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Era una comicità fisica, basata sulla mimica facciale e sulla presenza scenica, quella di Stanlio e Ollio, nonché fondata su una differenza di stazza il cui effetto fu intuito dal produttore Hal Roach, che volle in coppia il britannico Stan Laurel - che era anche scrittore e sceneggiatore - e l'americano Oliver Hardy, che aveva già un ruolino di 250 partecipazioni cinematografiche, mettendoli sotto contratto a partire dal 1927. Dieci anni dopo, Laurel e Hardy erano i comici più famosi degli Stati Uniti e del mondo, collezionavano divorzi e sognavano i guadagni di Charles Chaplin: come vedremo in questa recensione di Stanlio e Ollio, è con uno sguardo a questo particolare momento, in cui si consuma un tradimento di cui, da spettatori sappiamo poco, che prende le mosse questo biopic scritto da Jeff Pope e diretto da Jon S. Baird.
Al cuore del racconto, tuttavia, c'è un altro momento, molto più tardo, della carriera del celebre tandem comico: una tournée nel Regno Unito che ebbe luogo nel 1952, quando le platee inglesi si ritrovarono incredule ad ammirare sulla scena gli irresistibili Stan & Ollie, da molti creduti in pensione, ma in realtà in cerca di un rilancio, magari in vista di un nuovo film insieme. Ma la convivenza on the road e le tensioni scatenata da una riconquista dell'amore del pubblico fanno riemergere antiche ruggini.
L'amicizia dietro le maschere
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Prende spunto da diverse fonti "ufficiali" ma anche da testimonianze inedite questa sceneggiatura di Jeff Pope che si concentra sugli anni del declino e su quel misconosciuto "tradimento" del '37 per raccontare, più che un sodalizio artistico, una storia d'amore tra due artisti che si trovarono a fare squadra quasi per caso e impararono ad apprezzarsi e a valorizzarsi l'un l'altro col tempo. Stanlio e Ollio, pur essendo costellato di riferimenti alle routine e alle gag più famose, ci mostra la vita dei due comici lontano dai riflettori: le dinamiche consolidate, gli equilibri precari e una situazione di stress che genera conflitti ma che induce anche i due a riflettere sulla natura di ciò che li lega oltre alla collaborazione professionale.
Pur essendo piuttosto essenziale e ancorato a pochi eventi chiave, lo script ha uno sviluppo coinvolgente e immagina una "crisi" plausibile senza forzare le psicologie, nemmeno quelle delle due compagne di Laurel e Hardy, Ida e Lucille, interpretate dalle bravissime Nina Arianda e Shirley Henderson, devote, ognuna a modo suo, ai rispettivi mariti, e giocosamente avversarie.
Ma ovviamente a risplendere sono soprattutto i due protagonisti, che partono sì dai gesti e dalle routine, da una superficiale (e artificiale, soprattutto nel caso di Reilly) somiglianza per costruire personalità complesse tutte da sondare e una connessione umana credibile, e in ultima analisi, davvero commovente: un risultato che è frutto della bravura di due attori straordinari ma anche di un serio e accurato lavoro di preparazione che ha permesso a Steve Coogan e a John C. Reilly di creare un'intesa sbalorditiva oltre che di padroneggiare il carattere, la fisicità e l'umanità segreta dei loro personaggi.
Stanlio e Ollio per l'eternità
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Nella sua semplicità, nella sua apparente mancanza di audacia, Stanlio e Ollio è un biopic che esprime l'ammirazione e l'affetto di un gruppo di cineasti per una coppia di comici che ha deliziato generazioni di spettatori, in cui si profonde la professionalità e l'impegno di autori che hanno cercato l'approccio giusto per raccontare con equilibrio la dimensione privata di due icone immortali, e che mette a pieno frutto le possibilità di due attori bravissimi e intelligenti. E se ciò non bastasse, il film di Jon S. Baird tocca corde più universali e più profonde: celebra limiti e differenze illuminando la parte migliore di noi e dimostrando che quello che facciamo di bello, di emozionante, di duraturo, lo facciamo insieme.
Conclusioni
La nostra recensione di Stanlio e Ollio pone l'accento sulle interpretazioni mimetiche e umanissime di Steve Coogan e John C. Reilly, impreziosite da una grande preparazione ma soprattutto dall'intelligenza e dalla sensibilità dei due attori, e sulla professionalità e l'impegno che gli autori profondono in questo biopic che forse manca un po' di audacia, ma certamente non di affetto e commozione.
Perché ci piace
- L'idea di focalizzare il racconto su un periodo tardo ed eventi poco noti della carriera dei due comici.
- Le interpretazioni dei due protagonisti Steve Coogan e John C. Reilly, che non imitano, ma fanno rivivere la magia dell'intesa tra Laurel e Hardy.
- La simpatia delle due mogli/co-protagoniste, personaggi di contorno sì, ma con classe.
Cosa non va
- La convenzionalità dello sviluppo narrativo.