Con l'episodio numero tredici, Curtain Call, si chiude una quarta stagione decisamente sfortunata per American Horror Story, che quattro anni dopo il primo capitolo, ambientato nella Murder House abitata dalla famiglia Harmon e da tanti, troppi fantasmi, ci porta sotto tra le roulotte e i tendoni di un Freak Show, un circo di quelli che una volta si chiamavano "fenomeni da baraccone". Siamo nei primi anni '50, in una cittadina della Florida terrorizzata dalle imprese di un mostruoso serial killer vestito da clown e che vede con sospetto i "nuovi arrivati", queste creature speciali, segnate da caratteristiche fisiche peculiari.
Un passo indietro
Per capire bene cosa non ha funzionato di Freak Show, è necessario fare un piccolo passo indietro e valutare la serie ideata da Ryan Murphy e Brad Falchuk nel suo insieme. American Horror Story ha fatto il suo debutto sul panorama televisivo con una storia di fantasmi poco convenzionale, che giocava a trarre in inganno lo spettatore sulla natura (morale e fisica) dei personaggi, e al tempo stesso intraprendeva una riflessione sugli "orrori" di un matrimonio alla deriva: i tradimenti, le bugie e i segreti che venivano fuori dai loro nascondigli come zombie. Il secondo capitolo, Asylum, era ambientato in un manicomio gestito da religiosi ed esplorava le spaventose contraddizioni su ciò che la società considera "normale" o no. I temi principali di Coven invece, una terza stagione dal registro più lieve rispetto alle precedenti, erano la stregoneria e il potere in chiave femminile, che le protagoniste esercitavano in modi differenti e a seconda delle loro capacità. Oltre a questo, American Horror Story nell'arco di quattro anni, ha toccato tematiche forti - spesso in maniera provocatoria - come il razzismo, la sessualità e l'amore vissuti da persone che siamo abituate a considerare "diverse".
Tematiche deboli
Il principale punto debole di Freak Show è proprio nelle tematiche, che non offrono sostegno alla narrazione. Nessuno dei temi possibili è stato scandagliato con sicurezza, dando per scontato che gli ingredienti che hanno caratterizzato la serie fino ad ora bastassero a garantire il successo della quarta stagione. Non sono bastati quindi l'ambientazione sinistra, il netto contrasto tra queste figure grottesche e la società degli anni Cinquanta, tratteggiata con i suoi toni pastello, i sorrisi convenzionali, le riunioni tra vicine di casa, così come non sono bastate le trovate grand guignol - in questo caso esasperate dal contesto - il glamour e il sesso, perché nell'arco di tredici episodi la storyline ha sfiorato appena le vite e i background dei personaggi principali, per non parlare del loro rapporto con le istituzioni e i cittadini, inesistente e non adeguato a quello che accade tra omicidi, sparizioni e altre nefandezze.
Mostri, pagliacci e gli 'spettri' del passato
Come se non bastasse, ad una narrazione oggettivamente debole - che prova a trarre lo spettatore in inganno, come era accaduto per Murder House, ma senza lo stesso coinvolgimento - Freak Show ha puntato su un caleidoscopio di personaggi non supportati da una scrittura adeguata. Se all'inizio della stagione eravamo conquistati dalle apparizioni del clown Twisty - talmente terrificante da mettere in ombra qualsiasi pagliaccio sia stato concepito nell'ambito della letteratura e cinema di genere - in seguito siamo stati costretti a vederlo uscire di scena per affidare il suo ruolo a Dandy Mott, killer psicopatico tra i più irritanti e insopportabili che siano mai stati scritti, e che non vanta di certo la stessa presenza scenica del suo predecessore. Ai sanguinosi giochi di Dandy - ragazzone viziato cresciuto con sua madre, in una villa tra balocchi costosi e divertimenti di ogni genere - si sovrappongono le imprese di una coppia di delinquenti - interpretati Emma Roberts e Denis O'Hare - intenzionati a uccidere i freaks per rivendere i loro corpi ad un museo di "stranezze" che li espone sotto formalina al pubblico pagante.
Intendiamoci, Sarah Paulson è adorabile nel suo duplice ruolo di Dot e Bette - le due gemelle siamesi che sognano l'indipendenza, la fama e un uomo che le renda felici - Angela Bassett ha un personaggio seducente e simpatico, con una bella personalità (e una scollatura esuberante) ma non è certamente paragonabile a quello della regale e perfida Marie Laveau, Kathy Bates stavolta è rimasta un po' in disparte con la sua Ethel, donna barbuta combattiva e sensibile, e Jessica Lange invece è la vera vittima di American Horror Story, condannata da quattro stagioni a interpretare un personaggio con caratteristiche simili. La sua Elsa Mars, matura entertainer e titolare del Freak Show che sogna il successo della Dietrich, non è tanto diversa - con i suoi sogni infranti, le delusioni e gli orrori del passato - da Constance, Jude e Fiona. Come se non bastasse, negli ultimi episodi di Freak Show, Elsa ritrova l'amore del passato, un italiano interpretato da Danny Huston, e con lui rievoca una love story che sa di già visto. Massimo Dolcefino non sarà un serial killer con la passione per il jazz, ma ha una valigetta, una grande fascinazione per Elsa e se deve accoppare qualcuno non si fa problemi. Le cose non vanno certamente meglio per gli attori chiamati ad interpretare ruoli secondari, da Neil Patrick Harris a Wes Bentley, non tutti in parte, soprattutto il secondo.
Gran finale?
Con Curtain Calls cala finalmente il sipario su una stagione da dimenticare - con un unico episodio degno di nota, quello che lega Freak Show ad Asylum, e che ricostruisce il background del personaggio di Pepper, interpretata dalla brava Naomi Grossman e conferma i tanti difetti di questa quarta stagione. Freak Show si chiude con un massacro e pochissimi sopravvissuti alla furia del suscettibile Dandy, e un immediato salto temporale di qualche anno. Elsa ha realizzato il suo sogno, è diventata una star della TV e ha un suo programma televisivo. Ma ovviamente, dietro tutto questo successo, si nasconde l'orrore di una relazione alla deriva con un dirigente televisivo e soprattutto quello del declino imminente, con una voragine di alcolismo, insoddisfazione e rimpianti che sta per fagocitare l'affascinante chanteuse, che quando non è sul set è adagiata languidamente su un sofà.
Niente di nuovo, quindi. Ma se speravamo che tutto si chiudesse almeno come in Murder House - con un magnifico monologo allo specchio - ci siamo dovuti ricredere con un finale scritto in maniera approssimativa, che vede Elsa ricongiungersi ai suoi "mostri" dopo la morte in diretta durante l'ultimo spettacolo.