A caccia di vampiri
Il maestro dell'horror autore di tanti capolavori (La cosa, 1997: Fuga da New York, Halloween - La Notte delle Streghe, solo per citarne alcuni) stavolta sceglie di confrontarsi con una delle più classiche icone orrorifiche: i vampiri.
Ovviamente John Carpenter ha ben presenti le innumerevoli variazioni sul tema, ma i suoi succhiasangue sono totalmente privi del fascino dei raffinati dandy europei che dormono in bare foderate di raso e che al calar delle tenebre si risvegliano in cerca di belle donne da sedurre per poi succhiar loro il sangue. Dimentichiamoci anche le croci, i pipistrelli e le corone d'aglio; i vampiri di Carpenter entrano tranquillamente nelle chiese, recidono giugulari a colpi di unghiate, corrono e saltano come bestie feroci, sono fortissimi e mostruosi. Gli unici modi per fermarli sono il classico paletto nel cuore o l'esposizione al sole che li fa esplodere in pochi secondi. Di questo limite fisico è ben consapevole il grande maestro Valek (Thomas Ian Griffith), capo supremo di tutti i vampiri nonché ex-prete votatosi al demonio che è divenuto "non morto" a seguito di un esorcismo mal riuscito. Valek vaga per il New Mexico infestando i villaggi di nuovi succhiasangue per riuscire a portare a termine il suo mostruoso piano: permettere ai vampiri di poter finalmente sopravvivere alla luce del sole divenendo così la razza più potente della Terra. Per riuscire nell'impresa il grande maestro deve però portare a termine il rito esorcistico che ne ha determinato la trasformazione, ma che è rimasto inconcluso.
A mettere i bastoni tra le ruote a Valek ed alle sue creature interviene Jack Crow (James Woods), crociato del nuovo millennio, giustiziere senza scrupoli a capo di un gruppo di cacciatori di vampiri mercenari ingaggiati dal Vaticano per sterminare le malefiche creature.
E qui entra in gioco il vero obiettivo del regista: il film, infatti non solo non ha niente a che vedere con il gotico vampiresco, ma è quanto di più lontano possiamo immaginare dai classici Nosferatu e Dracula. Quello a cui assistiamo è un vero e proprio western ambientato nel deserto del New Mexico e nei villaggi-fantasma disseminati ai confini di esso. I topoi del genere sono tutti presenti a cominciare dall'incredibile incipit in cui assistiamo alla distruzione del covo dei vampiri: i preparativi al combattimento, la distribuzione delle armi, la lenta camminata del manipolo di uomini guidati da Crow verso la porta d'ingresso scandita dalle musiche composte dallo stesso regista, il montaggio alternato. Carpenter omaggia apertamente i maestri del genere western, Sam Peckinpah e Howard Hawks, in un film tutto muscoli e virilità, girato volutamente rozzo e sporco all'insegna dell'amore per i B-movie, ma che non risparmia pezzi di bravura registica (l'inizio, appunto, ed il risveglio di Valek e dei suoi seguaci che emergono dalle viscere della terra al calar del sole) e scene splatter (i vari duelli tra vampiri ed umani).
Film atipico, ma solo fino ad un certo punto: se Vampires incuriosisce lo spettatore proprio per la commistione di generi diversi, la pellicola, all'interno dell'opera di Carpenter, rappresenta invece un ulteriore approfondimento delle tematiche affrontate dal regista film dopo film. Se a livello stilistico non può non tornare alla mente un altro western metropolitano del 1976 travestito stavolta da poliziesco, Distretto 13: le brigate della morte, i temi centrali attorno ai quali ruota questa pellicola sono, ancora una volta, l'inesorabile avanzata del male che si insinua all'interno della società americana, la presenza di un eroe-protagonista sempre distaccato dal contesto narrativo che si ritrova da solo a combattere con qualcosa di apparentemente invincibile e la visione piuttosto cupa ed anticlericale del cattolicesimo, argomento al quale Carpenter aveva già dedicato ampio spazio in un altro dei suoi lavori più spaventosi, Il Signore del male, rivendicando così ancora una volta il suo spirito ironico, indipendente ed anarchico.
Movieplayer.it
3.0/5