Andor è tornata con una seconda e ultima stagione che va a colmare definitivamente il lasso di tempo che separava la prima dagli eventi di Rogue One: A Star Wars Story. Un film dalla natura duplice, appartenente sia al regista Gareth Edwards che all'autore della sua storia, quel Tony Gilroy che poi, nella lunga sessione di riprese aggiuntive che è stata necessaria per portare a termine la pellicola, ha affiancato il collega nella finalizzazione del tutto.

Come sia andata a finire si sa. In questo tribolato e abbondante decennio in cui la Disney è diventata la nuova proprietaria della Lucasfilm, che in linea di massima mantiene comunque una grande autonomia e ha voce in capitolo su tutto ciò che riguarda le due grandi saghe ideate da George Lucas (Guerre Stellari e Indiana Jones), Rogue One è stato il film che ha messo d'accordo tutti i fan, quelli vecchi e quelli nuovi.

E proprio a Tony Gilroy è stato riconosciuto il merito di essersi saper riuscito a muovere in un territorio che, in ambito cinematografico o televisivo, era appannaggio esclusivo di gente come il deus ex-machina George Lucas, del suo pupillo Dave Filoni o di Jon "The Mandalorian" Favreau.
Gilory si è ritrovato a essere il custode dei 5 BBY, del quinquennio che ha preceduto la memorabile Battaglia di Yavin raccontata da "Zio George" nel film che, nell'ormai remoto 1977, ha dato inizio a ogni cosa. E per dare vita al suo, di affresco, Tony Gilroy ha dimostrato di aver appreso proprio la più grande lezione impartita da Lucas: saper rendere appetibili storie di cui conosciamo già la fine!
Dove eravamo rimasti
L'inevitabile guerra con l'Impero si avvicina. D'altronde, la prima stagione di Andor si era chiuse (anche) con il memorabile monologo di Maarva Andor, la madre adottiva di Cassian, che aveva esultato gli abitanti di Ferrix a "combattere l'Impero". Un "Fight the Empire!" che, nelle intenzioni originali, doveva peraltro regalare alla saga di Star Wars la sua prima "F bomb". La Casa di Topolino ha preferito che i toni si ammorbidissero, ma il senso delle parole pronunciate da Maarva con l'olomessaggio proiettato al suo funerale resta chiaro.
Nel passaggio dalla prima alla seconda stagione, Andor è diventato una figura sempre più importante per la nascente ribellione, nonostante il suo essere così vicino a Luthen Rael lo getti costantemente sotto una luce che risente comunque dei riflessi che gli arrivano addosso da colui che, a conti fatti, è stato il suo reclutatore. Una figura che, per una Ribellione che sta comunque assumendo dei connotati più strutturati (e politici) risulta quasi scomoda. Non è uno a cui piace scendere a compromessi. Ma saranno sempre Andor e Luthen il braccio e la mente dei più grandi trionfi che la Ribellione otterrà, successi che culmineranno nella distruzione della Morte Nera de Una Nuova Speranza. Senza di loro, le trame dell'Impero, intessute principalmente dal Direttore Orson Krennic, non sarebbero mai state scoperte. Senza di loro, la senatrice Mon Mothma avrebbe - probabilmente - fatto la proverbiale finaccia.
Le ribellioni sono costruite sulla speranza
Quando, nel 2022, Andor si è palesata su Disney+ ha colto molte persone alla sprovvista. Un po' perché era anche lecito domandarsi per quale motivo dedicare una serie a quello che, a conti fatti, era il personaggio più moscio di Rogue One: A Star Wars Story. Non ce ne voglia il povero Diego Luna, ma tra i componenti della squadra suicida di quel film, chiunque era più interessante di lui.

