cosa in riferimento agli incassi al botteghino?
Ron Howard: Quando ho deciso di trasformare Angeli e Demoni in un film non ho minimamente pensato agli incassi ottenuti dai due libri, ero attirato dalla storia ed anche se è stato concepito dallo stesso Dan e da me come il sequel naturale de Il codice Da Vinci, questo film è stato concepito in maniera del tutto diversa dal precedente, con un altro spirito. Per dirigere questo film ho dovuto attivare altri 'muscoli cinematografici', con altro ritmo e con un altro sguardo d'insieme.
Il codice Da Vinci non è stato accolto positivamente dalla critica, questo ha modificato un po' il suo modo di lavorare in questo sequel o no?
Ron Howard: La cosa importante in questo mestiere è essere convinti di quel che si fa e del modo in cui lo si fa. Non pretendo che tutti amino il mio modo di lavorare, i gusti personali sono sacrosanti, ma dal momento in cui modifichi il tuo lavoro modellandolo su quel che gli altri pensano e non su quel che tu pensi sia giusto allora nulla ha più senso. Molti successi di pubblico sono corrisposti a grandi flop di critica e viceversa, ora sono solo curioso di vedere come il pubblico lo accoglierà.
Tom Hanks: Sono religioso, sono cresciuto in una famiglia religiosamente variegata. Ho avuto amici ebrei, io sono vicino alla religione greco-ortodossa come anche mia moglie. Non celebro nessuna religione, celebro il mistero, quando entro in una chiesa, di qualsiasi chiesa si tratti, cerco di vivere le emozioni che essa mi trasmette, le assorbo. Ogni giorno la nostra fede è messa a dura prova dagli eventi, il dubbio nel caso di Dan Brown non è una posizione editoriale predefinita, è solo una conseguenza. Il mio personaggio non cerca di provare nulla, non è un sovversivo, solo saldamente ancorato alla realtà. Nessuno può sapere cosa sia accaduto veramente 3000 anni fa, l'importante è che le convinzioni di ognuno contribuiscano a rendere il mondo un posto migliore.
Verrebbe da pensare ad una tattica premeditata che mira a far delle controversie religiose il proprio punto di forza per la promozione del film...
Ron Howard: Un film non può incrinare alcunché, nessuno che abbia fede può cambiare idea per così poco. Il cinema è intrattenimento, stimolo a riflettere, comunicazione. Ogni lettore e ogni spettatore ha la propria idea in merito a questi argomenti e a mio avviso qualsiasi film che possa far scoccare la scintilla del dialogo è da considerarsi positivo. Ogni esponente religioso che è entrato in contatto con noi per la realizzazione del film ha reagito con grande rispetto, di certo non si è mai trovato d'accordo con noi, ma ha sempre apprezzato la costruttività della polemica intorno al nostro lavoro e il confronto che esso ha scatenato. Ma più di tutto ha considerato positiva la nostra voglia di invitare la gente ad indagare sul proprio credo, sulle fondamenta della loro fede, credo sia un modo per provare a conoscere meglio noi stessi.