Durante l'ottantesima Mostra del cinema di Venezia abbiamo avuto modo di scoprire un documentario molto particolare, delicato e struggente. Parliamo di Amor di Virginia Eleuteri Serpieri, un lavoro intimo nel quale l'autrice racconta una vicenda familiare drammatica, ovvero la depressione e il suicidio di sua madre, vicende che si intersecano in modo armonioso alla storia di Roma, alle sue strade e al suo fiume che scorre, una Città Eterna che è viva e che dal suo lato migliore genera un luogo di guarigione e accettazione. È questo il pianeta Amor, un luogo immaginario ma che racchiude l'anima tangibile e nascosta. Ne abbiamo parlato insieme alla regista che ci ha raccontato la complessa genesi di questo progetto, un lavoro stratificato e di ricerca che è stato allo stesso tempo un viaggio nel dolore e nella perdita.
La genesi del progetto
Questo è il tuo primo lungometraggio, come è cambiato il tuo approccio al lavoro?
È stato molto diverso per quanto riguarda la scrittura. C'è stato un grosso lavoro per rendere il più fluido e scorrevole possibile il film. Il metodo, invece, è sempre lo stesso: io parto dal sentire e dalle suggestioni che mi danno le immagini e quello che leggo. Inizio leggendo molto, guardando molte cose e poi piano piano metto tutto insieme, come un puzzle. Prima sento col cuore che ci sono dei link, dei legami, e poi lo capisco con la ragione. Questo sì, è un lavoro più complesso perché è come stare in fondo ad un fiume: tu sei sotto e aggiungi strati, vuoi arrivare in superficie per comunicare agli altri, che sono sopra, tutto questo mondo sommerso. Questo è difficile, la scrittura è stata difficile per la necessità di rendere questi strati per riuscire a comunicare questo puzzle.
Nel tuo documentario parli del suicidio di una persona cara. La depressione e quelle che a volte sono le sue tragiche conseguenze, è qualcosa che in qualche modo resta "attaccata" a chi rimane. Tu hai raccontato anche un processo di accettazione, quali obiettivi ti eri posta per mantenere l'equilibrio del racconto?
Roma mi ha aiutato, se fossi rimasta con le immagini frammentate della mia famiglia forse non ci sarei riuscita. Trasferendo invece questa composizione, questa mappatura, creando un atlante domestico e riportandolo sulla città, sono riuscita a creare una guida con cui intrecciare i miei percorsi a quelli della città. La città mi ha reso il viaggio meno doloroso e anzi molto entusiasmante: ho scoperto che Roma è un vero tesoro, dove scavi trovi. Ho trovato così dei link pazzeschi tra la mia storia, tra il rapporto di Roma e il suo fiume, nelle figure femminili dell'immaginario e dell'iconografia romana: ad esempio Clelia, io non conoscevo la sua storia, ma lei è una figura coraggiosa, molto moderna perché salva le sue compagne attraversando il fiume a nuoto. Sembra un personaggio dei film di oggi, dove le donne salvano e non vengono salvate. Poi ci sono figure anche tragiche e più classiche come Rea Silvia che come madre è costretta ad abbandonare i suoi figli. Insomma, ho scoperto tantissime suggestioni che mi hanno reso questo lavoro non tragico ma costruttivo e gratificante. La felicità, che è il contrario dell'infelicità data dalla depressione, ha come significato il creare cose nuove: quando tu trasferisci un dolore, e ricomponi cose attraverso altro puoi creare qualcosa di nuovo e nel farlo non resti a fondo, non rimani sopraffatto dal dolore ma esci fuori.
Amor, la recensione: parlare di Roma per raccontare una vita
La vera anima di Roma
Il pianeta Amor, speculare alla città eterna, un posto di pace, di cura e consapevolezza. Cosa rappresenta veramente per te questo luogo?
Per me il pianeta Amor rappresenta ciò che potrebbe essere Roma, perché Roma ha tutti questi elementi: io ho visto Amor grazie a Roma, non è qualcosa che io ho imposto alla città ma è il suo lato luminoso. Spesso quando si racconta una città si racconta il lato oscuro, io ho fatto esattamente il contrario. Le immagini da cartolina spesso nascondono Roma, non la fanno veramente vedere, invece, attraverso la mia sofferenza ho scoperto che la città è stata generosissima con me, mi ha salvato e mi ha fatto fare questo film, lei mi ha aiutato e mi ha fatto vedere Amor. Per rivedere di nuovo Roma dobbiamo chiudere gli occhi e immaginarla perché lei è lì per ognuno di noi. Ogni cittadino deve riappropriarsi della propria città, sentirla come un luogo suo, non un luogo da consumare. Le piazze sono fatte per i cittadini, non per essere vendute.
Roma, come hai lavorato sulle immagini storiche e che tipo di Roma viene fuori da Amor?
Ho fatto una ricerca prima di dedicarmi alla scrittura. Ho costruito proprio un atlante di immagini di Roma e l'acqua, tantissime fotografie di acquedotti che poi non ho nemmeno inserito nel film. Ho raccolto tantissime immagini e poi ho cominciato a levarne tante per lasciare quelle più significative, quelle che creavano un link tra la mia storia e la storia di Roma. Con la città in questo modo si possono creare infiniti film, è un luogo generosissimo, pieno di tesori, dove scavi trovi una storia bellissima.
Progetti futuri
Puoi parlarci di quali saranno i tuoi progetti futuri?
Vorrei raccontare un'altra storia drammatica perché credo che la mia filmografia ruoterà su questo genere. Con mia mamma ho concluso, ora lei è nel pianeta, però purtroppo nella mia vita ci sono state altre esperienze dolorose di questo tipo. Ho avuto una storia d'amore con un ragazzo che ha perso la vita allo stesso modo e ora sono intrappolata in questo lutto. Ci sono molti talenti straordinari, persone meravigliose, artisti che sono morti così, senza che nessuno li abbia conosciuti. Altri invece li conosciamo. Io sono un'appassionata di musica e penso a quando ero giovane, ai Nirvana, a Kurt Cobain, a tutta una generazione. Gli anni novanta hanno visto molti morti in modo autodistruttivo. Con il nuovo film vorrei parlare di questo attraverso una storia d'amore in cui la musica ha legato due vite.