Cosa, questa, che avviene anche in Andor. Tanto che pare più una sorta di collante intorno al quale si muovono cose più grandi di lui e, nella seconda stagione, il suo ruolo è sempre più quello di braccio operativo del personaggio più bello e stratificato della storia, il Luthen Rael di Stellan Skarsgård. È lui che in entrambe le stagioni dello show ha i momenti più alti, è lui ad aver ricevuto il trattamento palesemente migliore in fase di scrittura.
E Stellan Skarsgård, da consumato artista e professionista, riesce ad abbracciare con convinzione tutte le sfumature e stratificazioni di un leader rivoluzionario destinato a muoversi in un territorio illuminato da pochissima luce e fatto, più che altro, di ombre. Ombre da cui deve cercare di non farsi influenzare per evitare di perdere di vista il fine ultimo del suo operato: sgominare l'Impero. E la seconda stagione, da questo punto di vista, ci regala dei momenti incredibilmente toccanti che vanno a ricollegarsi all'indimenticabile monologo che l'attore ci ha regalato nella prima stagione dello show. Nelle puntate che compongono la serie, ce n'è una interamente dedicata al rapporto che lega Luthen a Kleya Marki che è, con tutta probabilità, il migliore dei dodici.
E, sempre per continuare ad addentrarci in questo paradosso, Andor 2 continua anche quel percorso di riuscitissima esplorazione della vita quotidiana dei villain, quello che accade a individui come Syril e Dedra quando non stanno in ufficio e hanno modo di "spiegarci" come la loro ambizione personale conti più del perseguire gli ideali - giusti o sbagliati che siano - dell'Impero. Un discorso, questo, che vale anche per il Direttore Krennic, che pare più attirato dalla prospettiva di entrare nella "Hall of Fame" dell'Impero grazie al progetto che ha voluto e che sta supervisionando, la Morte Nera, che da altro.
Una narrazione dal ritmo altalenante
Già Andor 1 aveva colpito il pubblico perché, pur facendo parte di un franchise come quello di Star Wars, si concedeva i suoi tempi. Tony Gilroy ha iniziato a mettere le carte in tavola concedendosi una certa lentezza: ci sono voluti quattro, cinque episodi prima che lo show decollasse definitivamente. Con la seconda stagione accade qualcosa di simile anche se le dodici puntate che la compongono hanno l'ingrato compito di raccontare quello che, nei piani iniziali, doveva essere narrato da cinque stagioni complessive. Produttivamente, la Disney avrebbe dovuto spendere qualcosa di accostabile al PIL del Lussemburgo e così Tony Gilroy ha accettato la missione impossibile di raccontare, a blocchi di tre episodi, gli anni che portano ai fatti di Rogue One. È questa la ragione logica che ha portato la major a decidere di rilasciare, nell'arco di un mese, quattro blocchi da tre puntate.

Nell'andarsi a ricollegare alla prima pellicola antologica di Guerre Stellari uscita nel 2016, Gilroy è riuscito a ripetere la magia di un film dal finale già noto. Fin dal 2022, sappiamo che la storia di Andor terminerà con una missione suicida, quella di Rogue One appunto. Ciò detto, l'affresco che viene fatto di questi cinque anni è oltremodo appassionante per come va a riempire i vuoti del racconto, per come tratteggia i personaggi che si muovono al suo interno e per come riprende situazioni ben note del canone o delle leggende della saga, dal massacro di Ghorman al discorso di Mon Mothma al senato.
Una narrazione che non è comunque esente da difetti: nonostante la necessità di raccontare in dodici episodi quello che, in un mondo ideale, doveva essere affrescato in più stagioni, i cali di ritmo e attenzione sono più marcati che nella prima stagione e ci vuole una certa dedizione per proseguire nella visione di quella che, a conti fatti, resta la serie di Star Wars più interessante fra quelle presenti in streaming su Disney+.
Conclusioni
Se, da un lato, The Mandalorian si è sempre mosso su un territorio fatto di nostalgia e successo preventivato già da prima che la serie arrivasse materialmente in streaming, Andor ha sempre rischiato di più. A partire dal volersi concentrare su un personaggio che, di suo, è deboluccio. Eppure quella partorita da Tony Gilroy è finita per essere la più audace e insolita produzione di Guerre Stellari mai vista. Una spyware story che nel raccontare in modo efficace i risvolti umani, privati dei ribelli e degli imperiali, fa tesoro della più interessante lezione data da Lucas con la Trilogia Prequel: rendere accattivanti storie di cui si conosce già la fine o l'evoluzione. Certo, non tutto funziona come dovrebbe: alcuni momenti sono allungati inutilmente e quasi allo sfinimento e in certi passaggi si poteva lavorare di forbici in modo più drastico. Ciò nonostante, Andor resta un oggetto anomalo, affascinante e anche coraggioso in un franchise che, da Il Risveglio della Forza in poi ha fatto più passi falsi che altro. Ora che è giunta a compimento, Andor, insieme a Rogue One, riscrive per sempre il modo in cui ci approcceremo ai fatti di Una Nuova Speranza.
Perché ci piace
- Il racconto del lato umano dei ribelli...
- … e degli imperiali
- Luthen Rael, un personaggio sempre più riuscito
- L'arricchimento del canone, massacro di Ghorman in primis
- La rilettura inevitabile dei fatti di Una Nuova Speranza
Cosa non va
- Il protagonista continua a essere la “nota dolente”
- Le prime due puntate...
- … che potevano essere riassunte in una
- I cali di ritmo (la scena di una festa è davvero troppo lunga, così come quella in cui vediamo un certo personaggio... ballare)