Il veleno e il suo antidoto. La malattia e la sua cura. Immagini di repertorio in bianco e nero raccontano le geometriche parate naziste: devozione, delirio collettivo, buio della ragione. Subito dopo siamo altrove, catapultati nella quiete verdeggiante di un villaggio sperduto tra le montagne dell'Austria: luce, ossigeno, pace. Binari paralleli che non si incontrano mai, eppure si intrecciano per 180 minuti. Apriamo questa recensione di A Hidden Life rievocando le prime sequenze che aprono il nuovo, meraviglioso film di Terrence Malick.
Un contrasto violento tra morte e vita che attraversa tutte le tre ore di cui è composto l'ultimo lavoro del regista americano. Applausi convinti e commozione si mescolano durante i titoli di coda della proiezione avvenuta a Cannes 2019, dove A Hidden Life si iscrive tra i più credibili e meritevoli candidati alla Palma d'Oro. Un film tanto atteso, non solo perché ogni nuova opera di Malick porta con sé buone dosi di alte aspettative (anche da quando l'autore è diventato assai più prolifico che in passato), ma soprattutto grazie alla promessa di un film finalmente più narrativo e legato a una sceneggiatura più solida e meno astratta. Promessa mantenuta. Il che non priva A Hidden Life del solito tocco evocativo del cinema malickiano. Un cinema dotato di un tatto unico, delicato e riconoscibile in cui le immagini si sovraccaricano di un potere evocativo enorme. I detrattori di Malick, assieme ai suoi ammiratori comprensibilmente delusi dalla sua recente deriva troppo autoreferenziale e attorcigliata attorno ai soliti dilemmi esistenziali (To the Wonder, Knight of Cups), avranno poco di cui lamentarsi. Qui c'è poesia, dolore, coraggio, empatia. Cinema che ti accarezza e poi ti prende a pugni. Tutto messo in scena attraverso una maestria registica unica.
Senza temere esagerazioni, possiamo tranquillamente ammettere che A Hidden Life è senza dubbio il suo film migliore degli ultimi anni. Se quel capolavoro di The Tree of Life esplorava al di là dell'uomo, spingendo le sue domande verso il Creatore, la Natura e l'Infinito, A Hidden Life è un racconto più terreno dove l'Io vince su Dio, un viaggio introspettivo e poetico nella coscienza di un uomo che ebbe il coraggio di rispondere a quello che gli scorreva dentro. Senza compromessi. Proprio come il cinema di Terrence Malick.
La trama: la storia nella Storia
Dicevano che aveva bisogno di una storia, ma Terrence Malick ha fatto meglio. Ha fatto di più: ha preso la Storia e l'ha privata di quella "S" maiuscola, rendendola una faccenda intima, privata, un confessionale cinematografico in cui spiare nel coraggio di un uomo inamovibile e nell'amore devoto tra due persone. Tratto dalla storia vera dell'obiettore di coscienza austriaco Franz Jägerstätter, A Hidden Life racconta quattro anni decisivi per la vita di un contadino che rifiutò di arruolarsi nell'esercito nazista. Senza mai cadere nel già visto, Malick evita di ripetere quanto detto e mostrato in centinaia di film dedicati all'Olocausto, schiva con eleganza ogni retorica e qualsiasi didascalia. Non c'è bisogno di spiegare l'orrore nazista. Non ancora. Non più. La scelta raffinata di Malick ci fa vivere quell'orrore attraverso la fiera opposizione di Franz (un sontuoso e dolente August Diehl), ovvero addentrandosi con pazienza non tanto nelle ragioni quanto nelle conseguenze del suo storico rifiuto.
Dal 1939 al 1943 Malick intreccia di continuo lo squallore del mondo nazista all'incontaminata bellezza delle montagne austriache. In una visione manichea della realtà, Malick smette di interrogare Madre Natura, si riappacifica con lei e torna a celebrare tutto ciò che è vita: la terra da coltivare, il pane che lievita, le figlie che crescono, l'amore che non si piega e non appassisce. Il cuore pulsante del film restano Franz e sua moglie Franziska (una grande Valerie Pachner), sempre complici, sempre uniti dalle parole delle loro lettere poetiche e dalla strenua convinzione di rimanere fedeli ai propri valori. Laddove, di solito, è la storia a smuovere le emozioni, in A Hidden Life accade esattamente l'opposto: sono le emozioni a scuotere la storia. Grazie alla sua solita capacità di accarezzare i personaggi, di carpirne respiri e turbamenti, di accarezzarli con grazia e rispetto, Malick fa A Hidden Life una struggente riflessione sulla libertà, sul coraggio e sull'amore.
Il potere della delicatezza
Si può essere potenti nonostante tanta delicatezza? Si può raccontare la resistenza al nazismo senza mostrare una goccia di sangue e uno sparo di fucile? Si può dare un peso specifico a ogni bacio e a ogni carezza? A Hidden Life è un solenne sì a tutte queste domande. Un film meraviglioso e devastante, che si insinua nella sensibilità del pubblico con pazienza e la precisione chirurgica di un contagocce. Romantico senza mai essere stucchevole, drammatico senza mai risultare ricattatorio, il film di Malick rende indispensabile la sua lunga durata, ovvero l'unico modo per mettere in scena il lento logorio del dilemma vissuto da Franz. Con una storia simile tra le mani, sarebbe stato facile cadere nella glorificazione o nell'apologia, e invece non c'è niente di sensazionale nella vicenda di questo obiettore di coscienza dilaniato da dubbi etici. L'aver messo la sua famiglia in pericolo, il sentirsi inadeguato, la colpevole sensazione di sentirsi diversi e superiori da una massa addomesticata. Tutte schegge che si conficcano nelle tempie del protagonista e nello stomaco dello spettatore, calato nella prospettiva di Franz anche attraverso un paio di sequenze in soggettiva di grande impatto drammatico. A Hidden life è grazia e terrore, amore e odio, veleno e antidoto, malattia e cura, il nero della Germania e tutto il verde dell'Austria. Un film riuscito nell'ardua impresa di riuscire a parlare dell'Olocausto in modo nuovo, con una prospettiva capace di farti entrare in empatia con un'esperienza altrui che diventa tua. Il merito è di un autore sopraffino come Terrence Malick, uomo dotato di una sensibilità rara, persona devota al Dio delle piccole cose (attenzioni, gesti, sguardi, dettagli) che riescono a diventare grandi soltanto al cinema.
Conclusioni
Non ci vergogniamo a dirlo: abbiamo scritto questa recensione di A Hidden Life ancora scossi, ancora con le lacrime agli occhi. Attraverso la storia vera di un contadino austriaco che rifiutò di aderire al regime nazista, Terrence Malick ci regala una poetica riflessione sul senso del coraggio, della libertà e dell’amore. Il regista statunitense si affida a una struttura narrativa più solida senza snaturare il potere evocativo del suo cinema delicato e potenze. Senza alcun dubbio il suo miglior film dai tempi del meraviglioso The Tree of life.
Perché ci piace
- La delicatezza e la potenza delle immagini, girate con grande maestria da un ispirato Terrence Malick.
- Le interpretazioni intense e dolenti dei due attori protagonisti.
- La capacità di trattare il tema dell'Olocausto senza retorica e con tatto inedito.
- Il ritorno a un cinema più narrativo, strutturato e meno astratto.
Cosa non va
- I detrattori di Malick potrebbero storcere il naso davanti a un minutaggio alquanto corposo e (forse per loro) proibitivo.