Il 30 settembre 2001 debuttò sulla ABC Alias, la seconda serie TV creata da J.J. Abrams (la prima, ideata insieme a Matt Reeves, fu Felicity). Uno spy thriller intriso di fantascienza che incantò il pubblico americano fino al 22 maggio 2006, quando chiuse i battenti dopo cinque stagioni e 105 episodi (ne erano previsti altri cinque, ma la stagione finale fu accorciata per via degli ascolti in declino). In Italia la serie arrivò su Rai Due il 12 gennaio 2003 - e se concedete un appunto personale, fu la prima serie drammatica seguita regolarmente da chi scrive - e si concluse pochi mesi dopo la data americana, per l'esattezza il 9 agosto 2006. E nei dieci anni passati da quell'ultima scritta - "Grazie per cinque anni incredibili", rivolto al pubblico - l'impatto della serie si fa ancora sentire, che si tratti della carriera di Bradley Cooper, lanciata proprio da un ruolo importante alla corte di Abrams, o del percorso artistico dello stesso creatore della serie, che nel giro di pochi anni è diventato un cineasta e superproduttore da fare invidia a Steven Spielberg.
"My name is Sydney Bristow"
È facile comprendere perché i telespettatori siano stati sedotti da Alias, già a partire dall'eccellente pilot, diretto da Abrams e notevole per il suo look decisamente cinematografico, come quello di Lost tre anni dopo (fu proprio la visione del pilot di Alias a convincere Tom Cruise ad ingaggiare Abrams come regista di Mission: Impossible III). Tra un intrigo e un altro scopriamo che la giovane Sydney Bristow (Jennifer Garner), reclutata dalla CIA mentre frequenta l'università, è stata tratta in inganno dai suoi datori di lavoro. L'SD-6, infatti, non è una sottosezione dei servizi segreti americani, bensì una costola dell'Alleanza dei Dodici, un'organizzazione clandestina che vende segreti ed armi (Sydney lo viene a sapere in seguito all'assassinio del fidanzato, al quale aveva detto di essere un'agente della CIA). Inizia così una nuova fase della carriera di Sydney, dedita al doppio gioco insieme ad un alleato inatteso: suo padre, Jack Bristow (Victor Garber).
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Nel corso degli anni, l'attività spionistica di Sydney sfiora sempre di più territori fantascientifici, grazie alle profezie su di lei e il suo legame con l'opera dell'inventore Milo Rambaldi. Inoltre, professionale e privato si fondono in modo inesorabile con la scoperta che Laura, la madre di Sydney, è in realtà Irina Derevko (Lena Olin), una spia sovietica, nonché sorella delle spietate Katya (Isabella Rossellini) ed Elena (Sonia Braga) e madre di Nadia Santos (Mía Maestro), frutto di una relazione adultera con Arvin Sloane (Ron Rifkin), antagonista principale della serie. Altre complicazioni hanno le fattezze di ospiti speciali come Quentin Tarantino, Rutger Hauer, David Carradine, Roger Moore, Amy Acker e Danny Trejo. Anche J.J. Abrams si è concesso un cameo nella serie: nella prima stagione, ogni volta che Sydney si serve di una telefonata in codice per contattare la CIA, la voce che risponde con la domanda "Joey's Pizza?" è quella dello showrunner (che ha anche composto le musiche per la sigla, che potete vedere qui sotto in tutte le sue varianti).
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Cinque anni non facili
Durante la prima stagione, il format degli episodi era abbastanza atipico: ciascuna puntata fungeva sia da epilogo a quella precedente che da preludio a quella successiva, seguendo uno schema all'insegna del cliffhanger continuo. Nel corso della seconda annata la ABC impose ad Abrams una struttura più tradizionale, con episodi autoconclusivi, motivo per cui la trama orizzontale principale - la distruzione dell'SD-6 - fu risolta dopo appena un anno e mezzo dall'inizio dello show. Altre modifiche sono state dettate dalla disponibilità di Lena Olin (l'attrice vive a New York, e dopo l'esperienza della seconda stagione non volle continuare a fare la pendolare fra il domicilio e il set a Los Angeles) e, nell'ultima annata, dalla gravidanza di Jennifer Garner. Questo ha portato a tre stagioni conclusive alquanto schizofreniche, tra retcon, zombie sovietici (!) e un parziale ritorno alle origini. Fino ad un finale più o meno conciliatorio, fintamente aperto ma comunque abbastanza soddisfacente, al punto da meritare/giustificare quel messaggio finale di Abrams rivolto ai fan che hanno seguito la serie fedelmente dall'inizio alla fine.
Un mondo abramsiano
Più di ogni altra cosa, Alias ci ha abituati allo stile Abrams, fatto di misteri, segreti, trame a lunga gittata (almeno in televisione), apparizioni di Greg Grunberg e omaggi a Star Wars. L'autore ha provato a rivisitare il genere spionistico catodico alcuni anni dopo con Undercovers, ma senza il successo d'un tempo, mentre al cinema continua a produrre la saga di Mission: Impossible. Decisamente più felice il capitolo Lost (citato in Alias tramite l'uso della canzone You All Everybody nella premiere della quarta stagione), e anche quello di Fringe. Per non parlare dell'esito positivo di Star Trek e del trionfo colossale di Star Wars: Il risveglio della forza, che per certi versi è stato il culmine di tutto quello a cui Abrams ha lavorato negli ultimi quindici anni. Certo, è più o meno appurato che la decisione di dare un ruolo forte ad una donna venisse già dai piani alti della Lucasfilm, ma è altrettanto palese che Rey sia anche farina del sacco del creatore di Sydney Bristow, che continua a vivere nelle gesta delle altre eroine abramsiane.
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