C'è un che di surreale nel mettere mano alla tastiera del computer e buttare giù queste righe che costituiscono la recensione del finale di Agents of S.H.I.E.LD., perché quasi nessuno pensava che saremmo arrivati a questo punto: dopo la partenza in sordina nell'autunno del 2013, con una trama orizzontale che arrancava in vista di un colpo di scena legato alla componente cinematografica del Marvel Cinematic Universe, non mancavano i commenti beffardi di chi era sicuro che la serie non sarebbe andata oltre la prima stagione, massimo massimo la seconda, citando anche la sfortuna generale delle produzioni televisive di Joss Whedon dal 2002 in poi. E invece eccoci qua, arrivati alla settima stagione e al centotrentaseiesimo episodio, il che fa di questo show spionistico della Casa delle Idee la seconda creatura catodica più longeva del noto sceneggiatore e produttore dopo le avventure di una certa ammazzavampiri (ma è anche doveroso precisare che la partecipazione attiva di Whedon si è sostanzialmente limitata ai primissimi episodi, affidando fin da subito la funzione di showrunner al fratello e alla cognata).
E se è vero che Agents of S.H.I.E.L.D. nei primi mesi ha avuto delle difficoltà, è altrettanto vero che dopo l'episodio legato a Captain America: The Winter Soldier e al ritorno in scena dell'Hydra lo show ha trovato la propria strada, accantonando nel corso degli anni i crossover espliciti per ritagliarsi un proprio angolo all'interno del MCU, evitando così problemi di fruizione per chi non segue tutto ciò che accade nel franchise. Fino ad arrivare alle stagioni sei e sette, che hanno bellamente ignorato gli eventi di Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame (scelta obbligata a causa della questione degli spoiler e della timeline dei due film, dato che nel secondo c'è un salto temporale di ben cinque anni rispetto al presente tradizionale), scaraventando Phil Coulson e i suoi amici in una realtà alternativa (dettaglio confermato proprio nel finale, dove c'è di mezzo il Regno Quantico per tornare a casa). Soluzione ideale per consentire agli autori di fare l'esatto opposto di ciò che era accaduto nel 2013: finire la serie a modo loro, senza dover aspettare che accada una determinata cosa in un altro angolo del MCU per accedere al pieno potenziale narrativo delle diverse storyline.
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Si torna a casa?
Da due anni c'era la questione del viaggio nel tempo come soluzione per salvare Fitz, un po' sulla falsariga di quanto accaduto al cinema (vedi il destino di Gamora), e alla fine è proprio lui la chiave di tutto, avendo escogitato il piano della linea temporale alternativa (una dove, stando a una sequenza che è stata tagliata dal montaggio finale, Thanos non ha mai schioccato le dita) per sconfiggere definitivamente i Chronicom, con annessa complicazione legata al suo futuro insieme a Simmons. Il senso di Ciò per cui lottiamo è tutto lì, come lo era lo scorso anno sul grande schermo con tutti gli eroi uniti contro il folle dittatore alieno: seppure su scala leggermente ridotta, la forza emotiva di questo finale sta nel modo in cui i suoi eventi influiscono sul destino di questi personaggi che, nella maggior parte dei casi, conosciamo da sette anni, e che proprio questa stagione ci ha permesso di vedere sotto una luce particolarmente inedita tramite la storyline dei viaggi nel tempo, con numerosi rimandi al glorioso passato dello show (uno da sottolineare per la sua potenza simbolica: la presenza del figlio del compianto Bill Paxton, memorabile antagonista della prima stagione, come versione più giovane dello stesso personaggio). Si chiude il cerchio, come si evince anche dall'inquadratura finale, quella di Coulson (o meglio, del suo Life Model Decoy) che, a un anno dalla sconfitta dei Chronicom, se ne va in vacanza a bordo di una nuova versione di Lola, rimando visivo a uno dei momenti più memorabili del primissimo episodio.
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E proprio in quei momenti finali, dove ci congediamo da tutti o quasi (Deke Shaw è rimasto nella linea temporale alternativa per tenere la situazione sotto controllo), si raggiunge anche la possibile riconciliazione tra il reparto cinematografico e quello televisivo della Marvel. Per motivi logistici, tecnici ma anche gerarchici (Kevin Feige non è mai andato d'accordo con i responsabili della Marvel Television, ragion per cui i primi crossover espliciti saranno in produzioni che lui controlla direttamente, realizzate per Disney+), la tendenza è stata quella di trattare tutte le serie Marvel uscite finora come una sorta di livello inferiore del canone, che fa riferimento agli eventi dei film senza essere ricambiato (con l'eccezione di Agent Carter), in particolare per quanto riguarda Coulson, la cui resurrezione era diventata una sorta di grattacapo a livello organizzativo. Ed ecco che, a sette anni dall'inizio della serie e uno dalla fine della Fase Tre, ci ritroviamo in un punto che Feige potrebbe potenzialmente sfruttare in futuro, tra agenti terrestri e cosmici (un punto di congiunzione ideale sarebbe Captain Marvel 2, per esempio). Compreso Coulson, che ora vola verso nuove destinazioni, senza doversi preoccupare di incrociare gli Avengers, tutti defunti, pensionati o impegnati nello spazio. E se da un lato c'è un senso di conclusione definitiva, poiché non c'è il solito post-credits introdotto dalla voce di Clark Gregg ("Torneremo tra un attimo"), dall'altro si percepisce che le vie siano infinite. Torneranno? Speriamo di sì. Perché anche se non sempre nel modo più spudorato possibile, tutto è collegato. E ora lo sarà ancora di più.
Conclusioni
Con una certa incredulità chiudiamo questa ultima recensione di Agents of S.H.I.E.L.D., perché se c'è una serie dalla quale era ormai legittimo aspettarsi una sorta di immortalità era lo show spionistico della Marvel, che ha costantemente superato vari ostacoli nel corso di sette stagioni. Un percorso che questo finale, intimo ed epico come da tradizione della Casa delle Idee, omaggia nel migliore dei modi, ricordandoci per l'ultima volta perché è stato un piacere seguire le vicende di Phil Coulson e della sua squadra per sette anni.
Perché ci piace
- I colpi di scena funzionano fino all'ultimo.
- Il cast dà ancora una volta il meglio di sé.
- L'inquadratura finale è la chiusura perfetta del cerchio.
Cosa non va
- Chi si aspettava un legame più stretto con i film nel finale potrebbe rimanere deluso.