L'appuntamento romano con gli autori e con alcuni degli interpreti, che ha avuto luogo verso la fine di marzo alla Casa del Cinema, si è rivelato quanto mai adatto ad approfondire l'ispirazione di una pellicola ostica come All'amore assente.
Oltre al regista, Andrea Adriatico, erano infatti presenti Stefano Casi, sceneggiatore, due elementi importanti del cast, Francesca D'Aloja e Corso Salani, nonché, seduto tra gli spettatori, il sindaco di Tresigallo, località che ha fatto da sfondo a parte delle riprese.
Ne è nato un confronto in grado di fare chiarezza sui tanti elementi ambigui di un film senz'altro coraggioso, ma talvolta anche un po' sibillino nell'accostare la dimensione privata dei personaggi a scenari più ampi, col senso da attribuire oggi alla vita politica e alle comunicazioni elettorali quale interrogativo di fondo.
Come è uscita fuori l'idea del film?
Stefano Casi: Il lavoro che abbiamo deciso di portare avanti in fase di sceneggiatura, con il regista Andrea Adriatico e lo scrittore Marco Mancassola, consisteva nell'intrecciare il piano personale e quello politico, facendo emergere tutto il disagio di un soggetto abituato a lavorare con la parola. Tale disagio si impone nel momento in cui entra in scena un politico capace di rendere completamente artefatta e falsa quella parola.
La beffa si è risolta nel creare un discorso parafrasando addirittura le composizioni poetiche di Walt Whitman, pur sapendo che ciò sarebbe apparso strano nella bocca di un politicante che Whitman, magari, nemmeno lo conosce.
Andrea Adriatico: Poter presentare il film in questo periodo costituisce un segnale molto particolare. Quando ho cominciato a scriverlo avvertivo un disagio e un senso di non appartenenza che ora, con la competizione elettorale ormai imminente, si sono accentuati, facendosi sentire in modo ancora più forte, penetrante.
La possibilità di scrivere All'amore assente in tre ha inoltre rappresentato un'esperienza piuttosto nuova, perché si è trattato di inserire uno scrittore, Marco Mancassola, all'interno di un gruppo di lavoro compatto come quello formato da me e Stefano Casi, che avevamo già collaborato per Il vento, di sera.
Come è nata, invece, la collaborazione con Tonino Valerii?
Andrea Adriatico: Lo avevo conosciuto durante il suo festival, che è dedicato alle opere prime, e al quale ho partecipato vincendo proprio con Il vento, di sera, mio primo lungometraggio. Da quell'incontro è nata una forte amicizia, con la reciproca simpatia che è sfociata poi nella partecipazione di Tonino al mio nuovo film, in qualità di interprete: una scommessa di cui sono pienamente soddisfatto, perché ha reso davvero bene l'aria spaesata del personaggio.
Come vanno intesi il finale e la presenza ossessiva della pioggia?
Andrea Adriatico: La pioggia è un elemento fondamentale nel corso del film, così come il farlo iniziare e poi concludere con l'apertura dello sportello di una macchina è stato importante, perché ha permesso di racchiudere all'interno dell'abitacolo, in una stasi apparente, tutto il viaggio che ho voluto raccontare.
Perché la scelta di Whitman e di un linguaggio così lontano dalla politica di oggi?
Andrea Adriatico: Il ghost writer è un mestiere che ho fatto per lungo tempo, scontrandomi ovviamente con determinate contraddizioni, in primis l'urto tra la dimensione dell'efficacia e quella dei contenuti.
La scelta di Whitman potrebbe apparire una stranezza, qualcosa fuori dall'ordinario, ma serve anche a problematizzare questo particolare confronto dialettico.
Stefano Casi: La poesia di Whitman contiene di per sé riflessioni sul senso profondo del fare politica. Volendo ribaltare il discorso è evidente che l'anomalia, ciò che non dovremmo mai essere costretti ad ascoltare, è il linguaggio della politica che si usa oggi.
Andrea Adriatico: Un altro aspetto rilevante è che a me non interessa la riconoscibilità degli schieramenti, delle forze in campo, anche perché nel film vengono raccontate altre cose, sempre legate alle forme di disagio cui è soggetto l'uomo moderno.
Può dirci qualcosa di più sull'elemento dell'acqua, qui così presente?
Andrea Adriatico: Mi fa piacere che si legga con facilità questa rilevanza dell'acqua, affermata sin dalle inquadrature su un rubinetto aperto con cui inizia il film. Da parte mia aggiungerei l'insistenza su quei personaggi che si recano in bagno per lavarsi le mani, ritratti a lungo così, proprio per sottolineare a livello metaforico l'esigenza di una pulizia interiore.
La pioggia è poi una sorta di sottofondo acustico che consente di creare coesione intorno a una pellicola che altrimenti risulterebbe ancor più frazionata, scomposta.
Il comizio che si sente nel film sembra persino richiamare i valori di Obama, è così?
Andrea Adriatico: Quando ho iniziato a scrivere All'amore assente non sapevo nemmeno chi fosse Obama, ma è vero che il film si ricollega ai dibattiti in seno alla democrazia americana, al peso delle parole. Va quindi messo in relazione con l'attuale incapacità di tradurre il potere persuasivo delle parole in un effettivo miglioramento delle condizioni di vita.
Da Francesca D'Aloja vorremmo sapere cosa pensa del suo ruolo, ma anche se Il sogno cattivo, suo primo romanzo, stia già per diventare un film.
Francesca D'Aloja: Sì, un film lo sta diventando, ed anche lì si parla di politica. Per quanto riguarda il film di Adriatico mi è piaciuto subito il tono non realistico, la capacità di deformare le cose illuminandole di una luce irreale ed esaltando per esempio i difetti. Io, che a volte mi sento a disagio per il fatto di essere piuttosto alta, sono stata persino spinta, in certe scene, ad indossare scarpe con i tacchi!
Anche il fatto di girare sotto la pioggia ha contribuito al crearsi di una dimensione alterata, notturna, quasi zen.
Di Corso Salani colpisce invece la disponibilità ad apparire in piccoli ruoli, quale forma di adesione a particolari progetti cinematografici. Con che spirito ci si presta a simili partecipazioni?
Corso Salani: Quando ho fatto con Andrea Il vento, di sera mi sono affezionato subito a lui e al suo cinema, perciò è da allora che mi sono messo a disposizione per altri progetti. Qui non sapevo certo che avrei indossato un simile paio di occhiali, ma al di là dell'estetica è stata una delle partecipazioni cui mi sono prestato con più gusto.
Nel caso di Piano, solo va detto anche che Riccardo Milani era mio giocatore quando facevo l'allenatore di una piccola squadra di calcio, per cui non vorrei sembrare retorico ma certe apparizioni sono fatte col cuore, e comunque danno il senso della continuità di determinati rapporti artistici e personali.
Tornando infine alla regia, quale peso hanno le location nel film?
Andrea Adriatico: Nelle mie intenzioni vi era senz'altro il desiderio di mostrare una certa architettura razionalista, che raramente fa capolino nell'immaginario cinematografico di casa nostra. Sicuramente mi aveva colpito il lavoro di Sorrentino a sud, con L'amico di famiglia. Per quanto riguarda il mio film ne approfitto invece per ringraziare il sindaco di Tresigallo, presente oggi in sala, perché senza la collaborazione del Comune un'opera come All'amore assente difficilmente esisterebbe. Mi serviva infatti un posto così, con una commistione di architettura Bauhaus e di altre forme architettoniche legate in qualche modo alla rappresentazione del potere.