Alfonso Cuaron si è concesso al pubblico del Locarno Film Festival nel giorno più caldo, ma neppure l'afa soffocante, attenuata appena dallo sventolare di decine di ventagli, ha fatto desistere il pubblico svizzero dal seguire con attenzione i racconti del cineasta messicano. Cuaron, a Locarno per ritirare il Lifetime Achievement Award, di fronte a una Piazza Grande gremita all'inverosimile, ha intrattenuto gli astanti con tanti aneddoti divertenti e si anche "confessato", ammettendo le sue paure a inizio carriera.
"Amo il cinema fin da quando ho memoria" ha esordito. "Da piccolo ne ero dipendente, volevo sempre guardare film. Una sera in cui i miei erano fuori a cena, io e mio cugino abbiamo fatto irruzione nella loro stanza per guardare la tv. Non avevo il permesso di guardare la tv così tardi, ma ho acceso e il film che ho visto ha cambiato per sempre la mia percezione commuovendomi fino alle lacrime. Quel film era Ladri di biciclette".
I primi passi nell'industria
A nove anni Alfonso Cuarón ha deciso che avrebbe voluto fare il regista, ma per tutta la sua carriera ha portato avanti questa idea di cinema totale nato dall'esperienza coi film indipendenti a basso budget in cui un cineasta deve saper fare un po' di tutto. "Ho iniziato a montare i miei film e mi sono abituato, monto personalmente quasi tutti i miei lavori. Il montaggio è una forma di riscrittura" spiega. Negli anni del boom dei cineforum in Messico, unico paese latinoamericano ad avere contatti con l'Unione Sovietica all'epoca, Cuaron incontra uno dei suoi principali futuri collaboratori, il direttore della fotografia Emmanuel Lubezki. "Dopo la proiezione i giovani andavano alle feste per conoscere le ragazze. Lì ho conosciuto Chivo. Più tardi, alla scuola di cinema, mi ha fatto da assistente. Ho visto i suoi Super 8, il suo lavoro era già fantastico, così mi sono detto 'Lui è il mio uomo'".
Dai primi passi nell'industria messicana, dove era destinato a girare telenovelas o spot pubblicitari ("ma io non volevo fare nessuno dei due"), ai debiti per girare il suo primo film, Uno per tutte, scritto col fratello Carlos, che ha attirato l'attenzione di Sydney Pollack e lo ha portato a Hollywood, dall'esperienza "terrificante" con Alan Rickman e Laura Dern sul set della serie Fallen Angeles alle regie di La piccola principessa ("Non amo il risultato, ma il film ha i suoi fan e quindi non posso parlarne male") e Paradiso perduto, Alfonso Cuaron ripercorre la prima fase della sua carriera che culmina con Y tu mama tambien. "A un certo punto ero stanco di tutti questi film patinati, di queste palette di colori scelti a tavolino. Volevo fare un film libero, senza regole, radicato nella realtà".
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Harry Potter: una felice scoperta
Y tu mama tambien riporta Alfonso Cuaron negli USA e arriva il momento dell'ingaggio per Harry Potter che, come spiega il regista, "è arrivato inaspettato. Non avevo pianificato niente del genere. All'epoca avevo già scritto I figli degli uomini, ma nessuno voleva finanziarlo, i produttori non lo capivano. Avevo un figlio e avevo bisogno di soldi. Mi hanno offerto Harry Potter e il prigioniero di Azkaban e non lo volevo fare. Allora Guillermo del Toro mi disse che ero uno stronzo arrogante e che dovevo leggere il libro. L'ho fatto e l'ho trovato grandioso. Ne ho parlato con J.K. Rowkling, le ho detto che per me non parlava di magia. Parlava del passaggio dall'infanzia all'adolescenza in un contesto sociale difficile. Mi sono convinto a farne qualcosa".
A spingere Cuaron ad adattare il romanzo di Harry Potter era anche una motivazione decisamente più pragmatica: "Per fare I figli degli uomini avevo bisogno di lavorare con gli effetti visivi, ma non ne sapevo niente. Mi sono detto 'Questa sarà la mia scuola materna'. Ho usato Harry Potter per prepararmi, ma girare il film è stato un piacere. Pur non amando il fantasy, ho adorato quell'universo perché è radicato nella realtà". Il regista poi specifica che, mentre l'amico Guillermo del Toro ama molto il fantasy, lui è un estimatore dell'horror e aspirerebbe a realizzarne uno al più presto.
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Da Gravity a Roma: l'importante è evolversi
Nonostante gli sforzi economici, I figli degli uomini si è rivelato un flop incassando solo 70 milioni. Al fallimento lavorativo si è unita una grave crisi personale. Questa battuta d'arresto ha spinto Alfonso Cuaron a concepire Gravity, film di fantascienza creato a tavolino come un potenziale blockbuster grazie alla presenza delle star George Clooney e Sandra Bullock per rilanciare la sua carriera. "Lo studio mi ha detto che mi avrebbe dato pochi soldi, così ho chiamato Chivo e gli ho detto 'Va bene, giriamolo attaccando gli attori a dei fili davanti a uno sfondo'. David Fincher ci disse? Siete pazzi, ci vogliono sei anni per sviluppare questa tecnologia'. E in un certo senso aveva ragione. Ma poi è intervenuto James Cameron che ha detto 'Il film lo potete fare subito, ecco come'. Ma costava troppo. Così abbiamo dovuto sviluppare il nostro metodo adattandolo al budget e alla tecnologia. Le riprese vere e proprie sono state molto brevi perché gran parte del film è realizzato in CGI".
Nonostante le avversità, Gravity ha fruttato a Cuaron un Oscar, "un altro caso in cui il cinema mi ha salvato la vita. Devo ringraziare ancora una volta un festival perché il successo in apertura alla Mostra di Venezia ha attratto il marketing". L'ultima regia cinematografica di Alfonso Cuaron è Roma, un progetto radicalmente diverso dal resto, un nuovo step nell'evoluzione della sua carriera. "Per la prima volta ero stabile a livello finanziario. Ho scritto la sceneggiatura, la regola era non correggere né riguardare niente. Quando ho finito ho messo da parte lo script, ho girato il film in continuità nei luoghi della mia infanzia dicendo agli attori di giorno in giorno cosa dovevano fare. A livello emotivo è stato devastante, è stato come andare in manicomio e subire un elettroshock". L'uscita del film ha coinciso con un drammatico divorzio. Cuaron confessa: "Non ricordo il successo, perché la mia mente era presa dalle faccende private, ma sono felice di essere riuscito a realizzare il film perché sentivo di doverlo fare".
La nuova fatica di Alfonso Cuaron, la serie Disclaimer - La vita perfetta, verrà presentata integralmente alla Mostra del Cinema di Venezia a settembre per poi approdare su Apple TV+ dall'11 ottobre.