In una base segreta della CIA si sta tenendo l'interrogatorio di un prigioniero, sospettato di avere legami con il terrorismo e di poter svelare la posizione di un pericoloso attentatore. Questi nega con forza le accuse e proclama la propria innocenza, ma dai piani alti non sentono ragioni e direttamente da Washington arriva l'ordine dal boss Olsen di dare una svolta alle indagini, con qualsiasi mezzo.
Come vi raccontiamo nella recensione di Agent Game, non appena compreso che il sospettato potrebbe essere innocente, tra gli agenti atti alla sorveglianza iniziano a serpeggiare scrupoli morali, tanto che l'ufficiale Bill pensa di ritirarsi definitivamente al termine della missione, stanco di fare il lavoro sporco per il proprio Paese. Ma le cose finiscono per il peggio quando il prigioniero viene ucciso dalla agente Visser, che riceve gli ordini direttamente da Olsen, intenzionato a eliminare ogni traccia e a gestire secondo i propri tornaconti la questione. Invia così un team di giovani reclute per ripulire la scena, ma non ha fatto i conti con la determinazione di Harris, un altro degli operativi intenzionato a far venire a galla la verità.
La verità è là fuori
La sceneggiatura di Agent Game è tutta giocata sul confine sottile che lega il bene e il male, prossimi a collimare in situazioni complesse nelle quali bisogna prendere decisioni altrettanto complicate. E non è un caso che emergano echi di false-flag e via dicendo, con la verità pronta a essere insabbiata a seconda dell'opportunità, poco importa quante vittime debbano cadere perché l'opinione pubblica venga rassicurata nelle radicate convinzioni. Dal punto di vista narrativo il film possiede non a caso qualche spunto interessante, pur in una prevedibilità di fondo che si adagia con il procedere dei minuti sull'escalation atta a condurre ad una resa dei conti finale a tutto action: nell'ultima mezzora sparatorie ed esplosioni a go-go caratterizzano la componente ludica dell'operazione e la messa in scena riesce parzialmente a sopperire al basso budget.
Bomb Squad, la recensione: Mel Gibson in un mediocre b-movie su Prime Video
All'insegna del carattere
Sia chiaro, ci troviamo davanti in ogni caso ad un classico b-movie che non ha altre ambizioni se non quella di intrattenere un pubblico senza troppo pretese per la canonica ora e mezzo di visione, ma rispetto a molte altre produzioni omologhe qui ci si diverte più del dovuto, complice anche efficaci scelte di casting che in alcuni dei ruoli chiave possono contare su guest-star di lusso o raffinati caratteristi. La punta di diamante è ovviamente un Mel Gibson che si lascia andare più del solito, almeno rispetto ad altre recenti interpretazioni, nelle vesti di carismatico e subdolo villain, ma anche la presenza di Dermot Mulroney come effettivo protagonista e di Jason Isaacs in una parte secondaria garantiscono una buona dose di carisma, riuscendo a rendere parzialmente interessanti personaggi a potenziale rischio inflazione.
Ad ogni costo
Interessante soprattutto la parte nella quale Olsen fa una sorta di test attitudinale alle giovani reclute, idealmente carne da macello negli eventi a venire: risorse, non agenti, e in tal modo ampiamente sacrificabili da chi schiaccia i bottoni nelle stanze del potere. Nessuno è al sicuro in Agent Game, e questo gioco di spie e contro spie segue una logica del tutto contro tutti che raggiunge l'apice nella già citata sparatoria conclusiva, ad alto tasso di adrenalina. Innocenti o colpevoli non ha più importanza quando giusto e sbagliato vengono decisi a tavolino: il film non ha ovviamente aneliti sociologici o introspettivi di sorta, e tutto è tagliato volutamente in maniera netta, ma la storia pur nelle sue fasi prestabilite riesce a svolgere il compitino senza eccessive complicazioni di sorta, con la noia che non fa mai capolino anche grazie al minutaggio saggiamente limitato. Certamente il muoversi avanti e indietro tra flashback e quant'altro rischia di confondere a tratti le idee, ma prepara il campo all'epilogo che verrà (già anticipato dal prologo) senza pur lasciare molto spazio a roboanti colpi di scena.
Conclusioni
Quando un prigioniero accusato di sospetti legami con il terrorismo viene ucciso in una base segreta della CIA, ha inizio un gioco di segreti e bugie che riguarda gli agenti coinvolti in quella missione e dai piani alti l'ordine è quello di insabbiare tutto il prima possibile. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di Agent Game, ci troviamo davanti ad un b-movie in piena regola che si rifà alle sottotrame spionistiche contemporanee e cerca di imprimere sfumature ambigue ai personaggi e alla narrazione stessa. Un tentativo in parte riuscito e in parte no, ma che può comunque contare su un cast di "facce giuste al posto giusto", guidato da un istrionico Mel Gibson nel ruolo del cattivo.
Perché ci piace
- Mel Gibson e il resto del cast regalano un po' di carisma ai relativi personaggi.
- Un divertimento godibile su una sceneggiatura senza infamia...
Cosa non va
- ... e senza lode, con alcune risvolti poco credibili qua e là.
- Rimane, nel bene e nel male, un b-movie in piena regola.